Alcuni missionari giapponesi e sudcoreani sono stati espulsi dalla Cina il 17 maggio con il divieto di entrare nel Paese per cinque anni. Prima del rimpatrio, sono stati tenuti agli arresti per quindici giorni.
Nella notte del 2 maggio, alcuni poliziotti dell’Ufficio per la sicurezza pubblica della città di Datong, nella provincia dello Shanxi, hanno fatto irruzione in casa di Wang Yue e di suo marito, missionari della Corea del Sud, arrestandoli. Usando informazioni trovate nei telefoni della coppia la polizia ha quindi catturato una missionaria giapponese, Linna, e il marito, ospiti della comunità di Kaideshijia. Solo più tardi la coppia sudcoreana ha appreso che da tempo la polizia del Partito Comunista Cinese (PCC) li sorvegliava: erano infatti stati entrambi pedinati e i loro telefoni messi sotto controllo. La polizia ha trattenuto le coppie per quindici giorni.
Secondo quanto affermato da altri confratelli, le due coppie hanno chiesto di recarsi volontariamente in Cina come missionari. Conducono una vita semplice e modesta, sono amorevoli con i confratelli e con le consorelle, e sono risoluti nella missione di diffondere il Vangelo. L’espulsione di questi missionari e il fatto che siano stati etichettati dal governo comunista come «disturbatori dell’ordine pubblico» ha sconvolto i fedeli cristiani del luogo. Uno di loro ha sottolineato che il numero di missionari stranieri rimpatriati è aumentato di recente e che ha interrotto i collegamenti tra le Chiese nazionali e quelle straniere. Il testimone ha pure aggiunto che, dopo l’insediamento al potere di Xi Jinping, i tentativi delle autorità di “sinizzare il cristianesimo” (ovvero di adattarlo alle esigenze del socialismo) sono diventati particolarmente evidenti e che il partito considera i cristiani stranieri un ostacolo a questo tenativo. Xi Jinping ha pertanto fatto dello sradicamento di tutti i missionari stranieri un obiettivo della propria politica.
Altri fedeli hanno anche rivelato che, dopo l’entrata in vigore dei nuovi Regolamenti sugli affari religiosi, il 1 febbraio, la chiesa della missionaria Linna in Giappone ha capito che il PCC avrebbe intensificato la persecuzione delle religioni e ha quindi detto a tutti i propri missionari di lasciare la Cina. Quando Linna è stata arrestata si trovavano in Cina come missionari anche sua sorella maggiore, Aimin, e suo cognato, Gao Xiang. Dopo aver saputo dell’arresto, hanno lasciato Datong alla volta del Giappone separatamente, all’inizio di marzo e di aprile. Anche altri due missionari di Taiwan sono partiti poco dopo. Linna, Wang Yue e i loro mariti erano gli unici a non voler abbandonare i confratelli in Cina, ma alla fine sono stati ugualmente cacciati dal governo con la proibizione di ritornare nel Paese per i prossimi cinque anni.
Servizio di Feng Gang