• Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
  • Passa al piè di pagina
  • HOME
  • EDITORIALI
  • DOCUMENTI
    • EVENTI
  • INTERVISTE
  • NOTIZIE
  • TESTIMONIANZE
  • TEMI
  • FOTO
  • VIDEO
  • APPROFONDIMENTI
  • CHI SIAMO
    • REDAZIONE
  • GLOSSARIO

Bitter Winter

LIBERTÀ RELIGIOSA \n E DIRITTI UMANI \n IN CINA

three friends of winter
Home / Approfondimenti

1959, Battaglia di Lhasa: dove tutto ha avuto inizio

13/12/2018Massimo Introvigne |

A Lhasa, nel marzo 1959, la Cina ha soffocato le proteste, massacrando migliaia di civili e, in violazione degli accordi sottoscritti nel 1951, ha sciolto il governo tibetano trasformando il Tibet in una provincia cinese. È stato l’inizio della politica con cui il PCC ha deciso di ignorare il diritto internazionale e di rispondere alle proteste nel mondo diffondendo fake news

battaglia di Lhasa

Massimo Introvigne

Il 2019 segnerà il sessantesimo anniversario della Battaglia di Lhasa del 1959, una svolta cruciale nella storia delle violazioni dei diritti umani da parte del Partito Comunista Cinese (PCC) in aperta sfida alle norme e alle convenzioni internazionali. Ciò che sta accadendo ora nello Xinjiang è infatti la logica continuazione di una politica iniziata in Tibet negli anni 1950. Per il PCC, il perseguimento dei propri interessi ideologici è più importante dell’immagine che esso ha a livello internazionale e delle sue relazioni pubbliche. Di fronte alle critiche che oramai piovono da tutto il mondo, la prima reazione del PCC è dunque quella di inventare fake news.

La maggior parte di ciò che in precedenza non era noto sulla Battaglia di Lhasa, almeno ai lettori occidentali che non hanno familiarità con le lingue cinese e tibetana, può essere ora reperito nell’edizione in lingua inglese del saggio Tibet in Agony: Lhasa 1959 di Li Jianglin, una storica cinese che si è formata a livello accademico negli Stati Uniti, dove vive. Il libro della Li, pubblicato dalla Harvard University Press nel 2016, è un’edizione aggiornata e ampliata del testo già pubblicato nel 2010 in cinese a Taiwan e a Hong Kong. È lo studio definitivo sull’argomento.

Tibet nella copertina del libro di agonia

Il punto chiave del pensiero della Li è che la maggior parte degli equivoci relativi al Tibet si basino su una conoscenza incompleta della geografia. Cos’è esattamente il Tibet? Se per Tibet si intende l’area in cui la maggioranza della popolazione parla la lingua tibetana e crede nella religione buddhista tibetana, allora il territorio di ciò che oggi la Cina definisce Regione autonoma del Tibet (TAR) ne comprende solamente la metà. L’altra metà comprende le regioni tradizionalmente chiamate Amdo e Kham, oggi divise tra le province cinesi del Qinghai, del Gansu, del Sichuan e dello Yunnan. Quest’area più ampia viene chiamata dai geografi e dagli storici «Tibet etnico», mentre l’attuale TAR è il «Tibet politico». Ciò detto, dal punto di vista storico e giuridico il fatto che il Tibet fosse giuridicamente indipendente prima dell’invasione cinese del 1950 costituisce un problema complesso.

Nessuno dubita, però, che godesse di una indipendenza di fatto e che, ai fini pratici, fosse amministrato dal Dalai Lama e dal suo governo. Questa constatazione pertiene al territorio dell’attuale TAR (più l’area chiamata Chamdo, che i cinesi occuparono nel 1950 separandola dal Tibet politico). Prima che il PCC salisse al potere nel 1949, sia la Cina sia il Tibet rivendicavano la sovranità sull’Amdo e sul Kham, ma nessuna delle due potenze le controllava. La miriade di piccole realtà in cui queste due regioni erano suddivise era governata dagli abati dei monasteri buddhisti o da capi tribù ereditari.

Dai documenti citati da Li emerge con assoluta chiarezza come il presidente Mao (1893-1976) abbia deciso, sin dalla propria ascesa al potere, di impadronirsi di tutto il Tibet onde farne una provincia cinese. Tuttavia, al fine di evitare o di limitare le reazioni internazionali, Mao ha ritenuto che l’obiettivo dovesse essere raggiunto con gradualità e con pazienza.

In primo luogo, Mao si assicurò il controllo dell’Amdo e del Kham, aree culturalmente e religiosamente tibetane, ma non controllate dal governo tibetano di Lhasa. Già la Cina repubblicana aveva suddiviso questi territori in varie province cinesi, ma si trattava di una divisione puramente teorica, poiché, in realtà, questi territori continuavano a essere amministrati da governanti tradizionali autonomi. Mao si era invece rapidamente sbarazzato dei governanti tradizionali, convertendo la teoria repubblicana in pratica comunista.

Secondo, il Tibet politico, oltre alla capitale Lhasa, consisteva di sei suddivisioni principali. La parte più orientale, al confine con il Kham, si chiamava Chamdo. Dopo essere salito al potere nel 1949, Mao aveva rilanciato le antiche pretese cinesi secondo le quali il Chamdo non fa parte del Tibet. Aveva quindi creato il Comitato comunista di liberazione del Chamdo, che si ribellò all’autorità di Lhasa. Nell’ottobre 1950 le truppe cinesi invasero la regione proclamandone l’autonomia sotto il governo del Comitato di liberazione del Chamdo (poi assorbito nel TAR).

Nel 1950 Mao riteneva prematuro far marciare l’esercito cinese verso Lhasa. Non che avesse molto da temere dall’esercito tibetano, piccolo e scarsamente armato. Temeva però le reazioni internazionali. L’occupazione del Chamdo aveva comunque mandato un messaggio chiaro ai tibetani, che, nel 1951, avevano dovuto firmare, costretti, l’Accordo in Diciassette Punti di Pechino, di cui tre fondamentali. Anzitutto si riconosceva che il Tibet facesse parte della Cina. Secondo, si prometteva che il Tibet avrebbe continuato a essere amministrato internamente da un governo proprio e dalle tradizionali strutture religiose e sociali, mentre la Cina avrebbe gestito gli affari esteri. In terzo luogo, si permetteva che un massiccio contingente di soldati cinesi stazionasse a Lhasa, dando infine libero sfogo alla propaganda del PCC in Tibet.

Nel 1950 l’attuale Dalai Lama aveva quindici anni. Era un giovane precoce e imparava rapidamente, ma era ancora uno studente (fino al 1959 uno dei suoi compiti principali è consistito nel prepararsi per dare gli ultimi esami universitari) e doveva fare affidamento sui tutori, sui consiglieri e sui ministri, alcuni dei quali, come ora si sa, erano agenti del PCC che facevano il doppio gioco. Come il saggio della Li precisa, il Dalai Lama ha creduto fino alla fine (e, in un certo senso, anche dopo) di poter trattare con il PCC. La studiosa afferma che, all’epoca, quasi nessuno in Tibet aveva compreso pienamente la strategia di Mao e che persino dopo l’hanno capita solo pochi specialisti. Fra l’altro i documenti chiave della vicenda sono stati declassificati o sono trapelati solo recentemente.

Mao aveva avviato la “sinizzazione” del Tibet etnico iniziando dal Kham e dall’Amdo a metà degli anni 1950. Ciò significava che la secolare struttura sociale era stata distrutta, che diversi capi tradizionali erano stati arrestati o giustiziati e che i monasteri buddhisti erano stati chiusi, alcuni addirittura distrutti. Gli storici occidentali hanno a lungo creduto che Mao abbia commesso un errore consistente nel non avere previsto che la sinizzazione brutale e prematura del Kham e dell’Amdo avrebbe provocato una rivolta. A migliaia si sono infatti uniti alla guerriglia dei Difensori della fede Chushi Gangdruk, i quali, nonostante l’equipaggiamento inadeguato, alla fine riuscirono a infliggere gravi perdite ai cinesi. La sinizzazione avrebbe inoltre infiammato i sentimenti anticomunisti nel Tibet politico, dove i profughi di quelle regioni avevano iniziato a fuggire.

In realtà, i documenti portati alla luce dalla Li dimostrano che è vero il contrario. Mao aveva creato scientemente le condizioni per una rivolta nel Kham e nell’Amdo, e desiderava con tutto il cuore che nel Tibet politico scoppiasse presto una rivolta anticinese. E tanto più violenta fosse stata, tanto meglio sarebbe stato. Questo avrebbe infatti dato al PCC il pretesto per occupare il Tibet e rimuovere il governo del Dalai Lama, sostenendo in sede internazionale di stare semplicemente difendendo le truppe e i cittadini cinesi di Lhasa dai «banditi reazionari». La sua corrispondenza segreta mostra quanto spesso Mao avesse rimproverato i dirigenti locali del PCC che avevano cercato di prevenire l’insurrezione, laddove invece le istruzioni di Pechino erano proprio di provocarla.

Mao non era però onnisciente, nonostante gli storici comunisti cinesi abbiano successivamente sostenuto il contrario. Mentre dapprima aveva considerato irrilevante il fatto che il Dalai Lama potesse fuggire all’estero, finì per ordinare d’impedirlo. Il Dalai Lama era infatti riuscito a fuggire in India, grazie al coraggio delle proprie guardie del corpo e alla loro superiore conoscenza dei sentieri sulle montagne himalayane, e non perché Mao, nella sua magnanimità, gli avesse permesso di farlo. Il presidente cinese si è interrogato a lungo su come l’Occidente avrebbe reagito all’invasione del Tibet, anche se nel 1957 due elementi lo confortavano. Primo, nel 1956 l’Occidente non aveva reagito all’invasione sovietica della ben più vicina Ungheria. Secondo, il primo ministro indiano Jawaharlal Nehru (1889-1964), come ora si apprende da documenti indiani recentemente declassificati, lo aveva assicurato non solo che l’India non avrebbe interferito, ma che pure gli era stato detto dal presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower (1890-1969) che nemmeno l’America sarebbe andata in guerra per il Tibet.

Così, alla fine degli anni 1950, Mao non solo aveva ordinato all’esercito di reprimere la resistenza buddhista del Kham e dell’Amdo nel modo più brutale possibile, bombardando i monasteri e distruggendo statue venerate del Buddha, ma aveva anche detto ai rappresentanti del PCC e ai suoi agenti nel Tibet politico di moltiplicare le provocazioni, sperando che a Lhasa potesse esplodere presto una rivolta. Il 24 giugno 1958 Mao dichiarava dunque, in un documento segreto, che il PCC avrebbe dovuto favorire «una ribellione su vasta scala in Tibet. Quanto più grande, tanto meglio».

Una delle provocazioni consistette nel diffondere la voce che il PCC avesse intenzione di rapire il Dalai Lama per portarlo a Pechino. La strategia ebbe successo e, quando il 10 marzo 1959 il giovane Dalai Lama accettò l’invito a partecipare a uno spettacolo di danze cinesi al comando militare dell’esercito cinese di Lhasa, la voce che il PCC stesse per attuare il sequestro si diffuse a macchia d’olio nella capitale tibetana. Una grande folla si radunò quindi attorno alla Norbulingka, la residenza del Dalai Lama, per impedirgli di uscire. Vennero urlati slogan contro Mao, ma contro l’esercito cinese non fu esploso nemmeno un colpo. L’unica vittima della prima giornata fu un uomo politico tibetano favorevole al PCC, che la folla aveva riconosciuto e ucciso.

All’insaputa dei tibetani e del mondo, tranne forse dell’Unione Sovietica e dell’India, che, diffidando dei propri “amici” cinesi, continuavano a spiarli, Mao disponeva di un piano dettagliato per l’invasione. A ridosso del confine con il Tibet politico aveva schierato un esercito potente di cui facevano parte corpi d’élite che avevano combattuto nella Guerra civile e nella Guerra di Corea. Ciò prova che Mao sapesse già prima del 10 marzo che l’invasione avrebbe avuto luogo in ogni caso. Tra il 10 e il 20 marzo la tensione a Lhasa era aumentata. I cinesi avevano schierato apertamente l’artiglieria, pronta a colpire i palazzi storici e i monasteri tibetani. I Difensori della fede Chushi Gangdruk arrivarono a Lhasa dalle montagne, e anche questo era ciò che Mao voleva. Era quella che chiamava la «vecchia tattica cinese», consistente nel far venire i topi allo scoperto per poi ucciderli tutti. Iniziarono ad armarsi anche monaci e civili con fucili e cannoni ottocenteschi, le uniche armi disponibili in città.

Mentre il Dalai Lama credeva ancora di poter negoziare, e scriveva lettere umili ai comandanti dell’esercito cinese, Mao aveva già ordinato di attendere pazientemente che i tibetani «sparassero i primi colpi» per poter iniziare la guerra dicendo al mondo che fosse «difensiva». Non tutto però ha funzionato esattamente come Mao aveva previsto. Il comandante dell’esercito cinese a Lhasa, infatti, il generale Tan Guansan (1908-1985), sentendosi minacciato, non attese un verosimile primo colpo tibetano, né le truppe di rinforzo che stavano arrivando dalla Cina, e diede inizio a quella che sarebbe state poi chiamata la Battaglia di Lhasa del 20 marzo. Con l’artiglieria Tan distrusse diversi templi tibetani ed edifici storici, compresa la Norbulingka, facendo uccidere senza pietà soldati, miliziani e civili tibetani che tentavano di difenderli. In un raro gesto di perdono, Mao non punì il generale per aver agito prima di ricevere gli ordini di Pechino, giacché ammirava la ferocia con cui era stata stroncata la resistenza tibetana. I vecchi peccati sono però tornati a perseguitare il generale Tan e i suoi principali collaboratori in Tibet durante la Rivoluzione Culturale. Tan è stato perseguitato, anche se è sopravvissuto e poi è stato riabilitato, ma altri esponenti del PCC in Tibet che durante la Battaglia di Lhasa avevano svolto ruoli chiave sono morti in prigione.

La Battaglia di Lhasa è durata solo quattro giorni: all’esercito cinese non è servito molto per domare contadini e monaci armati in modo primitivo. Tutto ciò che i tibetani hanno potuto ottenere è stato quindi mettere in salvo il Dalai Lama nell’esilio indiano, dove ancora si trova. Il numero delle vittime tibetane è ancora un segreto militare che la Cina custodisce gelosamente, ma probabilmente si tratta di migliaia di persone (mentre la propaganda cinese insiste nel dire che sarebbero state solo centinaia). Molti altri tibetani sono stati arrestati e deportati, e di questi molti sono morti in prigione.

La Battaglia di Lhasa ha posto fine al Tibet tradizionale e autonomo, ha sciolto il governo del Dalai Lama, ha ridotto la libertà religiosa e ha trasformato il Tibet politico in una provincia della Cina, ribattezzata pomposamente, ma in modo fuorviante, «regione autonoma». La battaglia ha impartito anche due lezioni importanti a chi studia la storia del PCC o analizza l’attuale persecuzione di altre minoranze etniche e religiose. Primo, il PCC è disposto a perseguire le proprie politiche anche a prezzo di un considerevole ludibrio a livello internazionale. Ciò che era accaduto in Ungheria nel 1956 aveva confermato al PCC che l’Occidente non era pronto a mandare i propri soldati a “morire per Budapest”, e tanto meno per Lhasa o per lo Xinjiang (che alcuni siano invece morti per Saigon è una questione diversa e più complessa). In secondo luogo, il PCC non si limita a ignorare le proteste che giungono da tutto il mondo, perché con l’esperienza ha imparato che organizzare campagne di fake news è più economico e semplice che fare la guerra.

Nel 1959 non esistevano né Internet né i social media. Il PCC ha però ottenuto un notevole successo relativo nel dare al mondo la propria versione dei fatti. Alcune delle fake news che sono state diffuse sostenevano che i tibetani avessero avviato la rivolta senza essere stati provocati e che le masse erano manipolate dal governo reazionario del Dalai Lama. Invece è vero il contrario, perché Mao ha fatto tutto il possibile per istigare la rivolta, e il Dalai Lama e il suo governo hanno tentato ogni passo per impedirla e negoziare. Nemmeno la propaganda del PCC è riuscita però a vendere una parte della storia: infatti nessuno, al di fuori della Cina, ha mai davvero creduto che il Dalai Lama fosse stato “rapito” da “reazionari”, né che Mao magnanimamente ne avesse facilitato la fuga. Tuttavia su Wikipedia e altrove è ancora possibile trovare altre leggende, compresa quella secondo cui la CIA avrebbe organizzato la rivolta. Quanto alla CIA, si era interessata sì al Tibet, addestrando, nel 1957, a Okinawa e a Saipan sei membri dei Difensori della fede Chushi Gangdruk, per poi paracadutarne cinque in Tibet con una radio (il sesto si era sparato accidentalmente su un piede ed era rimasto a Okinawa). La radio era cruciale giacché la missione di quegli uomini consisteva essenzialmente nell’infrangere la cortina informativa che i cinesi avevano eretto e trasmettere alla CIA rapporti di prima mano su ciò che stava accadendo, non organizzare o condurre una rivolta.

Il libro della Li è insomma uno strumento eccellente per sfatare un buon numero di fake news. Quante sono però le persone che leggono i libri accademici pubblicati dalla Harvard University Press invece che affidarsi alla molto più facilmente accessibile propaganda cinese?

Contrassegnato con: Buddhismo Tibetano, Tibet

Massimo Introvigne

Massimo Introvigne (Roma, 14 giugno 1955) è un sociologo italiano delle religioni. È il fondatore e il direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), una rete internazionale di studiosi di nuovi movimenti religiosi. Autore di una settantina di libri e di più di 100 articoli nel campo della sociologia della religione, è stato l’autore principale dell’Enciclopedia delle religioni in Italia. Membro del comitato editoriale dell’Interdisciplinary Journal of Research on Religion e del comitato direttivo di Nova Religio, pubblicato alla University of California Press, dal 5 gennaio al 31 dicembre 2011 ha avuto nell’ambito dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) il ruolo di “Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni”. Dal giugno 2012 al dicembre 2016 è stato coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa, istituito dal ministero degli Esteri italiano per monitorare lo stato della libertà religiosa a livello mondiale.

www.cesnur.org/

Articoli correlati

  • La Gyantse English School a metà degli anni 1920

    Ciò che manca nel “libro bianco” sull'istruzione in Tibet

  • Il Segretario di Stato Pompeo presenta il Rapporto

    «Abusi, torture e uccisioni»: il rapporto degli Stati Uniti sui diritti umani denuncia il regime comunista cinese

  • maduro e xi jinping

    Cina e Venezuela: soci in affari contro i diritti umani

  • 70th Anniversary of the UDHR

    Bitter Winter a Ginevra per il 70° anniversario della Dichiarazione dei diritti umani

Vedi anche

  • Credente tibetano
    Sussidi pubblici, arma del governo contro i buddhisti tibetani

    Gli amministratori pubblici vigilano: i tibetani poveri perdono prima la terra, poi l'indennità di trasferta se non smettono la pratica del buddhismo

  • Il monastero di Rongwo nella Prefettura autonoma tibetana di Huangnan
    Nel Qinghai il buddismo tibetano è marcato stretto

    Nei templi vengono istituiti comitati di gestione di cui fanno parte funzionari governativi e allestiti addirittura uffici di polizia

  • Thierry-Valle
    Denunciate all’ONU atrocità contro uiguri, tibetani e CDO

    ONG accreditate denunciano persecuzioni e torture contro musulmani, buddisti e membri della Chiesa di Dio Onnipotente alla XXXIX sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra

  • Una pagliacciata per deportare un monaco tibetano
    Una pagliacciata per deportare un monaco tibetano

    Le messe in scena vengono ordinate per incastrare qualcuno e farlo apparire sotto una cattiva luce onde poi deportarlo

  • Wang Yang Politico cinese Washington
    Si intensifica la pressione sui buddhisti tibetani

    Nel quadro della recente ondata di repressione della religione, uno dei maggiori funzionari del PCC ha visitato il Tibet e chiesto ai monaci fedeltà assoluta, e molto altro

  • Demolito il tempio in stile tibetano di Guanghua, nella provincia dello Shaanxi
    Demolito il tempio in stile tibetano di Guanghua, nella provincia dello Shaanxi

    Nel 2013 le autorità hanno distrutto un tempio buddista notissimo nel villaggio di Xutangm, nella provincia dello Shanxi

Barra laterale primaria

Sostieni Bitter Winter

Per saperne di più

CANALI SOCIALI UFFICALI (IN INGLESE)

Effettua la ricerca delle notizie per regione cliccando sulla mappa

Mappa geografica della Cina

ARCHIVIO

  • Ottobre 2020
  • Settembre 2020
  • Agosto 2020
  • Luglio 2020
  • Giugno 2020
  • Maggio 2020
  • Aprile 2020
  • Marzo 2020
  • Febbraio 2020
  • Gennaio 2020
  • Dicembre 2019
  • Novembre 2019
  • Ottobre 2019
  • Settembre 2019
  • Agosto 2019
  • Luglio 2019
  • Giugno 2019
  • Maggio 2019
  • Aprile 2019
  • Marzo 2019
  • Febbraio 2019
  • Gennaio 2019
  • Dicembre 2018
  • Novembre 2018
  • Ottobre 2018
  • Settembre 2018
  • Agosto 2018
  • Luglio 2018
  • Giugno 2018

Newsletter

Iscriviti alla newsletter

* indicates required
Scegli una lingua

Footer

Notizie in esclusiva
Notizie in esclusiva

Redazione

Direttore

MASSIMO INTROVIGE

Direttore responsabile

MARCO RESPINTI

Indirizzo

CESNUR

Via Confienza 19, 10121 Torino, Italy,
Phone: 39-011-541950

Codice Fiscale 97567500018

Partita IVA 07208700018

Articoli

CANALI SOCIALI UFFICALI (IN INGLESE)

Collegamenti

logo orlir hrwf logo cesnur logo

Copyright © 2022 - INFORMATIVA SULLA PRIVACY

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web per offrirti l'esperienza più pertinente ricordando le sue preferenze e ripetendo le visite. Cliccando su "Accetta", acconsenti all'uso di TUTTI i cookie.
.
Maggiori informazioni Impostazioni
RifiutaAccetta
Cookie

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. These cookies ensure basic functionalities and security features of the website, anonymously.
Cookie Durata Descrizione
ak_bmsc 2 hours This cookie is used by Akamai to optimize site security by distinguishing between humans and bots
bm_sz 4 hours This cookie is set by the provider Akamai Bot Manager. This cookie is used to manage the interaction with the online bots. It also helps in fraud preventions
cookielawinfo-checkbox-advertisement 1 year Set by the GDPR Cookie Consent plugin, this cookie is used to record the user consent for the cookies in the "Advertisement" category .
cookielawinfo-checkbox-analytics 11 months This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Analytics".
cookielawinfo-checkbox-functional 11 months The cookie is set by GDPR cookie consent to record the user consent for the cookies in the category "Functional".
cookielawinfo-checkbox-necessary 11 months This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookies is used to store the user consent for the cookies in the category "Necessary".
cookielawinfo-checkbox-others 11 months This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Other.
cookielawinfo-checkbox-performance 11 months This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Performance".
CookieLawInfoConsent 1 year Records the default button state of the corresponding category & the status of CCPA. It works only in coordination with the primary cookie.
viewed_cookie_policy 11 months The cookie is set by the GDPR Cookie Consent plugin and is used to store whether or not user has consented to the use of cookies. It does not store any personal data.
_abck 1 year This cookie is used to detect and defend when a client attempt to replay a cookie.This cookie manages the interaction with online bots and takes the appropriate actions.
Functional
Functional cookies help to perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collect feedbacks, and other third-party features.
Performance
Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.
Analytics
Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.
Cookie Durata Descrizione
CONSENT 2 years YouTube sets this cookie via embedded youtube-videos and registers anonymous statistical data.
_ga 2 years The _ga cookie, installed by Google Analytics, calculates visitor, session and campaign data and also keeps track of site usage for the site's analytics report. The cookie stores information anonymously and assigns a randomly generated number to recognize unique visitors.
_gat_UA-118991308-8 1 minute A variation of the _gat cookie set by Google Analytics and Google Tag Manager to allow website owners to track visitor behaviour and measure site performance. The pattern element in the name contains the unique identity number of the account or website it relates to.
_gid 1 day Installed by Google Analytics, _gid cookie stores information on how visitors use a website, while also creating an analytics report of the website's performance. Some of the data that are collected include the number of visitors, their source, and the pages they visit anonymously.
Advertisement
Advertisement cookies are used to provide visitors with relevant ads and marketing campaigns. These cookies track visitors across websites and collect information to provide customized ads.
Cookie Durata Descrizione
fr 3 months Facebook sets this cookie to show relevant advertisements to users by tracking user behaviour across the web, on sites that have Facebook pixel or Facebook social plugin.
NID 6 months NID cookie, set by Google, is used for advertising purposes; to limit the number of times the user sees an ad, to mute unwanted ads, and to measure the effectiveness of ads.
VISITOR_INFO1_LIVE 5 months 27 days A cookie set by YouTube to measure bandwidth that determines whether the user gets the new or old player interface.
YSC session YSC cookie is set by Youtube and is used to track the views of embedded videos on Youtube pages.
yt-remote-connected-devices never YouTube sets this cookie to store the video preferences of the user using embedded YouTube video.
yt-remote-device-id never YouTube sets this cookie to store the video preferences of the user using embedded YouTube video.
yt.innertube::nextId never This cookie, set by YouTube, registers a unique ID to store data on what videos from YouTube the user has seen.
yt.innertube::requests never This cookie, set by YouTube, registers a unique ID to store data on what videos from YouTube the user has seen.
_fbp 3 months This cookie is set by Facebook to display advertisements when either on Facebook or on a digital platform powered by Facebook advertising, after visiting the website.
Others
Other uncategorized cookies are those that are being analyzed and have not been classified into a category as yet.
ACCETTA E SALVA
Powered by CookieYes Logo