I funzionari pubblici controllano i servizi funebri dello Xinjiang e vietano agli islamici di celebrare i defunti secondo la propria fede e le proprie usanze
Per controllare sempre di più le pratiche religiose dei fedeli, adesso il PCC interferisce anche con il modo in cui i credenti svolgono i funerali nella Regione autonoma uigura dello Xinjiang.
Prendiamo, per esempio, il funerale di un anziano signore di etnia hui, Ma Ming, celebrato il 25 luglio. Nel borgo di Hongxing, nella giurisdizione della città di Wusu, accanto alla processione funebre si è svolto anche un corteo di auto delle forze speciali e della polizia. Il governo, però, teneva sotto controllo il funerale per un motivo ben preciso: il figlio e il nipote di Ma Ming, ai primi di marzo, erano stati sorpresi dalla polizia mentre fotografavano una moschea che stava per essere demolita. Come se arrestarli non fosse stato abbastanza, la polizia non ha permesso loro di organizzare il funerale seguendo le usanze hui, che prescrivono che prima della sepoltura un imam reciti il Corano per il defunto, il quale deve essere lavato con acqua pura e poi avvolto in un semplice telo bianco.
Le autorità hanno impedito la recita del Corano e hanno permesso che sul corpo di Ma fossero messi soltanto degli scialli semplici, per poi esigere che la bara venisse posta su un veicolo della polizia invece che su un carro funebre.
Il primo giorno del funerale, quattro o cinque veicoli delle forze speciali erano parcheggiati fuori dalla casa del defunto dove alcuni agenti armati vi hanno condotto il figlio; al nipote non è stato nemmeno permesso di tornare a casa per dire addio dal nonno.
«Prima del suo arresto, il figlio di Ma Ming era alto e robusto; ora, dopo soli quattro mesi, è dimagrito, è tutto pelle e ossa», ha affermato un conoscente stretto della famiglia.
Nel corso di un altro funerale, svoltosi nel febbraio 2018, Ezimet, un uiguro membro del PCC della città di Kashgar, nello Xinjiang, è stato prelevato da sei o sette agenti di polizia armati solo per aver recitato il salah – una preghiera – secondo il rito musulmano durante la cerimonia di sepoltura di sua madre. È tuttora sotto custodia, in una località sconosciuta.
Anche la moglie e il figlio di Ezimet sono stati coinvolti, venendo costretti a studiare la politica del governo presso il comitato della comunità di quartiere.
«Credere è vietato e vi è solo consentito parlare bene del Partito Comunista, non certo male»: è con queste parole che la stazione di polizia locale e l’amministrazione della municipalità hanno messo in guardia la moglie e il figlio di Ezimet.
Nella città di Changji vive Aydana, un musulmano kazako la cui madre settantenne è mancata nel dicembre 2017; il suo funerale è stato attentamente controllato dagli impiegati della comunità.
Aydana non ha potuto farci nulla.
«Non abbiamo osato parlare, neppure per dire qualcosa di banale. La polizia poteva infatti benissimo cominciare ad arrestarci», ha detto Aydan. «Mio nipote è stato portato via dalla polizia non molto tempo fa. Tutto ciò che ci hanno detto è che la questione aveva a che fare con un telefono cellulare. Non ci hanno lasciato fare altre domande. Non ci hanno permesso di parlarne con nessuno e ancora non sappiamo dove lo tengano».
Alcuni musulmani che vivono nello Xinjiang affermano che le autorità stanno arrestando un gran numero di imam. Per questo, in alcune zone, per i musulmani è difficile trovare imam che recitino il Corano ai funerali; e anche quando riescono a trovarli, devono prestare grande attenzione che non li arrestino per averlo fatto. Una donna di etnia hui del sud dello Xinjiang ha detto a Bitter Winter che la sua famiglia ha dovuto chiamare segretamente un imam che andasse a casa loro, nel cuore della notte, per recitare il Corano per il suocero defunto.
(Tutti i nomi usati in questa sede sono pseudonimi)
Servizio di Li Zaili