Nei mesi scorsi, le autorità cinesi hanno chiuso molti templi buddhisti nella città di Gongyi, nella provincia dell’Henan.
Alla fine di marzo, il tempio millenario di Luohan, nella cittadina di Jiajinkou, è stato chiuso poiché dichiarato «non autorizzato» dall’Ufficio degli Affari Religiosi e dall’Ufficio del Lavoro del Fronte Unito. Il tempio è stato costruito oltre 1600 anni fa durante la dinastia Jin orientale. Nel 2009 i residenti del villaggio di Dinggou hanno deciso di restaurarne la sala principale e per finanziare il progetto hanno raccolto circa 4 milioni di renminbi. I lavori sono stati completati nel luglio 2011 e il luogo è diventato un importante centro di preghiera. Numerosi fedeli giungevano da città e villaggi per bruciare incenso all’interno del tempio. Quando è stato chiuso, al suo interno sono rimasti solo due o tre monaci di guardia e il luogo ha perso il suo fascino.
Il 21 aprile l’Ufficio degli Affari Religiosi di Gongyi ha chiuso anche i templi di Jinding e Zushi nel villaggio di Caigou dipendente dalla città di Heluo, anch’essi considerati «non autorizzati». Al momento i due templi sono sbarrati e all’ingresso è affisso un avviso che dice: «Interruzione delle attività in edifici non-religiosi».
Gli abitanti del luogo sono profondamente addolorati per la chiusura dei templi. L’abitante di un villaggio ha dichiarato: «Stanno chiudendo i templi ed è il governo ad avere l’ultima parola. Devono essere chiusi».
Alle 17,00 del 23 aprile, l’amministrazione della città di Mihe ha ordinato la chiusura del tempio di Shengmu nel villaggio di Tieshan. Su pressione delle autorità, Wang Qi, responsabile della struttura, è stato obbligato a chiuderne le porte, a fuggire dall’area e a nascondersi. Una manifestazione religiosa di 3 giorni, prevista per il 24 aprile, è stata annullata. Il 9 maggio Wang Qiang (45 anni), segretario del villaggio di Tieshan, ha ordinato di rimuovere i versi posti all’entrata del tempio.