Continuano ad arrivarci in massa, apparentemente senza che se ne veda la fine, foto e video di statue buddhiste distrutte o coperte
Non sono solo i credenti a terrorizzare il governo cinese: anche le statue lo spaventano.
Altrimenti, come si spiegherebbero le continue campagne del PCC in tutto il Paese per regolamentare e rimuovere le statue posizionate all’aperto? Numerose statue sono state abbattute e molte sono state obbligatoriamente coperte; neppure le statue buddhiste collocate nei siti storici e culturali sono state risparmiate.
È il caso, per esempio, del sito panoramico della Grotta dei mille Buddha, che si trova nella città con status di contea di Zhuanghe, sotto la giurisdizione della città di Dalian, nella provincia nordorientale cinese del Liaoning. In settembre le autorità hanno ordinato la rimozione di una statua del Buddha alta più di 10 metri con la motivazione che «era costruita all’aperto ed era troppo alta, contrariamente alla legge vigente». Inoltre hanno ordinato a Zhang (pseudonimo), il responsabile buddhista della Grotta, di rimuovere i simboli buddhisti con frasi religiose, e di sostituire i vessilli buddhisti con la bandiera nazionale.
La Grotta dei mille Buddha è stata costruita in origine sotto le dinastie Liao e Jin (907-1234 d.C.) ma è stata distrutta ai tempi della Rivoluzione Culturale. A partire dall’anno 2000, più di 500 buddhisti hanno deciso di investire nella sua ricostruzione 10 milioni di renminbi (più di 1 milione e mezzo di dollari statunitensi). Nel marzo 2001 la Grotta dei mille Buddha è stata classificata «sito storico e culturale sotto l’egida del comune» dall’amministrazione popolare della città di Dalian.
Quando è venuto il momento di abbattere le statue buddhiste, tutti gli operai assunti dal governo per la demolizione erano riluttanti a farlo, per il timore di incorrere nella “punizione divina”, così i funzionari governativi hanno intimato a Zhang in persona di assumere operai che distruggessero le loro stesse statue, e si sono assicurati che lo facesse, affermano le nostre fonti.
Il lavoro di smantellamento è durato più di quindici giorni e ha comportato la spesa di 20mila renminbi (circa 3mila dollari).
Un’intera collezione di statue di varie dimensioni, collocate all’aperto, è stata demolita con la forza, mentre altre sono state fasciate in teli rossi. Persino la tomba che Zhang aveva predisposto per la propria morte è stata distrutta, utilizzando dell’esplosivo.
Nello stesso periodo le autorità hanno utilizzato pannelli isolanti bianchi in cemento per coprire una statua del Buddha gigantesca che si trovava nella zona turistica del Monte Jiuhua, nella città di Linghai, nel Liaoning. La motivazione addotta dalle autorità è stata che la statua non aveva l’approvazione del governo.
Il 4 gennaio più di dieci agenti di polizia della città di Guangshui, nella provincia dell’Hebei nella Cina centrale, sono piombati nel tempio Zushi e hanno ridotto in frantumi con i martelli le statue che si trovavano all’interno, minacciando di arrestare il responsabile del tempio se avesse interferito.
Servizio di Wang Anyang