Il lockdown si allenta e il PCC ricomincia a minacciare e a intimidire i cattolici che non aderiscono alla Chiesa patriottica
di Tang Zhe
Alla vigilia di Pasqua alcuni funzionari dell’Ufficio per gli affari religiosi hanno fatto irruzione nella chiesa del Santo Rosario a Fuzhou, una prefettura nella provincia sudorientale dello Jiangxi. Per spingere i responsabili ad aderire all’Associazione patriottica cattolica cinese (APCC), i funzionari hanno minacciato di demolire la chiesa, di infliggere una multa di 200mila renminbi (circa 28mila dollari statunitensi) e di arrestare il sacerdote. Prima di andarsene i funzionari hanno ordinato la rimozione del nome della chiesa dal muro.
Due settimane dopo l’insegna della chiesa del Santo Rosario è stata coperta e tutti gli oggetti utilizzati per celebrare la santa messa sono stati nascosti. L’amministrazione locale ha vietato le funzioni religiose già alla fine dello scorso anno e da allora il luogo di culto è sotto sorveglianza.
Da quando due anni orsono le autorità hanno chiuso una chiesa cattolica non registrata nella contea Chongren a Fuzhou la comunità ha iniziato a riunirsi nelle abitazioni dei fedeli. Alla fine di marzo, una donna che aveva ospitato alcuni di questi incontri stava cantando degli inni con la nipote quando alcuni funzionari governativi hanno fatto irruzione nella sua abitazione e hanno ordinato loro di smettere di cantare, minacciando di punire la donna se avesse ancora ospitato attività religiose. La donna aveva contattato il parroco della chiesa ormai chiusa per chiedergli di celebrare la messa di Pasqua, ma il prete non ha voluto perché temeva di finire in carcere se scoperto. La donna ritiene che se l’epidemia non avesse rallentato la persecuzione religiosa «tutti i fedeli sarebbero stati arrestati».
La provincia settentrionale dell’Hebei, il cuore cattolico della Cina, è stata uno dei principali obiettivi della persecuzione religiosa del PCC e quasi un milione di cattolici sono stati presi di mira dal regime. Alla fine del 2019, l’amministrazione dell’Hebei ha pubblicato un documento in cui si esorta a ridurre ulteriormente il numero di chiese cattoliche non registrate, intensificando la repressione dei luoghi di culto e del clero che non fanno parte della APCC. Il documento chiede inoltre che vengano intensificati gli sforzi per «trasformare» vescovi e sacerdoti non registrati per costringerli a rispettare la leadership del PCC e della APCC. Il clero è tenuto a rispettare la Costituzione, le leggi e i regolamenti e deve promuovere l’idea di una chiesa cattolica «indipendente e autogestita» ponendo fine alle attività religiose non approvate dallo Stato.
Le Linee guida del Vaticano pubblicate nel giugno dello scorso anno, dopo l’Accordo tra la Santa Sede e la Cina del 2018, prevedono che i sacerdoti e i vescovi di quella che era conosciuta come Chiesa Cattolica clandestina debbano essere liberi di non aderire alla APCC per motivi di coscienza. Nonostante ciò, il PCC usa ogni mezzo possibile per avere tutti i cattolici sotto il proprio controllo.
Un fedele della città di Zhangjiakou ha riferito a Bitter Winter che nel maggio dello scorso anno, l’amministrazione municipale ha radunato 45 sacerdoti cattolici in un hotel per indottrinarli costringendoli poi ad aderire alla APCC.
In aprile, a Zhangjiakou, alcuni funzionari dell’Ufficio per gli affari religiosi e della Brigata per la sicurezza nazionale hanno fatto irruzione nell’abitazione di un’anziana cattolica e le hanno ordinato di eliminare una cappelletta che aveva improvvisato per gli incontri privati della comunità. Dopo averla fotografata e registrato le sue generalità, i funzionari hanno minacciato di infliggerle una multa da 20mila a 200mila renminbi (da circa 2.800 a 28mila dollari) se avesse disobbedito. All’inizio di maggio i funzionari sono tornati da lei due volte per avere informazioni sul sacerdote che era solito presenziare agli incontri. I funzionari l’hanno costretta a firmare una dichiarazione in cui ha promesso di non ospitare altri incontri religiosi nella propria abitazione e hanno confiscato la carta di credito su cui le venivano accreditati i sussidi governativi.
L’8 maggio alcuni funzionari, dopo aver interrotto la fornitura di elettricità, hanno svuotato una sala per riunioni cattolica nel distretto Gaocheng di Shijiazhuang, la capitale dell’Hebei. Hanno ordinato al responsabile di rimuovere tutti i simboli religiosi e hanno minacciato di confiscare il terreno dove sorge la sala se i fedeli avessero continuato a riunirsi.
L’amministrazione ha inoltre chiesto ai membri del PCC, ai funzionari governativi, agli insegnanti e ai fedeli delle chiese statali di recarsi nelle abitazioni dei fedeli che frequentano luoghi di culto non registrati per convincerli a partecipare alle funzioni religiose celebrate dai sacerdoti della APCC.
Alla fine di maggio dello scorso anno, oltre 20 dipendenti della contea di Gaoyang nella prefettura di Baoding, accompagnati da agenti di polizia, hanno chiuso una chiesa non registrata ed espulso il sacerdote che abitava nei locali del luogo di culto. Successivamente si sono recati nelle case di oltre 80 fedeli della comunità costringendoli a firmare la domanda di adesione alla APCC. I funzionari hanno minacciato i fedeli che si opponevano di revocare loro la pensione e di impedire ai loro discendenti di arruolarsi nell’esercito o di far parte del PCC.
Un fedele ricorda che uno dei funzionari aveva detto: «Non potete vincere contro il Partito Comunista. Voi siete ciò che il Partito vuole. Può accusarvi di qualunque cosa e imprigionarvi».
All’inizio di quest’anno l’Ufficio per gli affari religiosi della provincia nordorientale dello Jilin ha pubblicato un documento in cui si esige che la repressione delle chiese cattoliche non registrate continui anche avvalendosi di indagini speciali e intensificando il controllo e la trasformazione del clero non registrato.