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Accordo Cina-Vaticano: è possibile un primo bilancio?

27/07/2019Marta Petrosillo |

Intervista al direttore di Bitter Winter, Massimo Introvigne, di cui una versione è apparsa sul settimanale cattolico olandese Katholiek Nieuwsblad n. 29, del 19 luglio 2019

Marta Petrosillo

Una chiesa cattolica, non affollatissima, a Jinzhu, Hebei
Una chiesa cattolica, non affollatissima, a Jinzhu, Hebei (Crediti: Zhangzhugang – CC BY-SA 3.0)

Come valuta i recenti sviluppi tra Cina e Santa Sede?

Bitter Winter ha mantenuto una posizione di attesa rispetto all’accordo, non associandosi ad attacchi indiscriminati alla Santa Sede che sono venuti da altri. Questo ha molto a che fare con la mia esperienza personale nelle istituzioni internazionali – soprattutto quando sono stato nel 2011 Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta alle discriminazioni religiose – che mi ha insegnato a non sottovalutare mai la diplomazia vaticana, che a differenza di altre ragiona in termini di lungo periodo e non di breve o medio. Nello stesso tempo Bitter Winter ha dato notizia delle vessazioni cui il Partito Comunista Cinese anche dopo l’accordo del 2018 ha continuato a sottoporre i preti e vescovi che rifiutano di aderire all’Associazione Patriottica controllata dal governo e delle formule di adesione ambigue, talora contenenti affermazioni davvero incompatibili con la fede cattolica, che chi si registra presso le autorità ed aderisce all’Associazione è obbligato a sottoscrivere.

Debbo dire che le Linee guida vaticane dello scorso 28 giugno confermano la situazione che Bitter Winter ha continuato a descrivere. Affermano che aderire all’Associazione Patriottica è lecito e qualcuno potrebbe anche leggervi tra le righe che è la condizione normale dopo l’accordo del 2018, ma con due precisazioni. La prima è che è lecita anche l’obiezione di coscienza di chi proprio non se la sente di registrarsi e aderire all’Associazione Patriottica. La Santa Sede non incoraggia questa scelta ma non la condanna e chiede “rispetto” per chi la compie. La seconda precisazione è che la Santa Sede nota che alcune formule di registrazione e adesione all’Associazione Patriottica (che coincidono: chi si registra diventa membro dell’Associazione) sono redatte in termini provocatori e contengono vere e proprie eresie, almeno ecclesiologiche. Non indica che in questi casi ci si deve rifiutare di registrarsi, ma afferma che occorre che chi si registra esprima per iscritto se possibile o almeno a voce in presenza di testimoni le sue riserve sulle parti di testo che non sono accettabili.

In sostanza il Vaticano considera che non esista più, almeno giuridicamente, una “Chiesa sotterranea” e che sia lecito e normale – anche in presenza di formule di adesioni ambigue, purché le si sottoscriva con riserva, scritta o orale – che i cattolici aderiscano all’Associazione Patriottica. Lascia però uno spazio all’obiezione di coscienza di chi ritiene di non registrarsi e aderire all’Associazione Patriottica, e su questo punto la posizione del Vaticano non coincide con quella delle autorità cinesi che continuano a perseguitare chi non si registra.

Lei è in stretto contatto con i cristiani in loco. Come sono stati accolti in Cina l’accordo provvisorio del settembre scorso sulla nomina dei vescovi e poi questi nuovi orientamenti pastorali sulla registrazione civile del clero?

 Occorre evitare due eccessi. Da una parte alcuni ostili a Papa Francesco – magari per motivi che non hanno niente a che fare con la Cina – ci dipingono una Chiesa cinese in rivolta contro il “tradimento” vaticano e che accusa Roma di averli “venduti al Partito Comunista”, dall’altra alcuni giornalisti e studiosi che pensano di difendere così il Papa sostengono che tutto va per il meglio e che la grande maggioranza dei cattolici cinesi è entusiasta dell’accordo. Entrambe queste posizioni sono ideologiche e semplicistiche. Quando il cardinale Parolin dice che a nessuna porzione della Chiesa piace essere Chiesa del silenzio e delle catacombe dice una verità. I cattolici cinesi non chiedono di meglio che poter esistere e proclamare la loro fedeltà a Roma e al Papa alla luce del sole. Nello stesso tempo, avendo subito per decenni persecuzioni e inganni, è normale che molti non si fidino. E la persecuzione che colpisce gli obiettori di coscienza che rifiutano di registrarsi e aderire alla Chiesa Patriottica non li aiuta a fidarsi.

C’è malcontento da parte dei cattolici finora costretti alla clandestinità? 

Direi che c’è ancora molta incertezza. Come dico, la diplomazia vaticana ragiona sul lungo periodo ed è convinta che negli anni o forse nei decenni l’accordo darà frutti positivi per i cattolici. Molti membri della ora non più esistente, almeno secondo la Santa Sede, “Chiesa clandestina” vedono che nel breve termine non molto è cambiato ed esprimono delusione.

Ritiene che – soprattutto in ambienti vaticani – si tenda a mostrare una situazione dei cristiani in Cina migliore di quanto non sia in realtà?

 Sì. Non mi riferisco tanto ai documenti ufficiali come le Linee guida ma a giornalisti e studiosi  che sono accreditati come vicini al Pontefice. A parte la situazione dei cattolici, di cui ho parlato prima, costoro dipingono una situazione totalmente irrealistica della libertà religiosa in Cina. Autorevoli documenti internazionali – delle Nazioni Unite, del Dipartimento di Stato e della Commissione sulla libertà religiosa internazionale degli Stati Uniti, delle ONG maggiormente specializzate e di importanti studiosi accademici – sono concordi nel sostenere che con Xi Jinping la situazione della libertà religiosa in Cina è la peggiore dai tempi della Rivoluzione Culturale. La documentiamo ogni giorno su Bitter Winter. Decine di migliaia di chiese, moschee, templi, grandi statue buddhiste e taoiste sono distrutte e rase al suolo, comprese alcune che appartengono alle denominazioni controllate dal governo. Trovo scandaloso che in Europa alcuni giornalisti e politici – certamente anche a causa dei legami commerciali di certi Paesi con la Cina – non vedano la realtà dell’epoca Xi Jinping: tre milioni di uiguri e altri musulmani chiusi nei campi di rieducazione, centinaia di migliaia di membri di nuovi movimenti religiosi come il Falun Gong o la Chiesa di Dio Onnipotente incarcerati, e molti torturati e uccisi, e oltre quindicimila chiese protestanti “domestiche” distrutte o chiuse, insieme a templi buddhisti e taoisti, per non parlare di quello che continua a succedere in Tibet. E lo scandalo è più grande quando, per ingenuità o per corruzione, qualche giornalista europeo – sono di meno in America – ripete le fake news del regime cinese: i musulmani uiguri sono “terroristi”, il Falun Gong e la Chiesa di Dio Onnipotente sono “sette criminali”, le Chiese domestiche protestanti e il Dalai Lama prendono soldi dagli Stati Uniti per destabilizzare il regime. Dal mio punto di vista di studioso sono peggio che sciocchezze: sono fake news che uccidono, perché giustificano le persecuzioni.

Lei è stato di recente in Cina?

Fino al 2017 parecchie volte, anche invitato da enti governativi. Da quando dirigo Bitter Winter ho ricevuto diversi inviti da università, ma ho ritenuto di concludere – con il conforto di diplomatici di diversi Paesi che vivono in Cina – che sia preferibile non andare.

Come definirebbe l’attuale situazione? Recentemente alcuni dei collaboratori di Bitter Winter sono stati arrestati proprio a causa della loro opera di denuncia attraverso il giornale da lei diretto…

 La situazione peggiora. Xi Jinping è convinto che il comunismo in Occidente nel 1989, dalla Russia alla Polonia, sia caduto principalmente per l’azione sovversiva delle religioni, e non vuole fare la stessa fine. La differenza fra Xi Jinping e Mao è che siamo nell’epoca di Internet, e Xi Jinping combatte la sua guerra anche sul piano dell’informazione, reclutando “compagni di strada” – in altri tempi chiamati meno caritatevolmente “utili idioti” (peraltro ben pagati) – tra i giornalisti, i politici, gli accademici e anche gli ecclesiastici. Io sono uno studioso e so bene quali vantaggi e prebende di diversa natura siano offerti a chi accetta di spacciare autentiche panzane come quella secondo cui la maggioranza degli uiguri sostengono il terrorismo e lo Stato Islamico (non è la maggioranza, è meno dell’uno per cento), il Falun Gong incita i membri al suicidio (falso) e la Chiesa di Dio Onnipotente nel 2014 ha ammazzato una donna in un McDonald a Zhaoyuan (la donna è stata davvero uccisa, ma da un diverso movimento religioso).

Quali ritiene saranno (o dovrebbero essere) gli sviluppi futuri tra Roma e Pechino?

 A me pare che, al di là della situazione del clero “obiettore di coscienza” rispetto alla registrazione, ci sia una questione di fondo su cui so esistere posizioni diverse in Vaticano. La Cina, come del resto la Russia di Putin e alcuni Paesi islamici, sostiene che la nozione consacrata nella Dichiarazione Universale del 1948 dei diritti dell’uomo e della libertà religiosa non è “universale” ma è “occidentale” o peggio “americana”, non fa parte della cultura cinese e non potrà mai essere accettata e applicata in Cina. La Chiesa Cattolica con il Concilio Vaticano II ha pienamente abbracciato la nozione dei diritti dell’uomo e della libertà religiosa. Secondo il Concilio la libertà religiosa deriva dalla dignità della persona umana e non dipende dal contenuto della religione professata. Anche una religione lontanissima dal punto di vista della teologia da quella cattolica ha diritto alla libertà religiosa – a meno che commetta crimini comuni come terrorismo, violenze, abusi sessuali, ma “riunirsi o svolgere attività missionaria quando lo Stato lo vieta” non è un crimine usuale, è normale esercizio della libertà di religione. Fino a Benedetto XVI la Chiesa del post-Vaticano II ha chiaramente insegnato che non è interessata a una libertà religiosa per i soli cattolici. Negare la libertà religiosa di chiunque è un’offesa alla dignità umana che la Chiesa sente come fatta a sé, per quanto lontane o lontanissime dal cattolicesimo siano le credenze che sono perseguitate. Oggi leggiamo sotto la penna di autorevoli corifei del dialogo con la Cina – e magari di quello con Putin – che questa impostazione sarebbe superata. Ovviamente dichiarare che Roma non si cura della libertà religiosa dei non cattolici in Cina sarebbe molto gradito al regime. Ma sovvertirebbe tutta un’impostazione del rapporto fra Chiesa e diritti umani, cioè ultimamente fra Chiesa e democrazia, che la Chiesa ha faticosamente elaborato e poi difeso contro i cosiddetti “tradizionalisti”.

C’è poi un’altra considerazione. Dai tempi di Matteo Ricci i cattolici sperano che, se solo in Cina potessero operare liberamente, la Cina diventerebbe il più grande Paese cattolico del mondo. Ma ora gli studiosi sono concordi nel notare che, mentre le “Chiese domestiche “ protestanti crescono e nuovi movimenti religiosi come la Chiesa di Dio Onnipotente conoscono una vera e propria esplosione, la Chiesa Cattolica in Cina perde membri. In genere, le Chiese e confessioni percepite come favorevoli al regime perdono membri e quelle che offrono alla società civile spazi dove, sia pure sfidando le persecuzioni, è possibile criticare il Partito Comunista e Xi Jinping, ne guadagnano. Il rischio è che una Chiesa Cattolica percepita come troppo legata al regime metta le mani sul Santo Graal della libertà religiosa inseguito per secoli solo per accorgersi che il Graal è vuoto, e che una Chiesa di regime non interessa ai fedeli.

Contrassegnato con: Accordo Vaticano-Cina, Cattolicesimo

Marta Petrosillo
Marta Petrosillo

Marta Petrosillo è una giornalista specializzata in questioni vaticane, che collabora con diverse testate italiane e internazionali.

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