Massimo Introvigne
Ogni cinque anni, tutti i Paesi devono sottoporsi all’esame delle Nazioni Unite che ne vaglia lo stato dei diritti umani. L’esame della situazione in Cina avverrà il 6 novembre e il primo rapporto che la riguarda ne evidenzia la violazione massiccia della libertà religiosa.
La Revisione Periodica Universale è una procedura in base alla quale ciascuno Stato membro delle Nazioni Unite deve sottoporsi, ogni cinque anni, a un esame di come e quanto rispetti i diritti umani davanti al Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, a Ginevra. La data fissata per la Cina è il 6 novembree l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha già pubblicato un primo documento importante è stato pubblicato. È una sintesi di ciò che l’Alto Commissariato ritiene siano i risultati più importanti presentati dai rapporti stilati dalle Ong sulla Cina.
Il documento è necessariamente breve e affronta tutti gli aspetti dei diritti umani. Mmolto di quanto citato nei rapporti delle Ong riguarda peraltro la libertà religiosa.
Per quanto concerne il Tibet, il rapporto nota che la «Cina prosegue l’aggressione e impiega la tortura contro i difensori dei diritti umani tibetani, coerentemente con la negazione dell’autodeterminazione dei tibetani. La Cina applica politiche e pratiche che negano ai buddisti tibetani il diritto della libertà religiosa. Per assimilare i tibetani alla cultura cinese, le autorità si sono servite di scuole “sino-centriche” come metodo.
Viene anche riportato che «all’incirca dall’aprile 2016, decine di migliaia di uiguri e di appartenenti ad altre minoranze etniche sono stati inviati in “centri di educazione politica” illegali, in cui sono detenuti e segregati senza processo e senza capi d’accusa per un tempo indefinito.
In generale, la «legge cinese limita la libertà religiosa attraverso due norme: 1) la Normativa sugli affari religiosi e 2) l’articolo 300 del Codice penale che permette solo alle organizzazioni religiose autorizzate dallo Stato di riunirsi. […] La legge cinese nega la libertà di religione e di credo dato che nell’articolo 300 del Codice penale cinese sancisce che essere attivi in gruppi classificati come xie jiao è un crimine punito con un periodo di carcere dai tre ai sette anni o anche di più». Ecco un esempio dell’applicazione di queste leggi: «Dal 2014 al 2018 la sorveglianza, l’arresto e la persecuzione a opera del Partito Comunista Cinese hanno causato la fuga dalle proprie case di almeno 500mila cristiani della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO) e per questo diverse centinaia di migliaia di famiglie sono state distrutte».