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Cos’hanno in comune il coronavirus e la rivolta dei Boxer?

09/05/2020Ye Jiajia |

Per 39 anni la Cina ha pagato un indennizzo ai Paesi che hanno sedato la rivolta. Ora il PCC afferma che le attuali richieste di risarcimento sono «un nuovo indennizzo per i Boxer»

di Ye Jiajia

Indice:

  • Come il PCC manipola il nazionalismo
  • La rivolta dei Boxer e l’indennizzo
  • Rinasce l’estremismo nazionalista
  • L’educazione nazionalista e l’indottrinamento stimolano l’odio
COVID-19 e Protocollo dei Boxer
Il COVID-19 e il Protocollo dei Boxer (Immagine composita)

Come il PCC manipola il nazionalismo

Quella del COVID-19 si è trasformata in pandemia diffondendosi in tutto il mondo a causa dell’occultamento da parte del PCC delle informazioni sull’epidemia. Sempre più organismi politici e rappresentanti della società civile in diversi Paesi stanno prendendo provvedimenti per chiedere alla Cina un risarcimento di trilioni di dollari. Il 2020 è un anno gengzi (庚子 年), trentasettesimo nel tradizionale ciclo sessantennale del calendario lunare e dunque ricorre ogni 60 anni. È un anno in cui, si dice, la storia si ripeta. Il 7 aprile The Global Times, uno dei portavoce del PCC, ha ripubblicato un articolo di Li Haidong, professore nella China Foreign Affairs University intitolato «Who Is Scheming for Another Boxer Indemnity?». Per incitare i sentimenti nazionalisti, l’articolo suggerisce che le richieste di risarcimento provenienti da vari Paesi equivalgano all’indennità che la Cina ha dovuto pagare dopo la rivolta dei Boxer del 1900.

In aprile, nel corso di una lezione ideologica e politica online avente a tema «l’istruzione sulla sicurezza dello Stato» tenuta da una scuola media nella città di Heze nella provincia orientale dello Shandong, la posizione occidentale sulla crisi COVID-19 è stata paragonata alla guerra contro i Boxer.

Uno studente ha riferito a Bitter Winter: «L’insegnante ha detto che i Paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti d’America, si sono messi d’accordo per chiedere alla Cina di scusarsi e di risarcire i danni e che l’imperialismo non ha rinunciato alla sua selvaggia ambizione di soggiogare [il nostro Paese]. Così ora, sta ripetendo gli atti aggressivi commessi con il Protocollo dei Boxer e il relativo indennizzo». Lo studente ha poi aggiunto: «L’insegnante ha anche detto che i Paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti calunniano la Cina e scaricano la colpa della crisi sul popolo cinese».

Uno studente di scuola media
Uno studente di scuola media segue una lezione ideologica e politica online (fotografia tratta da internet)

La rivolta dei Boxer e l’indennizzo

In Occidente la rivolta dei Boxer è in gran parte dimenticata, ma in Cina essa è ancora un ricordo vivo e doloroso. «Boxer» era il soprannome dei membri della milizia Uniti nella giustizia, un movimento xenofobo e anticristiano fondato nello Shandong nell’ultimo decennio del XIX secolo e che si era poi esteso ad altre regioni del Paese. Nel 1897, i rivoltosi avevano iniziato ad attaccare le chiese e a uccidere sia missionari stranieri sia cristiani cinesi. Alla fine del 1900 più di 30mila cristiani erano stati uccisi dai Boxer.

Le proteste delle chiese cristiane portarono all’intervento prima diplomatico e poi militare delle potenze occidentali unite nell’Alleanza delle otto nazioni, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Germania, Impero austro-ungarico, Francia, Giappone e Italia. Il Giappone aveva partecipato perché i Boxer avevano attaccato l’ambasciata giapponese a Pechino, come anche altre ambasciate straniere. Sebbene i Paesi Bassi, il Belgio e la Spagna non facessero parte dell’Alleanza anche le loro truppe erano state coinvolte nel conflitto. L’imperatrice vedova Cixi (1835-1908) era stata inizialmente ostile ai Boxer, ma in seguito aveva cambiato idea e nel 1900 sosteneva il movimento e aveva dichiarato guerra a tutte le potenze straniere.

Milizie dei Boxer a Tientsin
Milizie dei Boxer a Tientsin

All’interno del governo Qing dell’imperatrice Cixi, molti credevano che i Boxer fossero protetti dagli spiriti e quindi invulnerabili. Cixi aveva elogiato i Boxer definendoli «figli fedeli del governo imperiale» e riteneva che essi sarebbero stati in grado di liberare il Paese da tutte le pressioni occidentali. Su suo ordine, i Boxer si erano ribellati per «sostenere la dinastia Qing e annientare l’Occidente» come recitava il principale slogan del movimento. «Annientare l’Occidente» significava annientare tutto ciò che concerne l’influenza e la cultura «occidentali». I Boxer hanno ucciso uomini, donne e bambini occidentali sostenendo di essere stati autorizzati a farlo dal governo Qing. Nemmeno i cinesi che si erano convertiti alle religioni «occidentali» venivano risparmiati. I beni e le proprietà degli occidentali sono stati completamente distrutti. I Boxer hanno ucciso missionari, ingegneri, cristiani cinesi e le loro famiglie. Hanno dato alle fiamme chiese, distrutto ferrovie, bruciato stazioni ferroviarie, tagliato cavi telegrafici, abbattuto pali elettrici, demolito ponti, attaccato scuole, distrutto ospedali, uffici postali e macchine, affondato navi, bruciato farmacie occidentali, derubato banche e attaccato le redazioni dei giornali. I Boxer facevano irruzione nelle abitazioni uccidendo le persone e incendiando interi villaggi. Per un certo periodo, la zona di Pechino e altre parti della Cina sono state avvolte dal cosiddetto «terrore rosso» (i Boxer indossavano sciarpe rosse come copricapo e portavano cinture rosse attorno alla vita).

Dopo una guerra che ha causato più di 100mila vittime, le potenze straniere hanno sconfitto la
Cina e i Boxer. Entrambe le parti hanno commesso atrocità e le massicce esecuzioni di civili che le truppe straniere credevano essere Boxer sono tuttora un doloroso ricordo.

Il 7 settembre 1901 l’imperatrice Cixi aveva acconsentito a firmare un trattato di pace noto come Protocollo dei Boxer. La Cina ha dovuto accettare la presenza di truppe straniere sul suo territorio, l’esecuzione di diversi ufficiali considerati responsabili della ribellione e il pagamento di un «indennizzo». Quest’ultimo doveva essere pagato alle potenze straniere che avevano preso parte alla guerra per 39 anni e ammontava a 333 milioni di dollari statunitensi dell’epoca, una somma che alcuni storici ritengono sia equivalente a 61 miliardi di dollari attuali. Si trattava di un risarcimento per le vittime tra espatriati e mercanti stranieri, cristiani e fedeli di gruppi religiosi stranieri e cinesi, nonché per le enormi spese sostenute dalle varie nazioni per inviare le truppe.

ultima pagina del Protocollo dei Boxer
L’ultima pagina del Protocollo dei Boxer con le firme

Nei libri di testo cinesi il Protocollo dei Boxer è definito un «trattato ineguale» che ha umiliato la nazione privandola della sovranità. L’indennità Boxer viene descritta come una vergogna nazionale. Questo evento è sempre stato considerato dal PCC uno strumento importante nell’educazione «patriottica» e utilizzato per suscitare l’odio nazionalistico nei confronti dei Paesi occidentali.

Rinasce l’estremismo nazionalista

Grazie alla continua propaganda nazionalistica, il PCC ha trasformato con successo la crisi del coronavirus in una battaglia patriottica contro i Paesi occidentali. La scrittrice cinese Fang Fang ha recentemente pubblicato un libro intitolato Wuhan Diary, una cronaca quotidiana di vita e morte scritta nella sua città natale durante l’epidemia di coronavirus. La scrittrice è stata aspramente biasimata dai nazionalisti cinesi che l’hanno accusata di «aver fornito un coltello alle forze occidentali anti-cinesi» e di essere una «traditrice» che ha diffamato l’immagine eroica di Wuhan.

Nel mezzo della pandemia che ha colpito i Paesi occidentali, alcuni cinesi sono arrivati al punto di innalzare uno striscione per celebrare la diffusione del virus negli Stati Uniti. I netizen cinesi hanno commentato che si è trattato di una conseguenza perniciosa dell’educazione all’odio del PCC.

Le conseguenze della pandemia causata dal PCC sono state trasformate dal regime in un movimento patriottico che chiede ai cinesi di amare la Cina opponendosi all’Occidente. La propaganda del PCC e le agenzie che si occupano dell’indottrinamento hanno ripetutamente affermato che l’Occidente è nemico della Cina e hanno citato come prova l’indennizzo pagato dalla Cina dopo la rivolta dei Boxer.

L’educazione nazionalista e l’indottrinamento stimolano l’odio

Per risolvere le crisi il regime si è sempre avvalso delle armi magiche costituite dall’indottrinamento, dall’incitamento e dall’uso del sentimento nazionale.

Dopo i fatti di piazza Tiananmen, gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali avevano imposto delle sanzioni al regime comunista cinese. Secondo il PCC tali sanzioni proverebbero che «i Paesi occidentali non hanno rinunciato alla loro selvaggia ambizione di soggiogarci [il nostro Paese]» esattamente come è accaduto con l’indennità per la rivolta dei Boxer.

Questo concetto è stato ribadito anche nel corso della guerra commerciale sino-americana. Il PCC ha proclamato: «Le forze anti-cinesi degli Stati Uniti non hanno rinunciato alla loro selvaggia ambizione di soggiogare la Cina», «gli Stati Uniti sono gelosi dell’ascesa della Cina», «i prezzi elevati in Cina e gli alti prezzi delle case sono causati dalla guerra valutaria degli Stati Uniti», «La guerra commerciale condotta dagli Stati Uniti serve a bloccare la Cina e mira a impedirle di diventare potente» e così via.

Il PCC utilizza regolarmente il nazionalismo per risolvere i problemi interni causati dalla propria autocrazia. Durante la protesta democratica a Hong Kong, il regime ancora una volta ha accusato i cittadini di essere separatisti anti-patriottici. Le richieste democratiche di milioni di abitanti di Hong Kong sono state attribuite all’interferenza di forze occidentali mal intenzionate. Alcuni studenti cinesi hanno anche pubblicato commenti violenti, chiedendo alla Cina di «usare i carri armati per schiacciare gli abitanti di Hong Kong».

Il cittadino-giornalista Li Zehua, arrestato per aver filmato la situazione a Wuhan nel corso dell’epidemia, ha paragonato la gioventù cinese al personaggio principale del film The Truman Show il cui protagonista ha vissuto nella finzione per tutta la vita. Molti commentatori, tra cui il professor Xu Yunren che sta conducendo una ricerca a lungo termine sul totalitarismo, hanno utilizzato la trama di questo film per analizzare l’ambiente politico e sociale in Cina.

Liu Xiaobo, il defunto attivista per i diritti umani e noto scrittore, aveva analizzato in un suo articolo le misure autocratiche del PCC, ossia il controllo dell’opinione pubblica e il suo indottrinamento con l’odio. Spesso il PCC utilizza il nazionalismo per seminare nella mente del popolo cinese odio e vergogna misti a complessi sia di inferiorità sia di superiorità, inoltre il regime diffonde sistematicamente menzogne e pregiudizi contro i Paesi occidentali. La rivolta dei Boxer, un evento storico complesso, si riduce a una mera contrapposizione in bianco e nero tra cinesi intrinsecamente «buoni» e stranieri «malvagi», e viene proposta come paradigma per comprendere l’attuale crisi.

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Ye Jiajia

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