Un nuovo video che Bitter Winter diffonde in esclusiva documenta la triste realtà dei campi di rieducazione del Yingye’er per gli uiguri musulmani: non “un centro di formazione professionale”, ma una prigione a tutti gli effetti
Massimo Introvigne
Il 15 novembre uno dei reporter di Bitter Winter ha pubblicato immagini esclusive uno dei campi di rieducazione cinesi dove sono reclusi un milione e mezzo di prigionieri di coscienza, di cui un milione uiguri musulmani. Ora un suo collega, di cui proteggiamo l’anonimato, invia immagini di un altro campo di rieducazione dello Xinjiang dotato di una struttura interna identica a quella di una prigione.
Date le molte denunce e condanne dei campi di rieducazione dello Xinjiang susseguitesi a livello internazionale, le autorità del Partito Comunista Cinese (PCC) sono passate dal negare l’esistenza dei campi al sostenere che siano «centri di formazione professionale». Il filmato da noi qui diffuso dimostra invece che si tratta a tutti gli effetti di carceri in cui i detenuti sono sottoposti a indottrinamenti rigidi. Secondo le informazioni attendibili che abbiamo raccolto, qui alcuni degli internati vengono torturati e muoiono.
Video: Un carcere a tutti gli effetti
In un complesso di edifici di colore arancione, disposti uno accanto all’altro. vi sono i dormitori per gli “studenti”. Un esame più attento dell’esterno dei fabbricati mostra che sono fatti di quattro piani. Le finestre di ogni piano sono protette da ringhiere e da uno strato aggiuntivo di rete. In concomitanza delle vie di accesso a ogni edificio sono si trovano installate tre telecamere di sorveglianza che monitorano l’area in tutte le direzioni. Sui muri esterni campeggia uno slogan: «Un grazie vivissimo per l’assistenza cordiale fornita del Comitato centrale del Partitoe in particolare al compagno Xi Jinping».
Gli ambienti interni si presentano proprio come le celle di una prigione o di un centro di detenzione. Ogni stanza ha doppie porte di ferro, e anche quella più esterna è protetta da una ringhiera chiusa da una serratura con tastierino numerico. Ogni “stanza dormitorio” ha bagno e telecamera di sorveglianza. Secondo fonti interne, in ognuno deidormitorio possono essere stipate fino a 15 persone. Ogni piano contiene 28 stanze e tre aule. Sulle pareti esterne delle aule vi sono slogan come: «Studiate il mandarino» (rivolto agli uiguri che normalmente parlano solo la propria lingua) e «Seguite la guida del pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era, e lottate instancabilmente per realizzare il sogno cinese di rinnovare profondamente la nazione cinese». Nelle aule, ringhiere e reticolati separano i leggii degli insegnanti dai banchi degli studenti.
Inoltre, questo piano dell’edificio contiene anche una stanza di sorveglianza indipendente. Dal grande schermo, è evidente che le telecamere di sorveglianza in grado di operare a 360 gradi sono installate in ogni angolo dell’edificio, quindi non solo aule, dormitori e corridoi, ma anche bagni. Ogni mossa dei detenuti è monitorata, 24 ore su 24, privandoli completamente della libertà e riservatezza.
Ogni edificio è interamente e rigidamente controllato. Oltre alle telecamere di sorveglianza, installate in ogni angolo, all’ingresso vi è un cancello di ferro. Anche le finestre delle stanze che danno sui corridoi sono chiuse da possenti sbarre di ferro e reti metalliche. Neppure le finestre della stanza adibita a caffetteria degli “studenti” fanno eccezione: in somma, scappare è quasi impossibile.
Il nostro reporter nota anche diverse aree recintate da rete metallica su suolo sgombro di fronte a certe costruzioni, accanto ai quali sono ammucchiate grandi quantità di rete metallica non ancora adoperata. Su un lato della recinzione sono scritte le parole «asilo di emergenza». Secondo una fonte interna del sistema della sicurezza pubblica, si tratta più probabilmente di una zona pedonale esterna destinata ai detenuti, ovvero il luogo che nelle prigioni permette ai carcerati un po’ di moto a orari stabiliti.
Benché non vi sia differenza tra i suoi spazi interni e quelli di un carcere il campo di rieducazione di Yingye’er è stato presentato al mondo come una scuola di formazione professionale.
In agosto, questo filmato è stato girato , il campo di Yingye’er era ancora in costruzione, ma in settembre un dipendente ha riferito al nostro reporter che già diverse migliaia di persone vi erano recluse. Quando il giornalista ha poi chiesto di chi si trattasse, il dipendente si è reso conto che qualcosa non andava e ha detto: «È un segreto, non posso dirlo».
Ma la verità sta venendo a galla. I video di Bitter Winter, che i nostri reporter girano esponendosi a rischi molto seri, dimostrano che i campi di rieducazione sono carceri, niente affatto centri o scuole professionali.