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Il massacro di Urumqi di dieci anni fa e la calma olimpica della Cina della repressione

07/07/2019Marco Respinti |

Nonostante gli abusi contro i diritti umani e i crimini contro l’umanità, Pechino si prepara a ospitare le Olimpiadi del 2022. L’Occidente si berrà ancora le sue menzogne?

Il massacro di Urumqi
Il massacro di Urumqi (Ccyber5)

di Marco Respinti

Dieci anni fa, il 5 luglio 2009, il regime comunista cinese ha perpetrato un massacro a Urumqi, la capitale della Regione autonoma uigura dello Xinjiang che gli uiguri preferiscono chiamare Turkestan Orientale.

Tutto è iniziato con le proteste degli uiguri contro la politica repressiva del PCC ed è finito nel sangue. “Campaign for Uyghurs” (CFU), l’organizzazione fondata e presieduta da Rushan Abbas a Herndon, in Virginia, commemora oggi quel triste avvenimento e spiega che «le proteste sono iniziate in modo pacifico quando i dimostranti hanno chiesto un’indagine approfondita su un episodio accaduto alcuni giorni prima a Shaoguan, nella Cina meridionale, quando alcuni uiguri erano stati uccisi dagli operai di una fabbrica, cinesi di etnia han».

La Cina comunista, continua il comunicato stampa del CFU, «[…] ha scatenato le forze armate, ha sparato sui manifestanti e ha arrestato arbitrariamente migliaia di uiguri. Quindi il governo ha usato l’episodio come pretesto per tenere illegalmente sotto sequestro degli uiguri per molti mesi dopo il massacro del 5 luglio e centinaia di uomini sono scomparsi, mentre contemporaneamente si intensificavano i rastrellamenti condotti su larga scala dalla polizia. Il Financial Times ha stimato che attorno alla metà di luglio del 2009 avevano già avuto luogo qualcosa come 4mila arresti e che le prigioni di Urumqi erano talmente affollate che le ultime persone a essere arrestate sono state sistemate nei depositi dell’Esercito popolare di liberazione. Alcune stime affermano che i numeri effettivi siano anche più alti. A seguito degli scontri, in tutta la regione sono stati bloccati l’accesso a Internet, il servizio di telefonia mobile e le chiamate internazionali in uscita, onde impedire che circolassero informazioni da e verso la zona. Internet non è stato ripristinato fino al maggio del 2010».

Sono trascorsi dieci anni e, dopo l’ascesa al potere di Xi Jinping, la situazione nello Xinjiang è persino peggiorata. Gli uiguri, ma anche i kazaki, i tatari, i kirghisi, gli uzbeki e altre popolazioni turcofone vengono duramente perseguitati solo perché appartengono a minoranze etniche e perché sono credenti (musulmani). Oggi, secondo alcune fonti, sono più di 3 milioni le persone detenute illegalmente nei famigerati campi per la trasformazione attraverso l’educazione dello Xinjiang.

«Ciò che sta accadendo oggi, sotto i nostri occhi», afferma la CFU, «è il sabotaggio costante del rule of law, dei diritti umani e dei valori occidentali da parte del governo comunista». Di fatto, «[…] gli abusi massicci e sistematici in tema di diritti umani perpetrati dalla Cina comunista sono aumentati fino a configurare un genocidio». Quando i genitori vengono arrestati, i bambini «[…] sono mandati negli orfanotrofi, dove vengono istruiti a dimenticare la propria identità uigura e a essere fedeli al Partito Comunista Cinese. Nei campi, i prigionieri vengono indottrinati alla propaganda del Partito, costretti a rinunciare all’islam, sottoposti a tortura e uccisi brutalmente».

Ora, «[…] nonostante questi lampanti abusi contro i diritti umani e i suoi feroci crimini contro l’umanità, Pechino si prepara a ospitare le Olimpiadi invernali del 2022. Il 10 maggio 2019 la Cina ha dato il via al conto alla rovescia, che durerà 1000 giorni, fino ai giochi olimpici di Pechino 2022 con allegri festeggiamenti a base di musica e di danze. Le Olimpiadi di Pechino del 2008 sono state l’occasione con cui la Cina ha ottenuto l’attenzione nel mondo sui piani economico e sociale, e con cui ha dato vita alla struttura di sorveglianza di massa che sta usando ora per reprimere uiguri, kazaki, altri popoli turcofoni più altri milioni di innocenti. Questo Stato orwelliano è stato costruito con il tradizionale gioco di prestigio che sfrutta le parole e i concetti di unità, uguaglianza e pace. Forse che la Cina vada premiata con i giochi olimpici mentre compie il genocidio di una etnia per motivi razziali?».

Come finanziare il neo-post-comunismo

La Cina ha già ospitato i giochi olimpici, dall’8 al 24 agosto 2008.

Quelle Olimpiadi furono una delle strade attraverso le quali il regime cinese fu in grado di rifinanziarsi. Alla fine degli anni 1980 i regimi comunisti dell’Europa Centrale e Orientale collassarono per un insieme di molte ragioni. Una di queste fu il fallimento storico del marxismo-leninismo, presentato come la panacea contro i mali del mondo sul piano economico e che invece ha impoverito la gente, trasformando la povertà in miseria. I fallimenti economici del comunismo sono infatti sempre sfociati in carestie, milioni di morti e disastri sociali. Ebbene, quando la situazione è divenuta insostenibile, il blocco sovietico ha dato inizio a un processo di trasformazione che non aveva affatto lo scopo di abbandonare il comunismo, bensì di rifinanziarlo. Dopo tutto, era già accaduto tra il 1921 e il 1929 nella Russia sovietica, quando Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin (1870-1924), lanciò la Nuova Politica Economica (NEP) per far fronte ai fallimenti economici e sociali immediati del comunismo attraverso l’inserimento, nella cornice del socialismo, di alcuni elementi di capitalismo pur controllato dallo Stato.

Alla fine degli anni 1980 la nuova trasformazione ha preso il nome di perestrojka, ma anche con la perestrojka Mikhail S. Gorbachev, che governava l’Unione Sovietica, ha fallito e il blocco sovietico è scomparso rapidamente. Ancora una volta, tuttavia, il governo cinese ha imparato dai fallimenti sovietici e la “trasformazione” della Cina rossa in un regime neo-post-comunista è stata realizzata attraverso la massicia vendita del mito di una “nuova Cina” all’Occidente, il quale lo ha acquistato in silenzio. Ecco, le Olimpiadi del 2008 sono state parte importante di quella vendita continua: quelle del 2022 lo saranno altrettanto?

Dal canto proprio, gli attivisti del CFU «[…] ritengono fermamente che la Cina sia l’ultimo Paese al mondo a poter essere giudicato idoneo dal Comitato Olimpico Internazionale (COI). Il COI deve riconoscere che procedere con le Olimpiadi invernali del 2022 a Pechino significa essere complici di un genocidio. Premiare con l’onore di ospitare le Olimpiadi un Paese che detiene tre milioni di persone innocenti nei campi di concentramento è più che trovarsi presenti a un crimine: significa avallarlo».

Pertanto, «[…] il COI deve salvaguardare i princìpi che stanno a fondamento delle Olimpiadi. Le Olimpiadi sono un evento internazionale unico. Non riguardano il commercio o la politica. Non riguardano quale Paese abbia maggiore potere – o maggior denaro. Le Olimpiadi riguardano popoli che si trovano assieme per celebrare le proprie differenze. Un Paese che vieta identità culturale e lingua, che vieta l’islam, che implementa politiche che reprimono sessualmente le donne attraverso l’aborto forzato e che erige più di 44 campi di concentramento per imprigionare un gruppo etnico non rispetta questi valori».

Per questa ragione, «il CFU invita la comunità internazionale a intraprendere azioni concrete per rispondere alle atrocità che la nazione uigura sta vivendo ora e a chiederne conto alla Cina. La Cina deve chiudere i campi di concentramento e rilasciare tutte le persone innocenti che vi sono detenute arbitrariamente».

Contrassegnato con: Musulmani Uiguri, Xinjiang

Marco Respinti
Marco Respinti

Marco Respinti è il direttore di International Family News. Italiano, è giornalista professionista, membro dell’International Federation of Journalists (IFJ), saggista, traduttore e conferenziere. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici, sia in versione cartacea sia online, in Italia e all’estero. Autore di libri, ha tradotto e/o curato opere di, fra gli altri, Edmund Burke, Charles Dickens, T.S. Eliot, Russell Kirk, J.R.R. Tolkien, Régine Pernoud e Gustave Thibon. Senior Fellow al Russell Kirk Center for Cultural Renewal, un’organizzazione educativa statunitense apartitica e senza fini di lucro che ha sede a Mecosta, nel Michigan, è anche socio fondatore e membro del Consiglio Direttivo del Center for European Renewal, un’organizzazione educativa paneuropea apartitica e senza fini di lucro che sede a L’Aia, nei Paesi Bassi, nonché membro del Consiglio Consultivo della European Federation for Freedom of Belief. È direttore responsabile del periodico accademico The Journal of CESNUR e di Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights in China.

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