Invece di curare i malati, alcuni istituti psichiatrici “riformano” i dissidenti, chi firma petizioni di protesta e i credenti
di Li Mingxuan
Tre generazioni di una famiglia vivono insieme in condizioni di povertà estrema in un villaggio nell’area metropolitana di Zibo, una città nella provincia orientale dello Shandong. Come se ciò non bastasse la moglie del capofamiglia è disabile e più volte aveva chiesto all’amministrazione locale un’indennità di sussistenza che però le veniva negata. Nel 2018 il marito aveva deciso di andare a Pechino per presentare una petizione al governo centrale. Purtroppo però i problemi della famiglia non sono stati risolti e l’uomo è stato arrestato dagli agenti dell’Ufficio per la sicurezza pubblica e chiuso in un ospedale psichiatrico.
L’uomo ha anche ricordato che in ospedale era stato immobilizzato su un letto perché si rifiutava di assumere i farmaci che i medici volevano somministrargli. In seguito aveva rinunciato a resistere e aveva deciso di prendere le pillole per evitare di essere legato. In seguito era venuto a sapere che le autorità della sua città avevano ordinato all’ospedale di costringerlo ad assumere quei farmaci. Quando dopo un mese è stato rilasciato le sue condizioni mentali erano visibilmente danneggiate. Da allora, è diventato un obiettivo della sorveglianza governativa. In settembre la polizia è tornata a casa sua, minacciando di infliggergli una pesante condanna se avesse presentato altre petizioni.
In Cina casi come questi non sono affatto isolati e da anni dissidenti, credenti o firmatari di petizioni vengono incarcerati negli ospedali psichiatrici. Per gli agenti delle forze dell’ordine questo è un modo facile per guadagnare denaro extra dalle strutture che gestiscono i «facinorosi» e inoltre permette loro di dimostrare ai superiori che lavorano «in modo efficace».
Un membro dello staff di un ospedale psichiatrico nella città di Dezhou nello Shandong ha riferito a Bitter Winter che abbastanza spesso agenti di polizia portano nella struttura sanitaria persone incappucciate, ammanettate e in catene per le «cure».
Il dipendente dell’ospedale ha detto: «Quando arrivano l’ospedale li cura indipendentemente dal fatto che siano malati o meno. Se si rifiutano di assumere i farmaci vengono costretti a farlo. Il regime non tollera i firmatari di petizioni che vengono definiti “malati di mente”. Quando vengono portati qui le loro condizioni mentali sono normali, ma si deteriorano dopo la “cura”».
Un anziano ricorda di essere stato ricoverato tre volte per aver presentato una petizione a Pechino. La famiglia ha dovuto pagare tutte le spese mediche. La terza volta, è stato rilasciato solo dopo che i suoi familiari hanno sottoscritto una dichiarazione promettendo che l’uomo non avrebbe più presentato altre petizioni.
Il dipendente dell’ospedale ha aggiunto: «In realtà pochissime persone ricoverate qui sono davvero malate. Questo può sembrare un ospedale, ma in realtà non è diverso da un carcere. Il cancello è bloccato con grosse catene d’acciaio e non è possibile fuggire, inoltre, per rendere i pazienti fisicamente deboli, viene dato loro poco cibo».
Insieme ai firmatari e ai dissidenti, anche i credenti vengono spesso internati negli ospedali psichiatrici. L’internamento in queste strutture è uno degli strumenti che il regime utilizza per costringerli a rinunciare alle loro convinzioni religiose.
Secondo un dipendente di un ospedale psichiatrico situato nella Regione autonoma del Guangxi Zhuang, non appena i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO) vengono ricoverati, l’ospedale inizia immediatamente la «cura» senza alcun test o esame preliminare. I medici della struttura sostengono di avere una «cura speciale» per i credenti.
Una fedele della CDO ha ricordato la sua dolorosa esperienza in un ospedale psichiatrico nel 2017: «Per costringermi a prendere le pillole, due medici maschi mi hanno bloccata su una scrivania e poi mi hanno inflitto delle scosse sulla schiena e sulle mani con i manganelli elettrici. Tutto il mio corpo tremava per il dolore. Non potevo quasi respirare e non riuscivo a controllare la vescica. Le torture sono cessate solo quando ho accettato di prendere le medicine».
Durante il ricovero protrattosi per oltre un mese, la donna ha ricevuto sei trattamenti d’urto e in due occasioni è svenuta. I medici l’hanno anche minacciata dicendole che, se avesse continuato a praticare la sua fede, il figlio avrebbe perso il lavoro. Appena la donna è stata dimessa, anche se era ancora debole, si è immediatamente nascosta per evitare altri arresti.
La donna ha ricordato: «A causa delle scosse elettriche la mia memoria è diminuita e spesso le mani e i piedi perdevano sensibilità. Ho iniziato a sentirmi un po’ meglio solo sei mesi dopo».
Una fedele della CDO della città di Tianmen, nella provincia centrale dell’Hubei, ha trascorso 157 giorni in un ospedale psichiatrico. La donna ha ricordato: «Un medico mi ha detto che in ragione della mia fede ero una paziente psichiatrica e che non c’era alcun bisogno di sottopormi a ulteriori test». Una volta, tre infermiere l’hanno costretta ad assumere farmaci prescritti ai malati di mente anche se hanno ammesso che non presentava i sintomi correlati alle patologie mentali. Secondo le infermiere queste erano le regole dell’ospedale e hanno minacciato di legarla se avesse rifiutato le cure.
Chinese Human Rights Defenders, una coalizione di ONG cinesi e internazionali, nel suo briefing nel 2016 ha denunciato: «L’internamento nelle strutture psichiatriche è una forma comune di ritorsione e punizione comunemente impiegata dalle autorità contro gli attivisti e i critici del governo. Tale pratica persiste sebbene sia verosimilmente illegale ai sensi della prima Legge sulla salute mentale emanata tre anni orsono, il 1° maggio 2013».
Ogni anno migliaia di persone vengono rinchiuse per punizione negli ospedali psichiatrici. Uno dei casi più recenti è quello di Dong Yaoqiong, la «ragazza dell’inchiostro» che aveva diffuso in streaming un video in cui deturpava un poster di Xi Jinping. La donna è stata rilasciata il 19 novembre dopo aver trascorso più di un anno in un ospedale psichiatrico.