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Il tributo di sangue versato dalla Chiesa di Dio Onnipotente

14/03/2019Marco Respinti |

Pubblicato il “Rapporto annuale 2018 sulla persecuzione della Chiesa di Dio Onnipotente da parte del governo comunista cinese”. La situazione sta peggiorando

Rapporto annuale CDO

Marco Respinti

È piuttosto curioso che un regime che si professa materialista e laicista per scelta, vocazione, pratica e convinzione pretenda al contempo di decidere che cosa sia una religione. Di più: di decidere quali siano le religioni “buone” e le religioni “cattive”.

In realtà, per il PCC non esistono religioni “buone”. Alcune religioni, però, l’ateismo di Stato le giudica peggiori di altre, e quindi le reprime con ferocia e intensità maggiori. Sono le religioni che il PCC concepisce come “religioni non veramente religiose” e quelle che, importando dall’Occidente l’approccio ideologico tipico delle organizzazioni anti-“setta”, definisce xie jiao. Come ormai tutti sanno fin troppo bene, questa espressione tipicamente cinese non significa però affatto ciò che l’Occidente, con intento dispregiativo, intende per “setta” (l’espressione cinese, in sé antica, significa infatti «insegnamenti eterodossi»), ma il Partito fa tutto quanto in proprio potere per sovrapporre le due espressioni, mirando a ottenere la completa squalifica di tutte le realtà religiose che appunto definisce xie jiao. Dopo tutto, cos’è uno xie jiao? Semplicemente ciò che il potere politico definisce essere uno xie jiao.

La loro colpa è l’avere successo

Gli xie jiao sono quindi le religioni “cattive” per eccellenza perché, secondo la logica del PCC, sono le “religioni non veramente religiose”. Per questo motivo, accampando speciose ragioni di “salute pubblica”, il regime è particolarmente furioso nei loro confronti e mira a sradicarle (le parole usate da Xi Jinping sono proprio queste) «come un tumore». Esattamente come un tumore non ha diritti, nessun diritto hanno nemmeno i fedeli dei gruppi che vengono maliziosamente etichettati xie jiao nel tentativo di inoculare nell’opinione pubblica, prima cinese poi internazionale, l’idea che si tratti di “sette”, cioè di gruppi “malvagi” per definizione, i quali non meritano quindi alcuna compassione. Il PCC può allora “giustificare” la testardaggine e la cattiveria incontrollate con le quali perseguita i fedeli dei gruppi etichettati xie jiao soltanto presumendo che i fedeli dei gruppi religiosi a cui riserva attenzione particolare non siano, dopo tutto, davvero umani, bensì portatori di una mentalità e di un’etica intrinsecamente perverse.

Peraltro, per quanto camuffata, la virulenza della repressione contro questi gruppi ha in fin dei conti una radice molto evidente. Si tratta di gruppi di recente costituzione che in breve tempo, a volte anche in tempo brevissimo, hanno raggiunto un numero ampio, talora enorme di fedeli. Le false accuse, mosse contro di essi sulla base di fake news, che li descrivono come sobillatori dell’ordine pubblico possono essere spiegate solo tenendo presente che tali gruppi sono la smentita palese dell’assunto ideologico su cui il regime cinese si basa semplicemente perché esistono e hanno radunato un numero considerevole di fedeli in pochi anni. In breve, il PCC considera questi gruppi sediziosi e sovversivi semplicemente perché negano la premessa ateistica su cui il regime cinese si regge e la sua convinzione granitica che, essendo contro natura, la religione è destinata all’estinzione. La crescita quotidiana dei gruppi definiti e perseguitati come xie jiao, spesso anche a scapito delle religioni e delle Chiese maggioritarie, rappresenta la sconfitta quotidiana del PCC. Se il PCC tollerasse gruppi così, non farebbe che ammettere la propria sconfitta. Per questo “non può” tollerarli. Come sempre, l’alternativa all’arrendersi alla realtà, ammettendo di avere torto, è la violenza: esattamente questa è la moneta con cui il PCC ricompensa le religioni che hanno la “colpa” di avere successo.

Relazione annuale 2018 sulla persecuzione del governo comunista cinese contro la Chiesa di Dio Onnipotente

Meno che umani

Tra i gruppi definiti xie jiao vi è la Chiesa di Dio Onnipotente. Di fatto, tra i gruppi perseguitati come xie jiao, la Chiesa di Dio Onnipotente (CDO) è quella che oggi paga a prezzo più caro l’avere confutato la premessa ateistica su cui si fonda il regime cinese. Il tributo di sofferenza e di sangue che la CDO versa ogni giorno è infatti enorme. Il “Rapporto annuale 2018 sulla persecuzione della Chiesa di Dio onnipotente da parte del governo comunista cinese”, che la Chiesa pubblica ora, lo dimostra.

Secondo statistiche incomplete, tra il 2011 e il 2017 la CDO (che è stata fondata nel 1991 ed inserita nell’elenco degli xie jiao nel 1995, restandovi presente sin da allora) ha subito l’arresto di almeno 400mila propri fedeli. Di questi, 101 sono i casi ampiamente documentati di credenti morti a causa della persecuzione.

Alcune persone obbiettano a ciò che in realtà il Rapporto non nasconde affatto, dichiarandolo invece apertamente e chiaramente, e cioè che le statistiche sono incomplete. È però una obiezione debole, poiché ovviamente la severità della persecuzione impedisce qualsiasi indagine esaustiva e questo significa che quanto il Rapporto abbia potuto accertare è solo una parte della realtà orribile che sta colpendo la CDO.

La notizia principale nel Rapporto riferisce un dato sconcertante. Il 2018 ha visto la situazione degenerare e peggiorare. Quasi 24mila fedeli della CDO sono stati perseguitati solo a motivo delle proprie convinzioni religiose e del proprio impegno in attività normali quali partecipare ad assemblee e predicare il Vangelo. Inoltre, almeno 300 milioni di renmimbi (circa 45 milioni di dollari statunitensi) sono stati sequestrati illegalmente: e si è trattato sia di denaro della Chiesa sia di beni personali, nella maggior parte dei casi risparmi personali di un’intera vita e proprietà confiscate a persone il cui unico crimine è stato appunto appartenente alla CDO.

In 30 fra province, regioni autonome e comuni della Cina continentale, almeno 12mila fedeli della CDO hanno subito aggressioni, tra cui l’obbligo di firmare “dichiarazioni di garanzia” attraverso le quali il regime pretende l’abiura dalla fede e la promessa di evitare qualsiasi coinvolgimento futuro con la Chiesa. Fondamentalmente, si tratta di una guerra psicologica. Dal punto di vista del PCC, combattere la religione è infatti un dovere; ma nemmeno dal punto di vista del PCC può essere giustificata la demoralizzazione dei credenti. Infatti, le persone che firmano “dichiarazioni di garanzia” potrebbero pur sempre tornare segretamente alla fede. Quindi, ciò che il PCC vuole ottenere attraverso queste affermazioni è l’umiliazione dei fedeli, che sono costretti a voltare le spalle al proprio Dio e a passare pubblicamente per traditori. Uno dei molti mezzi che vengono utilizzati per “de-umanizzazione” i fedeli della CDO.

Tortura e morte

Dei circa 24mila fedeli della CDO che hanno sofferto aggressioni nel 2018, il nuovo Rapporto che la Chiesa dedica alla persecuzione conta almeno 11.111 persone arrestate. Tra queste, 6.757 sono state trattenute per periodi di detenzione brevi o lunghi e 685 sono state crudelmente torturate in vari modi e pure sottoposte a indottrinamento forzato (che è un’altra forma di umiliazione e di “de-umanizzazione” ottenuta mediante il “bisogno” di “ri-umanizzarli” in base all’ideologia comunista). Altri 392 di quei 11.111 fedeli della CDO arrestati sono stati condannati, metà dei quali a 3 anni di prigione o più.

Il culmine è stato raggiunto nel caso di Bao Shuguang e di altri sette fedeli della Chiesa nella provincia dello Shandong, che sono stati condannati a un periodo di carcerazione compreso fra i 10 e i 13 anni. Tutto splendidamente in linea con l’arbitrarietà che la finta certezza del diritto vigente in Cina consente. L’Articolo 300 del Codice penale cinese punisce infatti le persone per il “crimine” consistente nel partecipare a e/o nel “fare uso” di uno xie jiao con 3 o 7 anni di reclusione «o più». Ma questa espressione vaga, «o più», è ovviamente il mezzo “legale” attraverso cui le autorità si permettono di emettere sentenze a piacimento, ovvero di legalizzare l’illegalità.

Del resto gli arresti non bastano a soddisfare il PCC. Come afferma il Rapporto relativo al 2018, almeno 20 membri della CDO sono morti a causa della persecuzione. Tra questi, 7 sono deceduti in unità per gli interrogatori extragiudiziali quali i campi per la trasformazione attraverso l’educazione. Ora, una tale incredibile situazione ha ovviamente destato la preoccupazione delle organizzazioni che nel mondo si occupano di difendere i diritti umani e il Rapporto della CDO sulla persecuzione relativo al 2018 si occupa di esse in una sezione specifica. Le ONG contestano costantemente il PCC, e questo è uno sforzo meritevole. Ma il punto è che nulla sembra cambiare in meglio. Se si aggiunge poi il fatto che, in molti Paesi, ai fedeli della CDO che fuggono dalla Cina a causa della persecuzione viene negato lo status di rifugiato, il quadro si muta letteralmente in un incubo.

Contrassegnato con: Chiesa di Dio Onnipotente, Cristianesimo, Perseguitati a morte, Tortura

Marco Respinti
Marco Respinti

Marco Respinti è il direttore di International Family News. Italiano, è giornalista professionista, membro dell’International Federation of Journalists (IFJ), saggista, traduttore e conferenziere. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici, sia in versione cartacea sia online, in Italia e all’estero. Autore di libri, ha tradotto e/o curato opere di, fra gli altri, Edmund Burke, Charles Dickens, T.S. Eliot, Russell Kirk, J.R.R. Tolkien, Régine Pernoud e Gustave Thibon. Senior Fellow al Russell Kirk Center for Cultural Renewal, un’organizzazione educativa statunitense apartitica e senza fini di lucro che ha sede a Mecosta, nel Michigan, è anche socio fondatore e membro del Consiglio Direttivo del Center for European Renewal, un’organizzazione educativa paneuropea apartitica e senza fini di lucro che sede a L’Aia, nei Paesi Bassi, nonché membro del Consiglio Consultivo della European Federation for Freedom of Belief. È direttore responsabile del periodico accademico The Journal of CESNUR e di Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights in China.

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