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Cronologia del coronavirus: il responsabile è il PCC. Ecco le prove

29/03/2020Massimo Introvigne |

Chi cercasse la pistola fumante l’ha trovata. Una successione di ritardi, insabbiamenti e fake news provano come il mondo debba incolpare il PCC dell’attuale epidemia mortale

Massimo Introvigne

Ospedali durante la pandemia di COVID 19
(Mehr News Agency – CC BY 4.0)

*Questa cronologia si basa in parte su quella stilata da The Daily Wire, cui si sono aggiunti ulteriori fatti e link

17 novembre 2019: a Wuhan viene individuato il primo caso di quello che sarebbe poi stato identificato come COVID-19

10 dicembre: il cinquantasettenne Wei Guixian, un commerciante nel reparto del pesce del mercato degli animali di Wuhan, risulta malato, accusando quelli poi identificati come sintomi di COVID-19

26 dicembre: i dati dei pazienti di Wuhan vengono inviati a diverse aziende cinesi che si occupano di genomica, aziende in grado di rilevare nuovi virus. A quanto sembra, almeno una di queste aziende ha ricevuto ordine di interrompere i test e di distruggere i materiali

27 dicembre: Zhang Jixian, medico nell’Ospedale provinciale di medicina integrata cinese e occidentale dell’Hubei, comunica alle autorità sanitarie cinesi di essere convinto che la malattia fosse causata da un nuovo coronavirus

31 dicembre: alcuni funzionari cinesi comunicano alla sede cinese dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che a Wuhan erano stati registrati casi di «una nuova forma di polmonite». Contemporaneamente la censura di Internet imposta dal PCC inizia a bloccare le ricerche per «polmonite ignota a Wuhan», «mutazione della SARS», «mercato degli animali di Wuhan» e simili

1° gennaio 2020: otto medici che avevano lanciato l’allarme per un’epidemia causata da un nuovo coronavirus a Wuhan, fra cui il dottor Li Wenliang (1986-2020), poi morto a causa di questo morbo, vengono arrestati e interrogati dalla polizia del Partito per «aver diffuso dichiarazioni false». Li è stato costretto a firmare una lettera di scuse

1° gennaio: la Commissione per la sanità dell’Hubei impone a tutte le aziende che si occupano di genomica contattate il 26 dicembre di interrompere i test e di distruggere i materiali ricevuti (che avrebbero costituito la prova che dati sul virus erano disponibili già dalla fine di dicembre)

1° gennaio: le autorità chiudono il mercato degli animali di Wuhan, senza effettuare tamponi sui singoli animali e sulle gabbie, e senza prelevare il sangue a chi vi lavorasse né controllare in altro modo se quelle persone potessero essere state infettate

3 gennaio: la Commissione nazionale cinese per la sanità emette un ordine di non pubblicazione, impedendo così a tutte le istituzioni mediche del Paese di rivelare informazioni relative alla malattia

5 gennaio: il professor Zhang Yongzhen, del Centro clinico per la salute pubblica di Shanghai, fornisce alle autorità cinesi la sequenza genomica del virus

5 gennaio: la Commissione comunale per la sanità di Wuhan smette di pubblicare gli aggiornamenti quotidiani sui nuovi casi di malattia

9 gennaio: l’OMS rilascia una dichiarazione sulla situazione di Wuhan lasciando intendere che sia attivo un nuovo virus

10 gennaio: la Televisione Centrale Cinese trasmette una dichiarazione di Wang Guangfa, importante esperto del governo in materia di Sanità, che afferma che la «polmonite di Wuhan» è «sotto controllo» e presente per lo più «in forma lieve» (11 giorni più tardi, a quel che si dice, lo stesso esperto del governo risulta positivo al tampone)

11 gennaio: il laboratorio di Shanghai del professor Zhang Yongzhen, che aveva fornito la sequenza genomica del virus, viene chiuso per essere “rettificato” dalla Commissione per la sanità cittadina dopo che Zhang ha messo online i dati scoperti onde metterli a disposizione della comunità scientifica internazionale. Solo dopo questo atto (per il quale il professore è stato appunto punito) la Commissione nazionale per la sanità annuncia l’intenzione di condividere la sequenza (in quel momento già disponibile online) con l’OMS

12 gennaio: per la prima volta la Commissione nazionale per la sanità condivide le informazioni sulla genomica del virus con l’OMS. Le informazioni erano disponibili sin dal 5 gennaio

14 gennaio: l’OMS (e non le autorità cinesi) avanzano l’ipotesi che il virus si stia trasmettendo da uomo a uomo

14 gennaio: i giornalisti che cercano di realizzare un servizio sull’esplosione dell’epidemia nell’ospedale Jinyintan di Wuhan vengono bloccati dalla polizia del regime comunista, che sequestra loro videocamere e telefoni

15 gennaio: la Cina risponde all’OMS attraverso una dichiarazione del dottor Li Qun, responsabile del Centro cinese per il controllo delle malattie e del Centro d’emergenza per la prevenzione, il quale comunica che, secondo i rilevamenti, il rischio di trasmissione da uomo a uomo è «basso»

17 gennaio: la Commissione comunale per la sanità di Wuhan ripristina gli aggiornamenti quotidiani sui nuovi casi di coronavirus, interrotti il 5 gennaio

18 gennaio: nonostante l’esplosione del virus, la città di Wuhan ospita un banchetto dove ciascuno degli ospiti porta una pietanza. Partecipano più di 40mila famiglie per far concorrenza al Guinness dei primati per il maggior numero di piatti serviti a un evento. L’amministrazione cittadina ha annunciato di aver distribuito 200mila biglietti gratuiti agli abitanti per le celebrazioni della Festa del nuovo anno lunare

20 gennaio: il dottor Zhong Nanshan, autorevole esperto di SARS, afferma in un’intervista televisiva che la trasmissione da uomo a uomo è reale e che le autorità si sono dimostrate negligenti nel diffondere le informazioni sul virus

20 gennaio: il sindaco di Wuhan Zhou Xianwang ammette di non aver diffuso tutte le informazioni sul virus in possesso dell’amministrazione cittadina, aggiungendo però di avere seguito le «regole di Pechino»

20 gennaio: viene decretato l’isolamento di Wuhan, ma solo dopo che circa 5 milioni di persone hanno già lasciato la città senza essere state sottoposte al tampone

6 febbraio: il presidente Xi Jinping dà personalmente l’ordine di intensificare la censura su Internet per tutto ciò che riguarda il virus e di chiudere i profili WeChat di chiunque esprima critiche al regime

6 febbraio: scompare l’avvocato e “giornalista civico” Chen Qiushi, che ha postato su Internet un video in cui si vedono ospedali sovraffollati e famiglie in preda al panico

7 febbraio: il dottor Li Wenliang, il medico che aveva dato l’allarme sul nuovo coronavirus (e che per questo era stato arrestato), muore proprio di coronavirus. Si è discusso se Li, che aveva partecipato a una chat cristiana, si fosse veramente convertito al cristianesimo

9 febbraio: Fang Bin, un altro “giornalista civico” che aveva postato alcuni video sull’epidemia non autorizzati, “scompare” a Wuhan

15 febbraio: il presidente Xi Jinping inasprisce ulteriormente la censura su Internet per qualsiasi cosa riguardi il virus

15 febbraio: l’attivista per i diritti umani Xu Zhiyong, che aveva chiesto pubblicamente al presidente Xi Jinping di scusarsi per avere insabbiato le notizie sul virus e quindi di dimettersi, viene arrestato

16 febbraio: il docente universitario Xu Zhangrun viene posto agli arresti domiciliari con il divieto di usare Internet dopo che ha pubblicato un saggio in cui afferma che «l’epidemia di coronavirus ha rivelato il cuore marcio del regime cinese»

16 febbraio: un documento postato da due scienziati cinesi, il dottor Botao Xiao della South China University of Technology di Guangzhou, e il dottor Lei Xiao, della Wuhan University of Science and Technology, nel database internazionale per la ricerca ResearchGate, in cui suggeriscono che il virus possa essersi originato da alcuni pipistrelli provenienti da due laboratori di Wuhan (e non da pipistrelli selvatici), “scompare” da ResearchGate

19 febbraio: la Cina espelle tre giornalisti di The Wall Street Journal che stavano realizzando dei servizi sull’epidemia

26 febbraio: l’agenzia stampa statale Xinhua annuncia la pubblicazione di un libro del Dipartimento centrale per la propaganda del PCC che sarà tradotto in sei lingue e che spiega come «l’eccezionale leadership, propria di un capo grande e potente», del presidente Xi Jinping abbia sconfitto il virus

8 marzo: le ambasciate cinesi di tutto il mondo ricevono espressa istruzione di promuovere l’idea che il virus non abbia avuto origine in Cina

12 marzo: il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian dichiara pubblicamente che il virus non ha avuto origine a Wuhan, né peraltro in Cina, bensì vi è giunto dagli Stati Uniti d’America attraverso i soldati che hanno preso parte ai Giochi militari di Wuhan a ottobre

14 marzo: il magnate cinese Ren Zhiqiang “scompare” a Pechino dopo aver postato commenti critici sulla gestione della crisi del coronavirus da parte del presidente Xi Jinping

18 marzo: il governo annuncia che saranno espulsi altri 13 giornalisti di The New York Times, The Washington Post e The Wall Street Journal

19 marzo: la Sicurezza pubblica di Wuhan si scusa con la famiglia del dottor Li Wenliang, ammettendo che la sua detenzione è stata «inappropriata» e dichiarando che i due agenti che «hanno gestito malamente» il caso sono stati sottoposti a provvedimento disciplinare

22 marzo: il Global Times, quotidiano controllato dal PCC, citando in maniera errata un’affermazione del farmacologo italiano Giuseppe Remuzzi, proclama che il virus non ha avuto origine in Cina (e neppure negli Stati Uniti), ma in Italia

Contrassegnato con: coronavirus

Massimo Introvigne

Massimo Introvigne (Roma, 14 giugno 1955) è un sociologo italiano delle religioni. È il fondatore e il direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), una rete internazionale di studiosi di nuovi movimenti religiosi. Autore di una settantina di libri e di più di 100 articoli nel campo della sociologia della religione, è stato l’autore principale dell’Enciclopedia delle religioni in Italia. Membro del comitato editoriale dell’Interdisciplinary Journal of Research on Religion e del comitato direttivo di Nova Religio, pubblicato alla University of California Press, dal 5 gennaio al 31 dicembre 2011 ha avuto nell’ambito dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) il ruolo di “Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni”. Dal giugno 2012 al dicembre 2016 è stato coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa, istituito dal ministero degli Esteri italiano per monitorare lo stato della libertà religiosa a livello mondiale.

www.cesnur.org/

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