Per alcune piccole aziende private che lottano per sopravvivere al lockdown gli “aiuti” del governo consistono in pestaggi, saccheggi e intimidazioni
di Zhang Feng
Yuan Yong (pseudonimo) è cieco e, per guadagnarsi da vivere, gestisce una piccola attività come massaggiatore. L’11 febbraio alcuni funzionari dell’Ufficio dell’Industria e del Commercio hanno fatto irruzione nel suo negozio e gli hanno ordinato di chiuderlo a causa dell’epidemia di coronavirus. L’uomo ha tentato di spiegare che senza il proprio lavoro non avrebbe potuto sopravvivere ma, per tutta risposta, i funzionari lo hanno malmenato. Dopo hanno chiamato la polizia che, prima di portarlo in caserma, lo ha percosso.
Yuan ha ricordato: «Un poliziotto mi ha dato un pugno in faccia e un calcio, poi mi ha colpito sulla schiena con un bastone». La polizia gli ha ordinato di firmare una dichiarazione in cui prometteva di obbedire agli ordini dell’amministrazione. L’uomo è stato rilasciato solo quando il suo capo villaggio ha garantito per lui.
Adirato per quanto accaduto, Yuan ha contattato una stazione radio internazionale per raccontare la sua disavventura, purtroppo però il suo telefono era controllato e due giorni dopo la polizia lo ha condotto all’Ufficio per la sicurezza pubblica.
Durante l’interrogatorio, Yuan ha affermato che la Costituzione cinese prevede la libertà di parola, che tutti sono uguali davanti alla legge e che nessuno può ignorarla. Ha aggiunto che la Cina deve cambiare per diventare una democrazia dove i media sono liberi.
Gli agenti sono rimasti senza parole per la rabbia. Hanno convocato il padre di Yuan e lo hanno avvertito che se non lo avesse persuaso a non fare più «chiamate sconsiderate» e a «condividere osservazioni irresponsabili» suo figlio sarebbe finito in carcere. Visto che il padre rischiava di essere implicato, Yuan ha promesso la sua lealtà al governo e ha dichiarato: «Il Partito Comunista è buono e non sarei ciò che sono senza di esso».
Yuan ha commentato: «Se non fossi cieco sarei stato arrestato e condannato. Ho perso completamente fiducia in questo governo. In Cina, le persone non possono ragionare con le autorità».
Alla fine di marzo sette membri del gruppo di prevenzione e controllo delle epidemie di una contea amministrata dalla città di Zhumadian nella provincia centrale dell’Henan hanno fatto irruzione in un negozio di abbigliamento. Questi gruppi, costituiti da personale dell’Ufficio dell’Industria e del Commercio, della polizia e di altri dipartimenti governativi sono stati costituiti per garantire il lockdown durante l’epidemia di coronavirus. Usando gli altoparlanti, gli agenti hanno ordinato a tutti i clienti di lasciare il locale e hanno ordinato al proprietario di chiudere il negozio. Successivamente si sono impadroniti di oltre una decina di abiti di marca che il proprietario ha poi recuperato dopo aver pagato una tangente di 2mila renminbi (circa 280 dollari statunitensi).
Alcuni giorni dopo due agenti si sono nuovamente presentati al negozio e, dopo aver indossato un abito, se ne sono andati senza pagare. Il proprietario, temendo ulteriori molestie da parte dell’amministrazione locale, non ha osato dire nulla. L’uomo ha detto a Bitter Winter: «Questo mese a causa del lockdown ho perso almeno 30mila renminbi (circa 4.200 dollari) inoltre i poliziotti hanno saccheggiato le mie merci. Non posso gestire la mia attività in questo modo».
Il 18 febbraio sei funzionari dell’amministrazione della contea hanno fatto irruzione in un supermercato a conduzione familiare e hanno minacciato di punire la proprietaria perché durante il lockdown non aveva chiuso il negozio. La donna si è inginocchiata supplicandoli di non punirla e quando sua suocera ha tentato di intervenire i funzionari l’hanno strattonata e spinta via. Hanno quindi iniziato a caricare della merce sui loro veicoli, minacciando di chiamare la polizia e di far arrestare l’intera famiglia. I funzionari se ne sono andati solo quando il marito della donna ha consegnato loro altra merce.
Alla fine di febbraio il proprietario di un altro supermercato della contea è stato autorizzato a rimanere aperto solo dopo aver pagato delle tangenti al locale Ufficio dell’Industria e del Commercio. Il proprietario ha spiegato: «Se non lo avessi fatto avrei dovuto chiudere».