La Fiaccolata per la Pace di Rho domanda al governo italiano di accogliere le vittime delle persecuzioni religiose
Nel secondo pomeriggio di venerdì 18 gennaio si è svolta a Rho, la cittadina ai bordi nordoccidentali di Milano che ospita i famosi padiglioni espositivi fieristici della metropoli lombarda, una Fiaccolata per la Pace organizzata dal Consiglio migranti del Comune di Rho, dai Sindaci del Patto del Nord Ovest (un’iniziativa di coordinamento fra alcuni primi cittadini di Lombardia, Piemonte e Liguria) e dall’AVIS, la più grande organizzazione italiana di donatori di sangue.
Fra gli sguardi incuriositi dei passanti, per le strade della cittadina si è dunque snodato un corteo silenzioso, illuminato solo dalle torce portate dai manifestanti. Nessun canto, nessuno slogan. A parlare hanno pensato infatti solo i cartelli. Hanno sfilato rappresentanti dell’Associazione Multiculturale Oasi di Rho, della Lega Culturale Islamico-Araba, ma soprattutto gli esuli cinesi della Chiesa di Dio Onnipotente, il più grande e maggiormente perseguitato nuovo movimento religioso cinese di origine cristiana, con i loro messaggi inequivocabili diretti al PCC e al mondo intero: «Basta persecuzione religiosa», «Combattiamo la tirannia del PCC», «Democrazia e libertà», «Vogliamo pace, non persecuzione».
Il corteo si è poi sciolto nell’Auditorium comunale “Padre Reina”, dove, dopo un rinfresco, si è svolto un concerto e hanno preso la parola alcuni sindaci della zona ‒ anzitutto Pietro Romano, sindaco di Rho ‒ che hanno interpretato il tema della pace focalizzando l’attenzione sulla questione dell’accoglienza ai migranti, dunque criticando le riforme proposte in materia dal governo italiano (in carica dal 1° giugno a seguito delle elezioni svoltesi il 4 marzo), ovvero il cosiddetto “Decreto sicurezza e immigrazione” (Decreto Legge n. 113 del 4-10-2018 convertito con modificazioni in Legge n. 132 dell’1-12-2018).
In Italia il “Decreto sicurezza” è al centro di un vivace dibattito, che qui interessa solo per la parte relativa alle attuali e possibili conseguenze per i richiedenti asilo che fuggono dalla Cina. Nel Titolo I (Artt.1-15 ter) del decreto, vengono trattate le «Disposizioni in materia di rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale e di immigrazione». Non si tratta qui dell’ottenimento dello status di rifugiato, per cui rimane in vigore la normativa precedente, ma della protezione temporanea a titolo umanitario cui spesso hanno fatto ricorso anche rifugiati cinesi. Sono elencati sei casi che vi danno diritto: cure mediche per situazioni patologiche di eccezionale gravità; protezione sociale per le vittime di violenza o di sfruttamento; tutela di chi abbia subito violenza domestica; calamità eccezionali che impediscano allo straniero il rientro e la permanenza nel Paese di provenienza in condizioni di sicurezza; atti di particolare valore civile (sostanzialmente, insomma, con valore premiale); e non accoglimento della domanda di protezione internazionale a fronte dell’impossibilità di espellere il richiedente per il rischio di sottoporlo a privazione dei diritti umani fondamentali.
Una debolezza del Decreto sta nel fatto che non menziona esplicitamente la persecuzione per motivi religiosi. Soltanto dall’ultimo dei sei criteri previsti dal “Decreto sicurezza” è infatti in qualche modo possibile inferire un riferimento alla persecuzione religiosa, accanto alla persecuzione per motivi di razza o di sesso, ma il riferimento è solo indiretto.
La persecuzione religiosa insomma nel decreto c’è, ma si vede poco, molto poco. Renderlo il faro illuminante della politica di accoglienza dei migranti in Italia è dunque quantomeno arduo.
La Fiaccolata di Rho ha invece ribadito, con la calma che è la virtù dei forti, che proprio la libertà religiosa deve essere il primo, ancorché certamente non l’unico, criterio per stabilire chi abbia diritto ad asilo e protezione. Ma affinché accada occorre un mutamento completo di paradigma, una trasformazione culturale profonda della società e dunque delle istituzioni italiane. E che questa non sia una richiesta di tipo confessionale lo testimonia il lavoro quotidiano profuso da attivisti e da organizzazioni anche laici a favore del rispetto integrale dei diritti umani che pongono senza esitazione appunto la libertà religiosa al primo posto del proprio impegno.
A ricordarlo a Rho c’erano i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente, che percentualmente subiscono oggi la repressione più dura nel quadro della guerra a tutte le religioni, ivi comprese quelle approvate dal governo, che il regime comunista conduce mentre sostanzialmente il mondo guarda altrove.
Il misconoscimento della persecuzione di cui sono oggetto le fedi in Cina, e in special modo la CDO, è del resto un grande favore fatto al totalitarismo cinese da quei Paesi occidentali che, proprio sul conto della CDO, quando debbono pronunciarsi sulle richieste di asilo accolgono acriticamente (laddove oramai esistono invece strumenti scientifici di contrasto efficace) le fake news fabbricate e diffuse dal regime comunista di Pechino.
A Rho il corteo della CDO durante la Fiaccolata per la Pace dei sindaci ha ricordato drammaticamente che in Italia l’arrivo di profughi non significa soltanto barconi e scafisti, ma anzitutto (e dico anzitutto anche perché troppo pochi lo sottolineano) libertà religiosa e persecuzione (tra l’altro) di cristiani. Fino a quando questo criterio non sarà chiaro a chi è chiamato a distinguere i profughi veri da altro tipo di migranti si ripeteranno i rischi di riconsegna di fedeli della CDO a un governo che ne ripaga con la violenza, la tortura e persino la morte il semplice desiderio di credere in Dio e di vivere pubblicamente di conseguenza.
È accaduto clamorosamente nella Germania di Angela Merkel, nonostante la mobilitazione internazionale di nove ONG. Canada, Nuova Zelanda, Svezia e alcune giurisdizioni degli Stati Uniti accolgono le domande di protezione dei rifugiati della CDO, e lo stesso fanno in Italia alcune sentenze recenti, mentre la situazione rimane molto difficile in Giappone e Corea del Sud, dove i richiedenti asilo della CDO sono numerosi e finora nessuna delle loro domande è stata accolta.
A Rho gli esuli della Chiesa di Dio Onnipotente hanno chiesto con dolcezza e fermezza, gratitudine per il Paese che già li ospita e preoccupazione sincera, che l’Italia non entri nella lista dei Paesi che, per mettere legittimamente ordine al caos vigente in tema di migrazioni, finiscono per respingere anche i profughi che abbandonano il loro Paese per sfuggire alla persecuzione religiosa e per scambiare il persecutore con il perseguitato.
(Ha collaborato, per gli aspetti giuridici, l’avvocato Roberto Respinti)