I testimoni accusano i governi che si rifiutano di affrontare la Cina su questo argomento di voltare le spalle alle vittime
Ruth Ingram
Indice: Le cifre dei trapianti in Cina non tornano – La rapida espansione delle infrastrutture per i trapianti manca di trasparenza – Giornalisti in incognito scoprono il turpe commercio di organi – Rapporto aggiornato: i ricercatori smentiscono lo scetticismo del governo britannico – L’espianto di organi non sta affatto diminuendo, anzi – La reazione del governo britannico al rapporto ignora volutamente i fatti – Pazienti vivi al momento dell’espianto – Gli uiguri sono costernati per il deteriorarsi della situazione nello Xinjiang
Secondo gli esperti intervenuti alla seconda sessione delle audizioni del China Tribunal contro il prelievo forzato di organi umani svoltasi lo scorso fine settimana a Londra, il mondo finge di non vedere il “saccheggio” effettuato con l’approvazione di Pechino, una pratica che non mostra di declinare.
Nel corso della prima audizione del Tribunale, svoltasi in dicembre, erano state ascoltate le testimonianze di investigatori, avvocati, medici e accademici per i diritti umani, che avevano presentato argomentazioni convincenti sul fatto che decine di migliaia di prigionieri di coscienza hanno subito l’espianto di organi.
L’Independent China Tribunal, incaricato dalla International Coalition to End Transplant Abuse in Cina (ETAC), è composto da avvocati di fama mondiale provenienti da quattro diversi Paesi, un esperto di storia cinese, un chirurgo trapiantologo e un uomo d’affari. Il loro mandato consiste nell’esaminare le prove e agire collegialmente per determinare quali sarebbero le conseguenze legali nel caso in cui la Cina venisse riconosciuta colpevole di crimini internazionali.
Dopo oltre due giorni di estenuanti testimonianze di prima mano sulle torture e incarcerazioni, la commissione ha ascoltato gli uiguri e i praticanti del Falun Gong in merito alle loro incarcerazioni extragiudiziali, agli interrogatori e ai maltrattamenti. Durante la loro detenzione essi sono stati sottoposti a controlli sanitari approfonditi degli organi interni, del sangue e della tipizzazione del DNA. Tali accertamenti, secondo i medici esperti in materia, possono solo indicare che viene volutamente svolta la raccolta di informazioni per un database degli organi. Una di questi ex detenuti, una donna uigura di nome Mihrigul Tursun, ha fornito prove al tribunale parlando delle torture subite personalmente e dei rigorosi controlli sanitari a cui è stata sottoposta durante tre periodi di reclusione tra il 2015 e il 2017. Durante questo periodo, uno dei suoi neonati trigemini, sottrattole quando è stata arrestata all’aeroporto dello Xinjiang di ritorno dalla sua casa in Egitto, è deceduto in circostanze misteriose. Ha anche riferito di diverse giovani donne con cui aveva condiviso la prigionia che sono morte all’improvviso e di altre che sono semplicemente scomparse.
Le cifre dei trapianti in Cina non tornano
Prove convincenti che le cifre dei trapianti in Cina non tornano sono state presentate dal professor Matthew Robertson e da Raymond Hind con lo studio sui dati dei trapianti con donatori volontari cinesi di cui sono co-autori e dal professor Jacob Levee dell’Università di Tel Aviv. Il team ha scoperto evidenti incongruenze tra le statistiche elaborate dal China Organ Transplant Response System (COTRS) e i dati della Croce Rossa Cinese. A Pechino nel 2015, la Cina aveva garantito alla comunità internazionale che non sarebbero più stati espiantati gli organi dei detenuti giustiziati. Da allora la Cina è stata costretta a reclutare donatori volontari. In un solo giorno, il 31 dicembre 2015, è stata aggiunta una cifra tonda di 25mila nuovi donatori e, nell’ultima settimana di dicembre 2016, ne sono stati aggiunti 88mila. Le statistiche, ha detto Robertson, data la loro uniformità, evidenziano che si tratta di “manomissioni manuali”.
Un’anomalia particolarmente scioccante è emersa da altri dati provenienti dalla Cina. Da tali dati risulta che, nel giro di dieci giorni, durante i quali sarebbero deceduti 30 donatori, sono stati prelevati dai loro corpi ben 640 organi. Come avvocato del Tribunale, Hamid Sabi ha domandato a Robertson se sia possibile prelevare 21 organi da ciascun donatore. Robertson ha risposto che queste cifre sono “estremamente sospette”, in quanto il numero medio massimo comunemente accettato è di 2,7 organi per donatore.
Il dottor Torsten Trey, direttore esecutivo di Doctors Against Forced Organ Harvesting, ha supportato queste conclusioni rimarcando la discrepanza tra le cifre fornite dalla Cina e quelle del resto del mondo. Ha detto che nel Regno Unito, per esempio, ogni anno solo l’un percento dei donatori registrati diventa effettivamente donatore. Ha inoltre affermato: «In Cina sembra che tale dato sia del 140% più alto rispetto ad altri Paesi: si tratta di un rapporto incoerente». Ha poi aggiunto che le cifre sembrano indicare «una disponibilità di donazioni segreta». Egli ha detto di ritenere che tali «prove indirette e circostanziali» siano sostanziali e che, quanto meno, dovrebbero innescare un’indagine a livello internazionale.
La rapida espansione delle infrastrutture per i trapianti manca di trasparenza
Trey, dopo aver studiato 68 articoli medici sottoposti a riesame paritario e relativi al turismo dei trapianti tra il 2000 e il 2016, si è anche detto preoccupato per l’esponenziale espansione delle infrastrutture cinesi destinate ai trapianti. Partendo da zero nel 2000, ha osservato una crescita costante e sorprendente delle infrastrutture per i trapianti negli ospedali che ha studiato in dettaglio. Ha detto che in nessun altro Paese al mondo (a parte le uccisioni documentate dell’ISIS nel 2016) il trapianto comporta l’uccisione dei donatori. Ha inoltre aggiunto: «Le prove concrete sono nei pazienti trapiantati e nei turisti che vanno in Cina per gli organi», ha quindi sollecitato un accordo internazionale per controllare i pazienti al loro ritorno confrontando il DNA dei loro nuovi organi con quello dei prigionieri. Ha poi aggiunto: «In questo modo, potremo stabilire clinicamente da dove provengono gli organi», aggiungendo che il business dei trapianti deve essere trasparente e che «La conoscenza è aumentata in Cina, ma grazie al sangue e ai corpi dei prigionieri di coscienza».
«La comunità medica mondiale dovrebbe ricordare la regola aurea del “primo non nuocere”», ha inoltre aggiunto che i dati prodotti dalla sua organizzazione sono stati frequentemente e «volutamente» respinti e, talvolta, del tutto ignorati. A suo dire esiste una latente e insidiosa riluttanza nello sfidare la Cina su questo tema.
Giornalisti in incognito scoprono il turpe commercio di organi
Il giornalista televisivo sudcoreano Kim Hyeoncheol ha riferito al tribunale della sua missione sotto copertura per intervistare i pazienti coreani in attesa di reni o pancreas nell’ospedale centrale numero uno di Tianjin. Nessuno di loro era a conoscenza della provenienza degli organi. Un’infermiera coreana in servizio nell’ospedale ha affermato che in genere i pazienti dovevano aspettare da circa due settimane fino a un massimo di tre mesi per i loro organi e che solo dopo l’arrivo in Cina i loro dati sanitari venivano analizzati. Ha detto che erano in attesa di un trapianto anche numerosi pazienti mediorientali. In genere un trapianto di fegato costa 170mila dollari statunitensi e le spese vengono pagate dalle ambasciate.
Rapporto aggiornato: i ricercatori smentiscono lo scetticismo del governo britannico
Le deposizioni dei testimoni sono state ascoltate dall’analista esperto della Cina Ethan Gutmann, dall’avvocato canadese David Matas e dall’ex segretario di Stato canadese David Kilgour, il cui rapporto del 2016 Bloody Harvest/The Slaughter: An Update comprende 700 pagine di ulteriori prove a sostegno delle scoperte pubblicate nel primo Kilgour-Matas Report sull’espianto di organi dai prigionieri di coscienza in Cina del 2007.
Interrogato da Nicholas Vetch in merito ai rilievi mossi dal ministro del governo britannico Mark Field che, nel corso di un recente dibattito sul prelievo di organi svoltosi al parlamento britannico, aveva messo in discussione le tecniche di ricerca impiegate in quanto suo avviso poco rigorose e lamentato la mancanza di prove incontrovertibili, David Matas ha affermato di non avere alcuna esitazione o dubbio sulle conclusioni del rapporto. Ha spiegato la riluttanza dei governi ad accettarlo in quanto è: «diplomaticamente imbarazzante accettare che un altro governo sia coinvolto nell’omicidio di massa di innocenti: è una verità scomoda». Ha poi aggiunto: «Abbiamo applicato un protocollo rigoroso, abbiamo esaminato tutti i flussi di dati, abbiamo verificato tutto, non ci siamo basati semplicemente sui dati dell’ospedale o su una prova, ma abbiamo un’accumulazione di dati che conferma le nostre conclusioni».
Ethan Gutmann, si è opposto alle critiche di Mark Field secondo cui nel rapporto non ci sarebbe una prova definitiva o una «pistola fumante» e ha replicato che, al contrario, nel rapporto le pistole fumanti e i «punti di prova» sono numerosi. Ha aggiunto che nel rapporto, che a suo avviso non è stato letto né da Mark Field né dai suoi assistenti dato l’elevato numero di note in cinese, era stato sottostimato il numero di donazioni di organi in Cina, che dovrebbe, in realtà, essere molto superiore a 125mila. Ha poi aggiunto: «E, secondo la Cina, questo numero aumenterà di 40mila donazioni ogni anno». Ha inoltre deplorato la risposta data da Field a nome del governo britannico e ha aggiunto: «Le sue osservazioni saranno usate come ricetta per l’inazione. E questo va avanti da oltre 12 anni».
Rispondendo al commento di Field secondo cui non ci sono prove del turismo dei trapianti fuori dal Regno Unito, Gutmann ha detto che il suo team ha contattato 50 ospedali nessuno dei quali era disposto a violare la riservatezza dei pazienti, tuttavia cinque ospedali hanno ammesso di aver cercato di convincere i pazienti a non andare in Cina. Egli ha anche ricordato di aver parlato con un paziente di Birmingham che aveva ricevuto un nuovo rene nell’ospedale di Xian.
L’espianto di organi non sta affatto diminuendo, anzi
Visto che Pechino dispone ora di un database completo degli uiguri, Gutman ha detto di essere preoccupato per una «versione accelerata della persecuzione del Falun Gong». Gutman ha inoltre dichiarato che: «la situazione degli uiguri è catastrofica: sono stati tutti sottoposti a esami del sangue e negli aeroporti dello Xinjiang ci sono strutture dedicate ai trapianti e forni crematori». Ha aggiunto che sarebbe impossibile testare il DNA di milioni di uiguri senza il sostegno dello Stato.
David Kilgour, ha respinto le accuse circa la mancanza di prove concrete nel rapporto. Sulla base della propria esperienza legale come ex Segretario di Stato del Canada ha affermato che le prove dimostrano in modo schiacciante che questa pratica è in aumento, non in calo. Ha dichiarato di non avere «dubbi di sorta» e ha aggiunto: «la maggior parte delle giurie con cui ho lavorato dopo dieci minuti di camera di consiglio, sulla base delle nostre prove del 2016, avrebbe concluso che la Cina è colpevole ».
La reazione del governo britannico al rapporto ignora volutamente i fatti
Kilgour ha espresso profonda delusione per i commenti di Mark Field in parlamento, in particolare a proposito della mancanza di un’analisi forense del rapporto del 2016, che secondo Field avrebbe dovuto essere fornita. Ha poi aggiunto: «Essendo io di origine britannica mi vergogno che un ministro britannico di qualsiasi livello faccia una dichiarazione del genere in parlamento», e ha aggiunto: «L’industria dei trapianti è in crescita e il loro numero sta aumentando. Rabbrividisco nel pensare cosa sta accadendo alla comunità uigura in questo momento, è semplicemente assurdo dire a voi o a me o a qualcun altro che i trapianti si sono fermati nel gennaio 2015. Questa spaventosa industria degli organi è in crescita.» Ha aggiunto che a suo avviso si tratta di «ignoranza intenzionale» da parte dei governi britannico e di altri Paesi del mondo che preferiscono evitare di affrontare la Cina su questo tema e ha citato i pochi Paesi tra cui Taiwan, il Canada, la Repubblica Ceca e l’UE che hanno invece scelto di prendere posizione.
Mark Field ha declinato l’invito a presentarsi, ma l’avvocato della corona Sir Geoffrey Nice, presidente del Tribunale, ha dichiarato che gli sarebbe stata data l’opportunità di farlo se dovesse rendersi disponibile.
Pazienti vivi al momento dell’espianto
Il dottor Charles Lee, a capo della World Organization to Investigate the Persecution of Falun Gong (WOIPFG), ha descritto le conclusioni raggiunte dopo aver studiato migliaia di articoli accademici, 300 dei quali riguardavano la donazione di organi in Cina. In base alle descrizioni della preparazione del paziente prima della rimozione di un organo vitale, che in alcuni casi comprendeva anche l’intubazione e l’anestesia, aveva solo potuto concludere che al momento dell’espianto i pazienti erano ancora vivi. I cosiddetti donatori erano giovani sani senza una storia di gravi patologie e il fatto che gli organi potessero essere ordinati con solo due settimane di anticipo, tutto conferma la sua opinione che si trattasse di uccisioni.
Gli uiguri sono costernati per il deteriorarsi della situazione nello Xinjiang
Dolkun Isa, presidente del World Uyghur Congress di Monaco in Germania, ha espresso la propria profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione degli uiguri in Cina. Teme che l’identità uigura venga estirpata con le sparizioni di massa, gli arresti e le incarcerazioni. Sulla base delle prove emerse principalmente grazie ai 2mila kazaki rilasciati dopo la rieducazione a seguito di un accordo tra Pechino e il Kazakistan, è chiaro, ha concluso, che i detenuti oltre a subire a torture e maltrattamenti, vengono anche sottoposti a controlli sanitari sistematici, incluso il sangue, il DNA e la scansione degli organi.
Ricordando la morte di sua madre di 78 anni avvenuta nel 2017 in un campo ha detto: «Tanti nostri concittadini sono semplicemente scomparsi. Dove sono e cos’è successo a queste persone?».
In conclusione Geoffrey Nice ha affermato che sarebbe «estremamente utile» disporre di un’analisi forense del Ministero degli Esteri britannico sulle prove fornite dal tribunale che, da parte sua, si renderebbe disponibile per una replica.
La sentenza definitiva è prevista per il 17 giugno.