Un rapporto ufficiale degli Stati Uniti d’America descrive gli sforzi massicci compiuti dal Fronte Unito, sotto la guida personale del presidente Xi Jinping, per manipolare le informazioni sulla Cina diffuse all’estero e contenere le critiche sulla violazione della libertà religiosa e dei diritti umani.
Massimo Introvigne
Il 24 agosto, la U.S.-China Economic and Security Review Commission, un organo parlamentare bipartisan statunitense creato ai sensi del National Defense Authorization Act del 2001, ha pubblicato un rapporto intitolato China Overseas United Front Work: Background and Implications for the United States. Sebbene l’oggetto sia l’opera svolta dal Fronte Unito al di fuori del territorio cinese in generale, il rapporto è di grande interesse anche per gli studiosi delle religioni.
Nel documento si sostiene che molti uomini politici statunitensi e occidentali non capiscano l’importanza del Fronte Unito e che ciò trovi in parte giustificazione nel fatto che il Fronte Unito abbia attraversato un lungo periodo di eclissi, sebbene con il presidente Xi Jinping abbia acquistato nuovamente un ruolo centrale. Il Fronte Unito è, in linea teorica, l’alleanza tra il Partito Comunista Cinese (PCC), otto partiti minori autorizzati e la Federazione dell’industria e del commercio di tutta la Cina. In pratica, come il rapporto afferma, il Fronte Unito non potrebbe esistere indipendentemente dal PCC, riporta direttamente al PCC ed è uno strumento utilizzato dal PCC per progetti e attività specifici.
Ma questo non significa affatto che non sia importante: il presidente Mao Zedong (1893-1976) lo considerava una delle “armi magiche” del PCC per sconfiggere i nemici a livello nazionale e internazionale. Citando un po’ erroneamente le parole di Mao, il presidente Xi Jinping ha definito il Fronte Unito come l’arma magica per eccellenza dell’arsenale del PCC. I princìpi ideologici su cui si fonda il Fronte Unito sono quelli di «unirsi ai nemici minori per sconfiggere quelli maggiori» e reclutare i non comunisti disponibili come «compagni di viaggio», che sono entrambe formule risalenti a Lenin.
Sotto la presidenza di Xi Jinping il Fronte Unito è stato elevato, citando le parole dello stesso presidente, a strumento atto a «ringiovanire la nazione cinese» e cercare di controllare «il modo in cui la Cina venga percepita a livello internazionale». Nel rapporto statunitense si afferma che Xi ha ordinato il reclutamento di circa 40mila nuovi dirigenti del Fronte Unito e che in tutte le ambasciate cinesi nel mondo sono ora presenti funzionari del Fronte Unito incaricati di «controllare la narrativa» sulla Cina nei media e nel mondo accademico, in modo speciale sui temi dei diritti umani e della religione, nonché sulle questioni relative al Tibet e agli Uiguri. La Figura 1 mostra i nove diversi uffici attraverso cui opera il Dipartimento del lavoro del Fronte Unito (DLFU), che riporta direttamente al Comitato centrale del PCC.
L’Ufficio 2 si occupa infatti dell’ambito religioso, oltre che delle minoranze etniche, e sono stati istituiti uffici specializzati per il Tibet e per lo Xinjiang. Con le nuove leggi introdotte nel 2018, la gestione delle religioni dovrebbe passare dall’Amministrazione statale per gli affari religiosi (ASAR) al Fronte Unito, sebbene il processo non sia ancora stato completato.
Il DLFU non svolge compiti amministrativi. Il rapporto afferma che, in base alla strategia imposta dal presidente Xi Jinping, attraverso il DLFU «è la Cina a dover dettare il modo in cui viene percepita» sia a livello nazionale sia all’estero. Il compito del DLFU è quello di «soffocare le critiche al PCC, diffondere immagini positive della Cina e incentivare gli elettori delle democrazie straniere a influenzare le politiche interne dei Paesi in cui vivono in modo favorevole alla Cina».
La Figura 2 mostra il modo in cui questa attività viene svolta all’estero, in particolare attraverso organizzazioni quali l’Istituto Confucio, che entra nelle scuole e nelle università a livello internazionale offrendo corsi di lingua ed eventi culturali cinesi, e il Consiglio per la promozione della riunificazione pacifica della Cina (CPRPC), attualmente attivo in molti Paesi per sostenere il ritorno “pacifico” di Taiwan alla Cina.
Il fatto che queste organizzazioni siano collegate al PCC è in qualche modo ovvio: in alcuni Stati e università statunitensi le loro attività sono infatti state limitate o vietate. Tuttavia il DLFU opera anche in svariati altri modi e nel rapporto della U.S.-China Economic and Security Review Commission si afferma che «a volte esso sconfina in azioni criminali». Studenti e uomini d’affari cinesi della diaspora vengono reclutati come agenti per la propaganda e talvolta come spie. Se rifiutano, li si intimorisce minacciando rappresaglie contro le loro famiglie in Cina. Attraverso questi agenti più o meno volontari, vengono raccolte informazioni su tibetani, uiguri e comunità religiose dissidenti all’estero. A ciò fanno seguito tentativi di infiltrarsi in quelle comunità, e di reclutare informatori e spie tra i loro membri. Chiaramente alcuni non sono disposti a farsi reclutare, ma il solo fatto di riuscire a identificarli consente poi di condurre azioni contro le loro famiglie in Cina.
Il DLFU e i suoi agenti perseguitano quindi i difensori dei diritti umani che criticano la Cina, e reclutano accademici e politici. Il rapporto menziona alcuni casi eclatanti di politici australiani nonché di accademici e giornalisti internazionali specializzati in questioni cinesi che hanno ricevuto ingenti somme di denaro da parte di organizzazioni affiliate al DLFU. Ma questa, si osserva, è solo la punta dell’iceberg. Più spesso i soldi passano di mano di nascosto, e studiosi e giornalisti vengono regolarmente reclutati per diffondere solo le notizie che il PCC vuole trasmettere. Ovviamente il fenomeno delle fake news che diffamano i movimenti religiosi e le loro figure di spicco che il PCC perseguita in Cina fa parte di questo processo. Per spiegare come questo avvenga, il rapporto statunitense è un documento prezioso.