Nella provincia cinese dello Shandong, missionari e pastori sudcoreani sono stati arrestati e deportati mentre le loro chiese sono state chiuse con la forza.
Alle ore 14,00 del 6 maggio una stazione di polizia della città di Heze ha inviato otto agenti in un appartamento all’interno di un edificio residenziale di sette piani dove 13 cristiani, tra cui quattro missionari sudcoreani, stavano partecipando a un raduno religioso.
La polizia ha sequestrato telefoni cellulari, computer e notebook rinvenuti nell’appartamento e incarcerato tutte le 13 persone presenti per poi consegnarle al Dipartimento per la sicurezza nazionale.
Stando alle informazioni ricevute, i quattro missionari sudcoreani – che erano stati localizzati grazie al dispositivo GPS dei loro cellulari – sono poi stati rimpatriati in Corea del Sud, mentre gli altri fedeli sono finiti in carcere.
La persecuzione dei missionari sudcoreani si è intensificata dalla scorsa primavera, dopo che le autorità hanno implementato il Piano per la campagna speciale sulle investigazioni legali e la persecuzione delle infiltrazioni cristiane sudcoreane. Tale campagna mira a reprimere i principali gruppi cristiani sudcoreani e i loro missionari che operano in Cina.
Va tuttavia sottolineato che i gruppi religiosi sudcoreani venivano regolarmente perseguitati anche prima dell’adozione del piano citato.
Il 4 febbraio 2015, la polizia ha fatto irruzione in una chiesa sudcoreana nella città di Yantai, nella provincia dello Shandong, sequestrando beni preziosi per un valore di oltre 1,2 milioni di renminbi (circa 180mila dollari). Il pastore è stato poi arrestato e la chiesa chiusa.
Nella primavera del 2013, un pastore sudcoreano aveva aperto una fabbrica di borse in pelle nella città di Qingdao dove ogni lunedì ospitava anche le riunioni della chiesa. Non appena la polizia locale ne ha avuto notizia, gli agenti hanno demolito la croce con la forza; il pastore è stato poi espulso per «opposizione al Partito e al governo, e disturbo all’ordine pubblico, avendo tenuto riunioni illegali». Il direttore generale della fabbrica, anch’egli cittadino sudcoreano, ha continuato a ospitare raduni di fedeli in quel luogo. Nella primavera del 2014, dopo aver ricevuto la soffiata che in fabbrica si tenevano ancora riunioni della chiesa, le autorità hanno nuovamente rimosso la croce, che era stata nel frattempo ricostruita. Il giorno di Natale di quello stesso anno, i funzionari dell’amministrazione locale, assieme ad alcuni poliziotti e pastori del Movimento Patriottico Protestante Cinese delle Tre Autonomie approvato dal governo, hanno costretto il direttore generale a tornare in Corea del Sud, affermando che «sono i cinesi stessi a dover fare da pastori ai cinesi che credono in Gesù».
A seguito della repressione, centinaia di missionari sudcoreani sono stati espulsi dalla Cina o è stato loro negato il visto di ingresso nel Paese, mentre numerose chiese fondate da sudcoreani sono state costrette a chiudere. I missionari sudcoreani che rimangono in Cina sono terrorizzati dalle vessazioni a cui vengono sottoposti da parte delle autorità cinesi. Secondo alcuni esperti, il governo di Pechino è da tempo preoccupato per il rapido sviluppo del cristianesimo in Cina e, per questo, spesso limita o reprime gruppi religiosi e individui stranieri presenti nel Paese con il pretesto di «resistere alle infiltrazioni delle forze straniere».
Servizio di Jiang Tao