Spesso le autorità cinesi prendono di mira cristiani e cittadini cinesi fuggiti all’estero, ma poi tornati in patria.
Nell’agosto 2017, Jiang Han (pseudonimo) è tornato in Cina. Fedele della Chiesa di Dio Onnipotente, un nuovo movimento religioso cristiano cinese, è tornato in patria dopo esserne fuggito diversi anni fa.
Viveva da alcuni parenti, visto che sapeva che le autorità sorvegliavano la sua abitazione. Infatti, a novembre, ha ricevuto la notizia che agenti della stazione di polizia della città di Puyang, nello Henan, si erano recati a casa sua per arrestarlo. I poliziotti hanno scoperto subito che Jiang abitava dai parenti, ma, prima che lo potessero arrestare, l’uomo era già scappato.
La polizia ha minacciato anche i suoi parenti e oggi Jiang conduce una vita molto difficile. Non può utilizzare alcun servizio governativo e, a ogni passo, deve nascondere la propria identità.
Lo stesso anno, Wu Huabiao, un altro fedele della stessa Chiesa si è trovato nella medesima situazione angosciosa. Era fuggito in Giappone, ma aveva dovuto tornare in Cina per sottoporsi a cure mediche. Nel momento in cui ha fatto richiesta all’ospedale, le autorità sono state avvisate ed è stato subito arrestato, anche se soffriva di emiparesi.
Negli ultimi anni, questi casi di persecuzione contro i cristiani sono diventati comuni perché il PCC tenta di impedirne la fuga all’estero. Se uno di loro riesce però ugualmente a fuggire, le autorità fanno tutto il possibile per rimpatriarlo. E questo perché i cristiani vengono arrestati e torturati nel tentativo di estorcerne informazioni.
Nel 2015 la polizia ha arrestato Li, anch’egli fedele della Chiesa di Dio Onnipotente, al suo ritorno in Cina dalla Corea del Sud. Li è stato torturato giorno e notte per una settimana. Anche la sua famiglia è stata minacciata e l’uomo è stato obbligato a lavorare sotto copertura come agente del PCC in Corea del Sud. Gli è stato intimato di fornire i nomi di altri fedeli della Chiesa e dettagli sui suoi dirigenti di alto livello.
Servizio di Jiang Tao