La dott.ssa Cristina Calvani, laureatasi con la prima tesi al mondo sui rifugiati della Chiesa di Dio Onnipotente, discute con Bitter Winter della loro posizione giuridica in Italia e dei motivi per cui spesso per loro è difficile ricevere asilo
Massimo Introvigne
La dott.ssa Cristina Calvani si è laureata il 29 ottobre in Scienze dell’integrazione e Sicurezza Sociale nell’Università di Perugia, in Italia, discutendo con successo una tesi intitolata I cinesi richiedenti asilo in Italia per motivi religiosi: la Chiesa di Dio Onnipotente. La tesi di laurea magistrale della Calvani è la prima esplorazione accademica a livello mondiale dei problemi incontrati dai rifugiati della Chiesa di Dio Onnipotente. La sua ricerca ha implicazioni che vanno ben oltre l’Italia, in quanto i rifugiati cinesi tendono a incontrare problemi simili in un certo numero di Paesi.
Il sistema italiano che si occupa dei richiedenti asilo inizia (o iniziava, visto che entrerà presto in vigore una nuova legge e la situazione cambierà) con i cosiddetti hotspot e con lo SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Può spiegare come funziona questo sistema e perché è oggetto di critiche?
In Italia il processo di hosting dei rifugiati si basa su due livelli. Il primo viene implementato immediatamente dopo che il richiedente asilo ha messo piede sul territorio italiano. Accompagna il rifugiato in una specifica struttura chiamata “hotspot“, creata in Europa per sostenere e per facilitare il compito dei Paesi esposti a importanti flussi migratori. All’interno degli hotspot, i rifugiati vengono rapidamente identificati, registrati, ne sono rilevate le impronte digitali e viene effettuato un controllo sanitario. All’interno dell’hotspot, i rifugiati vengono informati sui loro diritti e, naturalmente, sulla possibilità di richiedere protezione internazionale.
Il secondo livello del processo di hosting è (o era) il cosiddetto SPRAR, che consiste in una serie di servizi per i rifugiati, come per esempio vitto e alloggio, consulenza legale, mediazione linguistica e culturale, orientamento sociale e lavorativo, al fine di aiutarli a raggiungere il più presto possibile l’autosufficienza.
I sistemi SPRAR spesso non sono completamente funzionanti, principalmente a causa della mancanza di personale dotato delle specifiche abilità linguistiche necessarie per queste situazioni. Queste strutture non sono per esempio in grado di occuparsi dei cinesi che arrivano in Italia in aereo. Spesso gli SPRAR non hanno finanziamenti e il loro ruolo viene assunto dalle ONG, ma talvolta il numero dei richiedenti asilo è troppo elevato per essere gestito dalle ONG. Inoltre, come lei ha accennato, il ruolo degli SPRAR sarà ulteriormente ridotto dalla nuova legge. Solo a coloro che hanno già ottenuto la protezione internazionale verrà consentito di avvalersi dei servizi degli SPRAR. Gli altri saranno inviati nei normali “centri di accoglienza” per i migranti.
Nella sua tesi lei menziona i problemi di traduzione che incontrano i richiedenti asilo cinesi. Quanto sono seri?
Nel corso delle interviste che ho effettuato per preparare la tesi, gli operatori della ONG “A Buon Diritto” hanno esposto i numerosi problemi che incontrano nel dare assistenza ai richiedenti asilo cinesi. Quelli linguistici e di comunicazione sono sicuramente i più importanti. Mi hanno per esempio raccontato di un episodio specifico in cui hanno dovuto utilizzare il traduttore di Google per supplire alla mancanza di conoscenza della lingua cinese; e tutti sappiamo che il traduttore di Google non è uno dei metodi più affidabili per tradurre. Il risultato è stato esilarante, in quanto Google ha tradotto la parola “asilo” in italiano, basandosi sul suo significato (in inglese e italiano), come “ospedale psichiatrico”. Così Google ha tradotto le parole di un rifugiato della Chiesa di Dio Onnipotente che intendeva dire: «Cerco asilo in Italia per motivi religiosi» con «Cerco un ospedale psichiatrico religioso in Italia». Davvero divertente, ma anche motivo di preoccupazione per la totale inadeguatezza degli operatori italiani nel gestire le richieste dei cinesi richiedenti asilo per motivi religiosi, un fenomeno che in Italia è nuovo. Il loro arrivo sul nostro territorio ha colto impreparati tutti coloro che lavorano nel processo di hosting, principalmente per ragioni linguistiche.
Lei afferma che il numero dei richiedenti asilo cinesi in Italia sta crescendo. Quanto è significativa questa tendenza?
I cinesi che cercano asilo per motivi religiosi in Italia sono un fenomeno recente. Tuttavia, dal 2015, anno in cui è iniziato questo flusso, il loro numero è cresciuto in modo significativo. Il rapporto Global Trends dell’ACNUR/UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) stima che dal 2010 al 2015 il numero di richiedenti asilo cinesi sia già aumentato di cinque volte. Nonostante i problemi relativi all’interpretazione di questo fenomeno, anche il numero di cinesi che hanno ottenuto lo status di rifugiato in Italia è aumentato tra il 2011 e il 2016, chiaro segno del fatto che l’Italia ha riconosciuto il problema. Tuttavia le statistiche più recenti mostrano un’importante inversione di tendenza, evidenziando che negli ultimi due anni le Commissioni hanno respinto l’88% delle richieste. Ciò significa che solo un richiedente asilo cinese su dieci ottiene una qualche forma di protezione. Di conseguenza, i richiedenti asilo cinesi stanno diminuendo, forse perché vengono scoraggiati da frequenti respingimenti e perché preferiscono rimanere illegalmente in Italia senza chiedere asilo. Infatti, nel 2017, nelle statistiche ufficiali i cinesi erano inclusi nella categoria “altri”, come se fossero un elemento residuale. Queste ultime cifre sono certamente significative: alcuni degli avvocati che ho intervistato hanno sottolineato le gravi carenze delle Commissioni, aggiungendo che la loro riluttanza ad esplorare le questioni in profondità costituisce la causa principale dei rifiuti. Secondo altri, la vera causa del problema è costituita da specifiche linee guida politiche derivate dall’idea del governo, secondo cui l’Italia ospiterebbe già troppi migranti.
Perché le autorità italiane incontrano maggiori difficoltà a trattare con i richiedenti asilo cinesi che con i rifugiati in fuga da altri Paesi?
Gli avvocati e gli operatori delle ONG hanno riscontrato maggiori difficoltà con i richiedenti asilo provenienti dalla Cina, soprattutto perché la Cina, prima del 2015, anno in cui sono stati notati i primi flussi migratori di richiedenti asilo cinesi per motivi religiosi in Italia, era in qualche modo sconosciuta alle autorità che si occupano di rifugiati, nonostante il fatto che alcuni cinesi avessero già ottenuto protezione. Di fatto, per loro l’Asia era rappresentata quasi solo da richiedenti asilo provenienti dal Pakistan e dall’Afghanistan, il cui contesto culturale, politico e sociale era ben noto. A sua volta, la Chiesa di Dio Onnipotente era assolutamente sconosciuta. Grazie agli studi condotti dagli accademici sulla Cina e sulla Chiesa di Dio Onnipotente, la situazione è ora migliorata, ma permangono molti problemi e molte incomprensioni.
Qual è il ruolo svolto dalle ONG nel trattare con i rifugiati cinesi che chiedono asilo in Italia a causa della persecuzione religiosa?
Le ONG svolgono un ruolo fondamentale di informazione e di assistenza. Un esempio è la ONG che ho già menzionato, “A Buon Diritto”, un’associazione con sede a Roma che ha stabilito diversi punti di informazione in tutta la città, dove rifugiati e migranti, compresi i richiedenti asilo cinesi, vengono a cercare aiuto ogni giorno. Le ONG svolgono varie attività essenziali, tra cui fornire informazioni utili (come le misure da seguire per ottenere protezione internazionale), offrendo assistenza legale gratuita e anche sostegno psicologico, cosa, questa, che può essere importante per permettere ai richiedenti asilo di superare le proprie esperienze traumatiche. Quest’ultima attività è rilevante anche per gli avvocati che, conoscendo meglio le sofferenze subite dai rifugiati, possono aiutarli a ottenere la protezione che cercano.
Secondo le mie statistiche, a partire dalla fine di ottobre 2018 i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente richiedenti asilo in Italia erano 724, il terzo gruppo più grande dopo Stati Uniti d’America e Corea del Sud. Sulla base delle ricerche che lei ha svolto per la tesi di laurea, perché queste persone lasciano la Cina alla volta dell’Italia?
Molti cinesi fuggono dalla Cina in cerca di protezione per motivi religiosi, giacché nel loro Paese sono perseguitati a causa della religione che praticano. Questo è tipicamente il caso della Chiesa di Dio Onnipotente. Si tratta di un nuovo movimento religioso cristiano, che il governo cinese ha incluso nella lista degli xie jiao. Come i suoi lettori certamente sanno, il governo cinese considera gli xie jiao “sette malvagie” pericolose per la società e per la sicurezza di essa, e pertanto proibite e vietate in Cina. Il sistema cinese riconosce e garantisce la libertà religiosa solo formalmente: nella realtà ciò che accade ai seguaci della Chiesa di Dio Onnipotente è terribile. Riferiscono infatti di essere perseguitati, arrestati e torturati.
Per sfuggire a questa dura repressione e praticare liberamente la propria religione, questi rifugiati sono persino disposti a lasciare le famiglie. Vengono in Italia perché ottenere un visto turistico in Italia è relativamente facile, ma per ottenerlo è naturalmente necessario il passaporto. A volte la loro identità come fedeli della Chiesa non è nota alla polizia e quindi ottengono il passaporto senza problemi. A volte usano invece degli pseudonimi: arrestati con un nome, ne usano un altro con cui riescono a ottenere il passaporto. Teoricamente, le impronte digitali e il database biometrico cinese dovrebbero prevenire casi, ma il sistema non funziona perfettamente. Taluni riescono anche ad ottenere il passaporto illegalmente, perché il dilagare della corruzione in Cina è cosa ben nota, e non è davvero difficile trovare qualche funzionario pronto a fornire un passaporto in cambio di denaro.
Può spiegare quale differenza c’è, in Italia, tra asilo e “protezione sussidiaria”, e perché nella sua tesi lei sostiene che i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente dovrebbero ottenere almeno la protezione sussidiaria?
In Italia esistono, o esistevano, tre tipi di protezione: lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione umanitaria. Quest’ultima era una categoria residuale che è stata abolita dalla legge approvata il mese scorso.
Il primo, ossia lo status di rifugiato, conferisce la protezione massima: dura cinque anni e garantisce gli stessi diritti in termini di studio, di lavoro e di assistenza sanitaria di cui godono i cittadini italiani. La protezione sussidiaria viene invece concessa quando la Commissione non è giunta ad una conclusione sulla concessione dello status di rifugiato, ma ha riconosciuto che il richiedente asilo vive una situazione di paura e rischia di essere condannato a pene pesanti, compreso il rischio di essere ucciso o di essere torturato, qualora lui o lei torni in patria. La protezione umanitaria veniva invece concessa a coloro che, compresi alcuni fedeli cinesi della Chiesa di Dio Onnipotente, erano considerati vivere una situazione di «vulnerabilità particolare e temporanea». Adesso però la protezione umanitaria scomparirà.
Nelle interviste che ho realizzato, gli avvocati sostengono, in modo persuasivo, che ai fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente dovrebbe essere garantita almeno la protezione sussidiaria, giacché vivono nella costante e sincera paura di essere minacciati e perseguitati; spesso mostrano anche sfiducia nei confronti di altri cinesi per paura di essere denunciati al governo di Pechino. Ora, questa sensazione di paura si adatta perfettamente ai requisiti della protezione sussidiaria. Naturalmente gli avvocati, sulla base della persecuzione subita dalla Chiesa di Dio Onnipotente in Cina, cercano in prima istanza di ottenere per loro lo status di rifugiato.
Ogni rifugiato in cerca di asilo viene intervistato da una Commissione territoriale. Chi siede in queste commissioni e come funzionano?
Il colloquio con la Commissione territoriale è la fase più importante del processo di richiesta di asilo, perché lì si decide se il richiedente può ottenere protezione internazionale o meno.
Prima del 2018, la Commissione era costituita da quattro membri: uno del ministero degli Interni, nominato dal rappresentante locale del governo (“Prefetto”), uno della polizia, uno di un’autorità amministrativa locale e uno dell’ACNUR/UNHCR. Tuttavia, con questa composizione le Commissioni territoriali non erano in grado di fornire una valutazione professionale e omogenea, poiché i loro componenti non avevano preparazione adeguata in questo settore. Infatti hanno spesso negato la protezione internazionale ai richiedenti asilo sulla base di motivazioni errate.
A partire da luglio 2018, una nuova legge ha cambiato la composizione della Commissione: è ancora composta da quattro membri, ma adesso due di loro sono qualificati per l’incarico e scelti attraverso un concorso pubblico, mentre gli altri due sono incaricati dall’ACNUR/UNHCR e dal ministero degli Interni.
Tutti gli avvocati che ho intervistato si sono lamentati del fatto che i membri della vecchia Commissione, nel corso delle interviste con i richiedenti asilo, non esaminavano attentamente le loro situazioni. Gli avvocati sperano che la nuova composizione delle Commissioni possa finalmente risolvere questo problema.
Chi ha intervistato sui casi riguardanti i profughi della Chiesa di Dio Onnipotente?
Ho intervistato diverse persone profondamente coinvolte nei casi italiani di rifugiati della Chiesa di Dio Onnipotente. Tra queste diversi avvocati di Perugia e di Roma, un giudice del Tribunale di Roma e gli operatori specializzati delle ONG. Riconosco tuttavia un limite alla mia tesi. Ho tentato di intervistare dei seguaci della Chiesa di Dio Onnipotente, ma mi è stato impossibile. Direi però che questo problema è diventato parte della materia prima su cui ho lavorato. Sono persuasa che questa mancanza di fiducia sia spesso causata dal timore di essere traditi e denunciati alle autorità cinesi. Ho intenzione di continuare a studiare questi rifugiati e spero di poter intervistare alcuni di loro in futuro.
Basandomi sempre sulle mie statistiche vedo che, a partire da ottobre, solo 69 su 724 fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente richiedenti asilo in Italia hanno ottenuto lo status di rifugiato. Nella sua tesi, lei menziona quattro motivi per cui molte richieste di fedeli di questa Chiesa non vengono accolte. Esaminiamoli uno a uno, spiegando più in dettaglio le obiezioni assieme alle osservazioni critiche che lei offre nella tesi…
Le interviste con gli avvocati di Perugia e di Roma hanno dimostrato che la maggior parte delle richieste per ottenere protezione internazionale, depositate dai fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente, vengono respinte dalle Commissioni territoriali per quattro ragioni principali. Alcune decisioni delle Commissioni sono successivamente annullate dai tribunali di giustizia e in questi casi la protezione è garantita. Ma perché la Commissione respinge le domande in prima istanza?
Prima di tutto perché le Commissioni sostengono che la storia personale del rifugiato non è credibile; il modo però con cui giungono a questa conclusione è discutibile. Le Commissioni basano la propria presunta conoscenza della Chiesa di Dio Onnipotente su ciò che chiamano COI (Country of Origin Information). Molte Commissioni considerano solo il COI incluso nella banca dati Refworld, gestita dall’ACNUR/UNHCR. Normalmente si tratta di un buon database, ma, sfortunatamente, come hanno dimostrato gli specialisti, le informazioni sulla Chiesa di Dio Onnipotente presenti su Refworld sono obsolete e alcune COI fanno semplicemente eco alla propaganda cinese.
In secondo luogo, le Commissioni hanno spesso sottolineato che i profughi della Chiesa di Dio Onnipotente non conoscono la propria religione. Qui vedo due ordini di problemi. Il primo è che le Commissioni confrontano ancora le risposte date dai rifugiati con il COI, ma spesso il COI presenta una visione distorta della teologia della Chiesa di Dio Onnipotente. Il secondo è che le Commissioni sono condizionate da una visione religiosa derivante dalla propria mentalità occidentale, e dal fatto che molti in Italia hanno familiarità con una sola religione, ossia il cattolicesimo. Per alcuni membri delle Commissioni è molto difficile comprendere la teologia di una Chiesa secondo cui Dio Onnipotente è venuto sulla Terra nel nostro tempo e si è incarnato in una donna.
Il terzo punto discusso dalle Commissioni riguarda i documenti di viaggio ottenuti dai richiedenti asilo cinesi. Alcune Commissioni sostengono che non è credibile che i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente, sempre perseguiti e controllati dalla polizia cinese, possano ottenere il passaporto senza alcuna difficoltà. Abbiamo già visto però che questa obiezione è infondata.
In quarto luogo, alcune Commissioni ritengono che questi richiedenti asilo cinesi non correrebbero rischi particolari se tornassero in Cina. Tutti gli studiosi che hanno studiato la Chiesa di Dio Onnipotente non sono però d’accordo. Se tornassero in Cina, i richiedenti asilo verrebbero arrestati o peggio. Si può quindi solamente concludere che la ragione di questi rifiuti da parte di alcune Commissioni sia dovuta alla mancanza di preparazione dei loro membri, i quali spesso hanno svolto gli esami in modo superficiale e senza approfondire le questioni.
Cosa possono fare gli avvocati e le ONG per aumentare le possibilità che i rifugiati della CDO ottengano asilo in Italia?
Anzitutto, è utile che tutti coloro che sono coinvolti nel processo di richiesta di asilo familiarizzino con la letteratura accademica sulla Chiesa di Dio Onnipotente. Di fatto questo sta già avvenendo. È vero che finora in Italia è stato concesso solo il 9,5% delle richieste di asilo presentate da fedeli della Chiesa, ma la maggior parte delle decisioni favorevoli sono recenti e sono arrivate dopo che gli avvocati hanno iniziato ad avvalersi della letteratura accademica più aggiornata.
Le mie interviste hanno anche evidenziato la necessità che questi richiedenti asilo siano assistiti, al proprio arrivo in Italia, da un’équipe medica specializzata in grado di riconoscere ferite e segni di tortura; da psicologi in grado di rilevare i traumi causati dalla persecuzione e dalla fuga dalla Cina; e da antropologi abbastanza esperti da saper mediare le grandi differenze culturali esistenti tra Italia e Cina. In questo modo, avvocati e ONG insieme sarebbero in grado di promuovere la consapevolezza dei richiedenti asilo sulla propria storia, un aspetto, questo, molto importante per ottenere protezione internazionale.