Presentata al Senato e alla Camera degli Stati Uniti d’America una proposta bipartisan di legge per fermare l’esportazione di tecnologia che Pechino potrebbe usare per sorvegliare i musulmani incarcerati e riconoscere il Segretario del PCC dello Xinjiang colpevole della drammatica situazione dei diritti umani in quella regione “autonoma”
Marco Respinti
Mercoledì 14 novembre è stata introdotta una legge bipartisan in entrambe le camere del Congresso degli Stati Uniti per sollecitare una risposta più forte da parte dell’Amministrazione guidata dal presidente Donald J. Trump alla repressione che la Cina conduce contro le minoranze musulmane, oltre a possibili sanzioni contro un alto funzionario, il segretario del Partito Comunista Cinese (PCC) dello Xinjiang, Chen Quanguo, pure membro del potente politburo del PCC, accusato di essere il responsabile della drammatica situazione della regione.
Il disegno di legge è stato presentato dai senatori Marco Rubio (R-FL) e Bob Menendez (D-NJ) al Senato e dai deputati Christopher H. Smith (R-NJ) e Thomas Suozzi (D-NY) alla Camera. Rubio e Smith sono rispettivamente il presidente e il co-presidente della Commissione esecutiva del Congresso sulla Cina, un’istituzione indipendente e bipartisan con mandato legislativo che monitora il rispetto dei diritti umani e la certezza del diritto nella Repubblica Popolare Cinese.
La legge ora introdotta chiede inoltre al presidente Trump di nominare un nuovo “coordinatore speciale” della politica degli Stati Uniti sulla questione e di prendere in considerazione l’emissione di un divieto a esportare tecnologia americana che Pechino potrebbe utilizzare nella sorveglianza degli uiguri imprigionati.
La proposta di legge fa seguito a una lettera bipartisan che il 29 agosto 15 tra senatori e deputati degli Stati Uniti hanno inviato al Segretario di Stato Mike Pompeo e al ministro del Tesoro Steven Mnuchin per sollecitare sanzioni tempestive contro le persone e gli enti che sono coinvolti e che perpetrano violazioni dei diritti umani nello Xinjiang.
Nella regione “autonoma” dello Xinjiang, infatti, almeno un milione e mezzo di musulmani sono detenuti in centri o in campi di “rieducazione politica”. Un milione sono gli uiguri destinati alla deprogrammazione e gli altri sono kazaki etnici, gruppi che parlano varie lingue del ceppo turco e persone appartenenti all’etnia hui.
Il senatore Rubio e il deputato Smith hanno cominciato a disvelare la verità sulla Cina, sostenendo la causa dei musulmani perseguitati nello Xinjiang, durante la Ministerial to Advance Religious Freedom, l’incontro organizzato a Washington dal Dipartimento di Stato americano guidato dal segretario Pompeo assieme a Samuel D. Brownback, ambasciatore degli Stati Uniti per la libertà religiosa nel mondo. Durante l’incontro, svoltosi dal 24 al 26 luglio 2018, i rappresentanti di 82 Paesi hanno discusso la situazione della libertà religiosa a livello internazionale. Da allora l’attenzione dei legislatori statunitensi e del Dipartimento di Stato americano verso la libertà religiosa in Cina ha guadagnato slancio.
Rubio e Smith, che considerano il caso cinese con grande cura, stanno indubbiamente sfruttando l’attenzione provocata a livello internazionale dalla nuova guerra commerciale prodotta dalla politica del presidente Trump sui dazi per sollevare anche la questione dei diritti umani e della libertà religiosa, ponendo quella domanda che non molti sono disposti a fare quando trattano di Cina. Rubio e Smith, due cattolici che non si vergognano di esserlo, sono del resto noti per il proprio impegno in difesa dei diritti umani, e Smith, noto pro-lifer, ha sempre levato la propria voce contro la macabra “politica del figlio unico” per anni imposta alle coppie cinesi dal regime neo-post-comunista di Pechino. Adesso hanno alleati importanti in Pompeo (un devoto presbiteriano evangelicale) e in Brownback (un altro cattolico convinto). Se infatti il primo anno dell’Amministrazione Trump non è sembrato essere granché interessato alla libertà religiosa nel mondo, laddove l’Amministrazione retta da George W. Bush lo era stata, e quella retta da Barack Obama no (almeno nel senso in cui s’intende consuetamente la vera libertà religiosa), con l’arrivo di Pompeo a capo della diplomazia americana dopo Rex Tillerson e con la nomina di Brownback la situazione è cambiata.
E questo nuovo atteggiamento segna pure un altro significativo cambiamento di orientamento politico degli Stati Uniti. Dopo l’Undici Settembre, gli Stati Uniti hanno abbracciato la retorica facile e politicamente redditizia secondo cui tutti i musulmani sono terroristi o sono in qualche modo legati al terrorismo. Con grande soddisfazione del PCC, gli uiguri dello Xinjiang non hanno fatto, purtroppo, alcuna eccezione. Ma messo di fronte alla realtà, questo atteggiamento è lentamente cambiato; e oggi, grazie anche agli sforzi significativi svolti dalla Commissione esecutiva del Congresso sulla Cina, gli Stati Uniti hanno imparato a distinguere tra gli amici e i nemici anche tra i musulmani cinesi.
La logica che presiede alla proposta di legge presentata mercoledì al Congresso federale americano si fonda sul Global Magnitsky Act, cioè, formalmente, il Russia and Moldova Jackson-Vanik Repeal and Sergei Magnitsky Rule of Law Accountability Act of 2012. Questa legge bipartisan, approvata dal Congresso e firmata dal presidente Barack Obama nel dicembre 2012, è stata pensata per punire i funzionari russi responsabili della morte del ragioniere russo Sergei Magnitisky (1972-2009), impiegato nello studio legale americano Firestone Duncan, avvenuta nel 2009 nella prigione Matrosskaya Tishina di Mosca. Questa legge consente infatti al governo degli Stati Uniti di sanzionare i funzionari governativi stranieri implicati in abusi contro i diritti umani in qualsiasi parte del mondo.