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Il caso del «cadavere di cemento» in Vietnam e le fake news contro il Falun Gong

16/07/2020Massimo Introvigne |

Un piccolo gruppo religioso commette due omicidi. Il PCC accusa il Falun Gong, replicando lo schema usato contro la Chiesa di Dio Onnipotente per l’episodio al ristorante McDonald’s nel 2014

di Massimo Introvigne

I quattro imputati nel processo del cadavere di cemento
I quattro imputati nel processo del «cadavere di cemento»: da sinistra, Huyên, Thảo, la madre di Hà e Hà (immagine tratta da Twitter).

Il Partito Comunista Cinese non è mai molto originale nelle azioni di propaganda. Nel 2014 un piccolo gruppo religioso, che credeva che Dio si fosse incarnato in due leader donne, di nome Lü Yingchun e Zhang Fan (1984–2015), definite «due corpi nella carne, che condividono un’unica anima divina», hanno ucciso Wu Shuoyan (1977–2014), una giovane commessa, in un ristorante McDonald’s di Zhaoyuan, nello Shandong. Wu si era rifiutata di dare il proprio numero di telefono ai membri del gruppo e alcuni di loro l’hanno uccisa poiché credevano che fosse posseduta da un «demone».

Il PCC ha lanciato immediatamente una campagna accusatoria dichiarando che gli assassini fossero fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente, un movimento che il regime cinese ha perseguitato sin dagli anni 1990. La fake news si è diffusa sui media stranieri e periodicamente viene ancora ripetuta in Cina, benché i media cinesi stessi che hanno seguito il processo che ne è derivato abbiano riportato che i criminali facevano parte di un gruppo religioso differente, non legato alla Chiesa di Dio Onnipotente.

Dal momento che i rapporti relativi ai diritti umani nel mondo, alcuni dei quali realizzati dal governo degli Stati Uniti d’America, continuano a dare notizie in merito alla persecuzione del Falun Gong, alcuni dei maggiori leader del Partito, fra cui Zhao Leji (赵乐际), il segretario della Commissione centrale del Partito per le indagini disciplinari (中国共产党中央纪律检查委员会), ha invocato maggiore repressione e maggiore propaganda contro questo movimento.

Uno strumento chiave di questa propaganda è la manipolazione di un caso penale in corso in Vietnam e ciò che è accaduto è straordinariamente simile all’omicidio nel ristorante McDonald’s del 2014. Il 3 luglio il Tribunale del popolo della provincia del Bình Dương, in Vietnam, ha condannato a morte una donna di 32 anni di nome Phạm Thị Thiên Hà. La madre, Trịnh Thị Hồng Hoa, di 67 anni, è stata condannata a 13 anni di carcere. Due complici, Lê Ngọc Phương Thảo (30 anni) e Nguyễn Ngọc Tâm Huyên (40 anni) sono stati destinati alla prigione rispettivamente per 22 e per 19 anni.

Foto segnaletica di Hà
Foto segnaletica di Hà scattata dalla polizia (immagine tratta da Twitter)

Nel Paese, l’episodio è stato denominato il caso del «cadavere di cemento». Hà, una donna colta, ex proprietaria di una caffetteria a Saigon, aveva costituito un piccolo gruppo di qi gong, che promuoveva alcune pratiche particolari, quali per esempio periodi obbligatori di digiuno rigido, della durata di 14 giorni. Nel gennaio 2019, durante un ritiro nella provincia del Bà Rịa-Vũng Tài, uno degli appartenenti al gruppo, di nome Trần Đức Linh (1968-2019), non è stato in grado di continuare il digiuno ed è stato picchiato a morte dagli altri (oppure, come affermano costoro, si sarebbe ferito saltando da una finestra e il gruppo l’avrebbe lasciato morire, senza portarlo all’ospedale). Il corpo allora è stato trasferito in un’abitazione del distretto di Bàu Bàng, nella provincia del Bình Dương.

Lì, un altro giovane che apparteneva al gruppo, Trần Trí THành (1992–2019), a sua volta non è stato in grado di digiunare. L’uomo, inoltre, ha molestato sessualmente alcune correligionarie ed è stato sorpreso a masturbarsi. Dapprima lo si è sottoposto a scariche elettriche, con la scusa di una seduta di agopuntura, e successivamente strangolato. I cadaveri di Linh e THành sono stati nascosti in contenitori poi riempiti di cemento, che più tardi sono stati scoperti dal proprietario dell’abitazione presa in affitto dal gruppo, il quale ha chiamato la polizia portando così all’arresto di Hà e dei suoi seguaci, il 27 maggio 2019.

Subito dopo l’arresto, alcuni media vietnamiti hanno riferito che il gruppo facesse parte del Falun Gong, un gruppo attivo nel Paese benché talvolta vessato dalla polizia e tenuto sotto sorveglianza. Alcune persone informate dei fatti, che si trovano in Vietnam, hanno espresso a Bitter Winter la convinzione che l’ambasciata cinese abbia “aiutato” le autorità a identificare i colpevoli come appartenenti al Falun Gong.

La guida della setta Hà
La guida della “setta”, Hà, durante il processo (immagine tratta da Twitter)

Il processo ai quattro, accusati di omicidio, si è aperto il 25 giugno scorso. Lì si è chiarito che gli assassini, come riportato dai principali media vietnamiti, «non seguivano [i] principi del Falun Gong», ma «praticavano metodi ideati da Hà». Già nel 2019, alcuni di essi avevano scritto in modo esatto che gli insegnamenti della donna erano «basati approssimativamente sul qigong». Pur senza trascurare la possibilità di “suggerimenti” da parte dell’ambasciata cinese, sembrerebbe che alcuni media locali insistano a usare in modo errato il nome del Falun Gong, come se si trattasse di un sinonimo del termine generico “qigong”. Non sembra che le credenze e le pratiche promosse da Hà siano caratteristiche del Falun Gong.

Nonostante i risultati del processo, in Cina i media continuano a dichiarare che il gruppo facesse parte del Falun Gong. Il 13 luglio, il sito web della Rete anti-sette cinese (lanciato in pompa magna nel 2017) ha pubblicato un lungo articolo sul caso del «cadavere di cemento», nel tentativo di provare che i responsabili vi appartenessero. Corredava l’articolo un’immagine che secondo quanto riportato mostrava Hà durante la partecipazione a una parata del Falun Gong, nel maggio 2017, a New York. Per quanto ciò non renderebbe comunque il Falun Gong responsabile delle successive attività criminali della donna in Vietnam, l’immagine desta dei sospetti. Potrebbe essere stata falsificata, oppure la donna potrebbe non essere Hà. È stato affermato che Hà fosse non una semplice praticante, ma una leader del Falun Gong, eppure la donna non era vestita di giallo come i membri del gruppo presenti alla sfilata. L’affermazione analoga, che Hà aveva condiviso contenuti legati al Falun Gong sui propri profili social, benché sia vera, a sua volta non proverebbe che la donna ne fosse un «membro» o una «leader».

È possibile ovviamente che Hà e i suoi seguaci abbiano letto qualcosa sul Falun Gong, i cui testi circolano anche in Vietnam. Alcune delle persone che appartenevano al gruppo sono state all’estero e potrebbero aver incrociato lì il Falun Gong, oppure potrebbero essere descritti come «ex» praticanti che più tardi si siano spostati verso il metodo stravagante inventato da Hà attingendo a varie fonti mutuate dal buddhismo, dal qigong e dalle religioni popolari tradizionali. Il gruppo di Hà, tuttavia, non faceva “parte” del Falun Gong e aveva al centro insegnamenti e pratiche diversi, ideati dalla stessa Hà. Si trattava piuttosto di uno delle centinaia dei piccoli nuovi gruppi religiosi spuntati come funghi in Vietnam a partire da quando il Paese ha introdotto la possibilità di una moderata libertà religiosa. Sfruttare l’episodio per dichiarare che «il caso di omicidio avvenuto in Vietnam rivela una volta di più la natura malvagia del Falun Gong», e per giustificare l’arresto, la tortura e l’uccisione extra-giudiziale di migliaia di praticanti del Falun Gong in Cina, fa semplicemente parte della consueta propaganda e delle solite fake news.

Contrassegnato con: Falun Gong

Massimo Introvigne

Massimo Introvigne (Roma, 14 giugno 1955) è un sociologo italiano delle religioni. È il fondatore e il direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), una rete internazionale di studiosi di nuovi movimenti religiosi. Autore di una settantina di libri e di più di 100 articoli nel campo della sociologia della religione, è stato l’autore principale dell’Enciclopedia delle religioni in Italia. Membro del comitato editoriale dell’Interdisciplinary Journal of Research on Religion e del comitato direttivo di Nova Religio, pubblicato alla University of California Press, dal 5 gennaio al 31 dicembre 2011 ha avuto nell’ambito dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) il ruolo di “Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni”. Dal giugno 2012 al dicembre 2016 è stato coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa, istituito dal ministero degli Esteri italiano per monitorare lo stato della libertà religiosa a livello mondiale.

www.cesnur.org/

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