Nel dibattito che è seguito al rapporto molto “morbido” della RPU, le ONG non ne sono contente e alcune sottolineano la questione della persecuzione religiosa
Massimo Introvigne
Bitter Winter si è già espresso sul rapporto deludente, ma non inaspettato, reso noto il 15 marzo dalla troika composta da Arabia Saudita, Kenya e Ungheria a proposito di diritti umani in occasione della Revisione Periodica Universale della Cina. D’altra parte, però, non si dovrebbe attribuire a esso eccessiva importanza. I media internazionali comprendono perfettamente che il rapporto dipende da negoziazioni di tipo politico e che, per le ragioni che abbiamo spiegato, non ci si poteva aspettare che i tre Paesi della troika producessero un documento veramente equilibrato. Più importante è stata la discussione sull’argomento proseguita per mesi alle Nazioni Unite, che ha permesso a decine tra Paesi e ONG di raccogliere documenti richiamando l’attenzione internazionale sulla tragica situazione cinese.
La discussione generale del 7 novembre 2018 ha attratto i media molto più del rapporto finale, anche grazie alla manifestazione organizzata davanti al Palazzo delle Nazioni a Ginevra da parte di numerose vittime della persecuzione, tra cui musulmani uiguri, buddhisti tibetani e fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO). Il rapporto probabilmente sarà utilizzato dal PCC solo per uso interno, ma il percorso che ha portato fin qui ha offerto alle vittime un’opportunità unica per far sentire la propria voce.
Il 15 marzo ci è stata, comunque, la possibilità di commentare il rapporto. Il viceministro cinese degli Esteri, Li Yucheng, ha ripetuto ancora la propaganda del PCC, affermando che i “campi per la trasformazione attraverso l’educazione” sono in realtà «campus, non campi» e che «egli stesso ha visitato di recente alcuni centri uiguri nello Xinjiang, dove ha giocato a ping pong e ha mangiato cibo halal». Bitter Winter, per la verità, sa per certo che se tali piacevoli luoghi esistono, sono campi falsi, “villaggi Potemkin” dove vengono portati i visitatori e i giornalisti stranieri. In ogni caso, Le ha affermato che in futuro i campi verranno chiusi. Ha soltanto dimenticato di dire quando.
La Norvegia merita plauso per essersi schierata e definendo inadeguata e deludente la risposta cinese alle critiche rivolte ai campi dello Xinjiang. Durante la discussione di Ginevra anche numerose ONG hanno espresso critiche nei confronti della Cina. Di particolare interesse è stato l’intervento di Christine Mirre, di CAP-LO, una ONG francese accreditata all’ECOSOC (il suo discorso è disponibile sul sito web ufficiale delle Nazioni Unite, a partire dal minuto 1:21:08, ma così anche su Bitter Winter).
«La situazione della libertà religiosa in Cina è in via di peggioramento, non di miglioramento», ha affermato la Mirre. «Una nuova legge sulla religione è entrata in vigore nel 2018 e rende più severa la repressione di tutti i gruppi che non facciano parte degli organismi religiosi controllati dal governo, comprese le Chiese domestiche protestanti. Malgrado l’accordo siglato con la Santa Sede, i sacerdoti cattolici che rifiutano di aderire alla Associazione patriottica controllata dal PCC vengono tuttora arrestati. E alcuni gruppi, come il Falun Gong e la Chiesa di Dio Onnipotente (CDO), sono considerati del tutto illegali; ciò significa che viene data la caccia senza pietà ai loro fedeli, arrestati a decine di migliaia, condannati per la sola ragione di far parte di un gruppo vietato, e perfino torturati e uccisi. La persecuzione di costoro viene giustificata da una massiccia campagna di fake news, che li accusa di crimini che non hanno mai commesso».
«L’entità del controllo del PCC sul buddhismo tibetano», ha aggiunto Mirre, «resta intollerabile e le statue buddhiste e taoiste vengono distrutte in tutta la Cina sulla base dei pretesti più disparati. Almeno un milione di uiguri e di altri musulmani è detenuto nei campi per la trasformazione attraverso l’educazione. Mentre il PCC ha proclamato che sarebbero “scuole”, il periodico Bitter Winter ha postato video che dimostrano che in realtà sono delle carceri. La comunità internazionale non può più ignorare questa situazione».