Un “progetto di modernizzazione” ha costretto i residenti di 33 villaggi a trasferirsi. Chi ha difeso i propri diritti è stato arrestato. Alcuni sono morti
di Lin Yijiang
La recente nomina dell’intransigente funzionario del PCC Zheng Yanxiong a capo dell’Ufficio per la salvaguardia della sicurezza nazionale ha richiamato l’attenzione sulle proteste svoltesi nel villaggio di Wukan durante il suo mandato come segretario del comitato del Partito di Shanwei, una città nella provincia del Guangdong. Nel 2011 gli abitanti del villaggio che protestavano contro l’esproprio illegale dei propri terreni erano stati oggetto di repressione violenta. In Cina è purtroppo normale che chi difende i propri diritti venga messo a tacere.
L’intero villaggio obbligato a traslocare
Nel febbraio dello scorso anno, aderendo all’appello per la rinascita la Cina rurale costruendo «una società prospera in un paese socialista moderno», presentato al XIX Congresso Nazionale del PCC, l’amministrazione della contea di Longyou a Quzhou – una prefettura nella provincia orientale dello Zhejiang – ha predisposto un piano per creare la cosiddetta «zona sperimentale di Shiyuan». L’idea alla base del progetto, che prende il nome da uno dei 33 villaggi selezionati per la «modernizzazione», consiste nella demolizione delle case di tutti i 4.800 abitanti e nella costruzione di nuove abitazioni. Successivamente, le persone ricollocate avrebbero potuto tornare alle loro nuove case.
Quasi tutte le 1.600 famiglie residenti nei vari villaggi avevano diritti di proprietà, il che significa che le loro abitazioni erano state costruite legalmente e dunque protette dalla legge. Nei villaggi, situati lungo le rive di un fiume e circondati da montagne, molte case erano di buona qualità e di alto valore perché i residenti erano piuttosto benestanti.
Quando i piani dell’amministrazione sono stati avviati agli abitanti del villaggio è stato ordinato di trasferirsi collettivamente. Per ciascuna abitazione l’amministrazione aveva proposto uno schema di indennizzo. Se il valore della proprietà demolita fosse risultato superiore a quello della nuova casa, al proprietario sarebbe stata corrisposta la differenza. Nel caso in cui il valore del nuovo immobile fosse risultato superiore il proprietario avrebbe dovuto pagare la differenza allo Stato. La costruzione delle nuove case richiederà almeno tre anni e, fino ad allora, i residenti dovranno affittare un’abitazione o vivere con i loro parenti.
Gli abitanti dei villaggi sono stati vessati e intimiditi
Insoddisfatti per le condizioni ingiuste e incerti sul loro futuro, molti residenti si rifiutavano di firmare gli accordi di ricollocazione. Per far loro cambiare idea l’amministrazione locale ha mobilitato oltre mille funzionari di 74 unità governative preposte al lavoro ideologico. Così da marzo a ottobre i residenti sono stati quotidianamente molestati.
Diversi abitanti riferiscono che i funzionari impedivano loro di dormire fino alle 2 o alle 3 di notte finché non acconsentivano a firmare gli accordi.
Una donna di oltre settanta anni ha ricordato: «Ero così spaventata dai forti colpi che i funzionari davano alla porta di casa mia che tremavo per la paura. Le loro visite quotidiane mi rendevano molto ansiosa e non riuscivo più a dormire. A causa di tutto ciò anche la salute di mio marito è peggiorata».
L’amministrazione locale aveva fatto pressioni sui figli dei residenti che studiavano o lavoravano altrove affinché convincessero i genitori a trasferirsi. Alcuni di loro sono stati minacciati di licenziamento o di espulsione dalla scuola se i documenti non fossero stati firmati. Chi si rifiutava subiva ulteriori pressioni.
Un abitante aveva pensato di organizzare con gli altri abitanti del villaggio un’azione collettiva per tutelare i propri diritti e per fare ciò li aveva esortati a non firmare gli accordi utilizzando un gruppo su WeChat, una piattaforma di messaggistica e social media. L’uomo è stato subito arrestato per aver «fomentato disordini» e diffuso «voci» ed è stato rilasciato solo dopo aver firmato l’accordo di trasferimento. Un altro abitante del villaggio che aveva pubblicato un messaggio relativo alle leggi sull’uso della terra è stato portato in una stazione di polizia.
Una donna ha riferito a Bitter Winter che poliziotti armati di manganelli e pistole spaventavano le persone minacciando di arrestare chiunque si opponesse all’ordine di ricollocazione o ritenesse inadeguato il risarcimento per la propria casa. La donna ha lamentato: «Chi non avrebbe avuto paura? Non potevamo farci nulla».
Spinti alla morte
Nonostante le continue intimidazioni e minacce, alcuni residenti si sono rifiutati di trasferirsi, ma le loro abitazioni sono state comunque demolite.
Un abitante ha raccontato: «Per spingerci a firmare gli accordi di ricollocazione l’amministrazione, oltre a interrompere le forniture di acqua ed elettricità, ha minacciato di demolire le case con noi dentro».
L’uomo ha aggiunto che alcuni abitanti del villaggio sono morti per lo stress causato dalle intimidazioni. Un anziano è deceduto il 22 dicembre per un improvviso attacco di cuore. Un residente di nome Yan di 71 anni è morto il 17 marzo dopo aver visto demolire la tettoia in ferro che utilizzava per lavare i vestiti. Due giorni dopo la sua morte la moglie è stata costretta a firmare una dichiarazione in cui affermava che il decesso del marito non aveva nulla a che fare con le azioni dell’amministrazione.
Quando la sua abitazione è stata demolita una donna di 67 anni di nome Ding si è uccisa gettandosi in un pozzo. Un vicino ha riferito a Bitter Winter che prima di suicidarsi la donna aveva implorato i funzionari di non distruggere la sua casa.