Il PCC “sinizza” i musulmani fuori dallo Xinjiang eliminando i simboli islamici, alterando lo stile architettonico e indottrinando i fedeli
di Li Mingxuan
Da quando il PCC ha iniziato ad attuare il piano quinquennale (2018-2012) per “sinizzare” l’islam, numerose moschee sono state smantellate o soppresse. La campagna è stata ulteriormente rafforzata rimuovendo i simboli islamici, vietando l’uso dell’arabo, soppiantando le citazioni del Corano con quelle del presidente Xi Jinping e costringendo gli imam a diffondere l’ideologia comunista.
Rimozione dei simboli nelle moschee e indottrinamento dei fedeli
In novembre il Dipartimento del lavoro del Fronte Unito di una contea nella provincia orientale dello Shandong ha ordinato la rimozione di tutti i simboli e dei termini islamici dalle moschee sostituendoli con citazioni di Xi Jinping. Poi alcune massime del presidente, come per esempio «Non dimenticare l’intenzione originaria, tieni a mente la missione» e «Costruiamo insieme il sogno cinese», nonché la nuova Normativa sugli affari religiosi vengono diffuse in tutte le moschee della zona.
Secondo un imam del posto, ai fedeli è stato ordinato di studiare i libri di Xi Jinping ‒ che ora abbondano nella sua moschea ‒ di scrivere relazioni sugli studi svolti e di sottoporle alle autorità. L’iman ha aggiunto: «Il PCC è ateo e se proviamo a resistere, saremo arrestati e perseguitati in quanto controrivoluzionari. Il governo indottrina i fedeli con il credo del Partito Comunista e pretende che le persone seguano il Partito, non la loro fede. Il Dipartimento del lavoro del Fronte Unito è stato istituito per fare in modo che tutti si conformino al pensiero del governo».
Secondo quanto riferito da un musulmano di etnia hui di Baiyin, una prefettura nella provincia nordoccidentale del Gansu, nella seconda metà del 2019, il Dipartimento del lavoro del Fronte Unito e l’Ufficio per gli affari etnici e religiosi hanno organizzato una visita nella contea di Haiyuan nella Regione autonoma di Ningxia Hui dedicata ai responsabili delle moschee al fine di renderli edotti dei successi conseguiti nella “sinizzazione” dei luoghi di culto. Ai visitatori sono state mostrate numerose moschee che grazie alla rimozione delle cupole e delle mezze lune sono state trasformate in edifici in stile cinese. Tale trasformazione costituisce una parte essenziale della “sinizzazione” dell’islam voluta dal PCC. Prima delle modifiche architettoniche, il locale Dipartimento del lavoro del Fronte Unito aveva condotto un intenso lavoro ideologico sugli imam e sui responsabili delle moschee per indurli ad allineare gli insegnamenti religiosi alla dottrina del Partito e anche questo è un prerequisito obbligatorio della “sinizzazione”.
Una nostra fonte di Baiyin ha spiegato: «Non tutti erano d’accordo, ma la rettifica è stata effettuata ugualmente. Gli imam sono stati minacciati di revoca delle licenze se non avessero sostenuto l’azione del governo. Chi si oppone finisce nei guai, ma anche se i simboli islamici sono stati rimossi dalle moschee, Allah vive ancora nei nostri cuori».
L’etnia hui è costretta a rinunciare alla propria identità
Lo scorso dicembre, l’amministrazione locale ha fatto rimuovere la cupola e il simbolo della mezzaluna con la stella dalla porta di un villaggio hui nella prefettura di Yuxi nella provincia sudoccidentale dello Yunnan. Quel giorno, secondo quanto riferito da un residente musulmano, i poliziotti sorvegliavano ogni incrocio e ai parenti dei residenti che lavorano alle dipendenze dell’amministrazione locale è stato chiesto di presenziare.
Un abitante musulmano ha commentato: «La gente ha compreso quale fosse l’intenzione dell’amministrazione locale. Invitandone i familiari hanno inteso inviare il messaggio che chi disobbedisce allo Stato perderà il lavoro. L’amministrazione proibisce agli hui di parlare in l’arabo, ai bambini di impararlo e di studiare il Corano. Anche le insegne dei negozi devono essere scritte in cinese. Come possiamo preservare la nostra cultura e la nostra fede? Il PCC vuole “hanizzare” tutti gli hui».
L’università Yunnan Minzu ha vietato a una mensa halal del campus di servire piatti arabi e di preparare il Suhoor che è il pasto tradizionale consumato dai musulmani la mattina presto prima del digiuno per il Ramadan. Ha anche vietato alle insegnanti e alle studentesse hui di indossare il velo. Una fonte che lavora nell’università ha riferito a Bitter Winter: «Il dirigente universitario ha affermato che si tratta di norme dello Stato. Se l’appaltatore non accetta di rimuovere i termini arabi non può continuare a fornire la mensa universitaria».