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LIBERTÀ RELIGIOSA \n E DIRITTI UMANI \n IN CINA

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Sorveglianza high-tech ovvero il “dispotismo digitale” cinese

19/03/2019Paul Crespo |

Un’avanzatissima tecnologia di sorveglianza combinata con la repressione comunista realizzano nello Xinjiang, e oltre, una distopia orwelliana del secolo XXI

di Paul Crespo

Indice:

  • Tre tracce da controllare
  • Raccolta massiva di dati
  • Sorveglianza totale
  • Coordinamento di tipo militare
  • Localizzare e reprimere
  • Censura digitale e indottrinamento

sorveglianza

 

Skynet, Sharp Eyes, Operazione bussare alle porte, Web-Cleaning Soldier. Questi sono alcuni dei termini usati dalla sicurezza statale in Cina per descrivere i draconiani sistemi di sorveglianza in campo per identificare, monitorare, tracciare e perseguitare decine di milioni di cittadini cinesi, specialmente le minoranze etniche e i gruppi religiosi.

Le tecnologie e i sistemi di sorveglianza high-tech cinesi utilizzano l’intelligenza artificiale avanzata (AI) per elaborare e analizzare l’enorme quantità di dati raccolti. Riconoscimento facciale, campionamento del DNA, biometria, GPS, onnipresenti telecamere ad alta risoluzione a circuito chiuso, applet intrusive per telefoni cellulari, software per desktop computer, smart TV e droni. Tuttavia, queste risorse high-tech sono anche abbinate con reti di informatori vecchio stile, una presenza costante e invasiva della polizia, avamposti e pattuglie, il tutto integrato in massivi data base computerizzati.

James Andrew Lewis, un esperto di tecnologia presso il Centro Studi Strategici e Internazionali (CSIS) ha dichiarato: «[La Cina ha] adottato il sistema di sorveglianza più pervasivo del mondo, e non utilizza solo la nuova tecnologia per sorvegliare, ma anche per collegare le persone alle informazioni in possesso della polizia, le loro informazioni sociali, il loro nome e il loro numero di identità. Questa combinazione di big data, riconoscimento facciale e sorveglianza pervasiva ne ha fatto il sistema più invadente che si sia mai visto».

Tre tracce da controllare

Questo sistema di sorveglianza è costituito principalmente da tre piste: 1) Raccolta massiva e senza precedenti di dati personali, 2) sorveglianza quasi totale tramite mezzi tecnici e umani, e 3) analisi e gestione dei dati tramite intelligenza artificiale e operazioni avanzate di coordinamento di tipo militare. L’obiettivo finale è un sofisticato database nazionale che consente alle forze di sicurezza di monitorare, analizzare e controllare in tempo reale, o quasi, ogni individuo in Cina.

Mentre molti aspetti di questi sistemi di sorveglianza vengono impiegati in tutta la Cina, la regione autonoma dello Xinjiang nel nord-ovest del Paese, località ove risiede la maggior parte della popolazione musulmana uigura, è stata utilizzata come banco di prova e laboratorio per alcune delle tecniche più invasive e repressive. Nel 2017 il presidente Xi Jinping aveva dichiarato che stava creando un “muro d’acciaio” intorno alla regione. Una volta testati nello Xinjiang, questi sistemi di sorveglianza si sono spesso diffusi in altre regioni della Cina.

Fergus Ryan, analista ed esperto di Cina presso l’Australian Strategic Policy Institute (ASPI), ha affermato che «la tecnologia è una componente nella repressione di Pechino di uiguri, kazaki e altre minoranze etniche» e che lo Xinjiang ha costituito «un importante terreno di prova per le tecnologie di sorveglianza».

Raccolta massiva di dati

La Cina è diventata il nefasto leader globale nella raccolta di dati estremamente sensibili e personali dei suoi cittadini. Secondo Human Rights Watch, le autorità cinesi nello Xinjiang stanno raccogliendo una gamma completa di dati biometrici, compresi campioni di DNA, impronte digitali, scansioni dell’iride e gruppi sanguigni di tutti i residenti nella regione di età compresa tra 12 e 65 anni per costruire un database biometrico livello regionale.

Questa raccolta di dati viene effettuata principalmente tramite un’applet mobile appositamente progettata, mentre DNA e gruppi sanguigni vengono raccolti attraverso un programma annuale gratuito di esami medici chiamato “Physicals for All”. Nel 2016, gli uffici della polizia nello Xinjiang hanno anche iniziato a raccogliere campioni vocali dei residenti per un database vocale nazionale che potrebbe essere utilizzato, per esempio, per identificare una voce durante le conversazioni telefoniche registrate.

Dalle persone “attenzionate” o degli “individui chiave” devono essere acquisiti campioni biometrici completi indipendentemente dall’età. Queste “persone importanti da controllare” e le loro famiglie sono quelle che le autorità cinesi considerano una minaccia per la stabilità del regime, di solito si tratta di persone appartenenti a minoranze etniche come gli uiguri o appartenenti a gruppi religiosi “illegali”.

Secondo Human Rights Watch, questo schema di raccolta biometrica è descritto dettagliatamente nel documento ufficiale intitolato “Linee guida di lavoro per la Regione [autonoma uigura dello Xinjiang] circa la registrazione accurata e la verifica della popolazione” (“Programma di registrazione della popolazione”).

Come riferito in precedenza da Bitter Winter, una parte importante dello sforzo di raccolta dati in Cina è costituita dall’ampia “Operazione bussare alle porte” lanciata a livello nazionale all’inizio del 2017. Nell’ambito di questa operazione vengono mandati agenti di polizia a indagare e fotografare i credenti con falsi pretesti; essa fa parte di un sistema di sorveglianza più vasto finalizzato a localizzare specificamente le persone religiose in tutto il Paese.

L’operazione consente di raccogliere informazioni sulle attività dei gruppi religiosi presenti nell’elenco degli xie jiao ed esegue la sorveglianza in rete di ciascun credente. I dati raccolti vengono memorizzati nei computer dedicati dell’Ufficio per la protezione della sicurezza interna. Gli investigatori cercano anche prove sugli individui che promuovono la religione e, quando le trovano, vengono avviate ulteriori indagini. Queste indagini comportano una sorveglianza completa e ininterrotta delle persone attraverso i progetti “Sharp Eyes” e “Skynet”, ma anche tramite altri sistemi di monitoraggio elettronico.

Sorveglianza totale

Come riferito dal Los Angeles Times, la Cina ha installato 176 milioni di telecamere di sorveglianza pubbliche e private per i suoi 1,4 miliardi di abitanti. In ogni isolato della capitale ve ne sono alcune. Tuttavia, la Cina prevede di arrivare ad avere 626 milioni di telecamere installate a livello nazionale entro il 2020. Poiché nelle zone rurali sono installate più telecamere a circuito chiuso aventi funzionalità sempre più avanzate per il riconoscimento facciale e ora anche per il riconoscimento “dell’andatura” (ossia della modalità di deambulazione), la Cina diventerà presto la società più monitorata del mondo.

Secondo un rapporto di Radio Free Asia, una società del Guangdong, la Bell New Vision Co., afferma di aver sviluppato sistemi basati sulla piattaforma Sharp Eyes utilizzando televisori e smartphone per rendere possibile la videosorveglianza anche all’interno delle abitazioni. A partire dal 2016, la polizia dello Xinjiang ha inoltre iniziato a utilizzare dispositivi di scansione palmari o desktop che possono entrare negli smartphone estraendo e analizzando tutte le informazioni in essi contenute. Queste tecnologie di sorveglianza si chiamano quietly spreading across China. La Reuters ha riferito che questa tecnologia sta ora invadendo città come Shanghai e Pechino.

I residenti nello Xinjiang sono anche obbligati a installare dispositivi di localizzazione GPS nei loro veicoli, coloro che si rifiutano di farlo non possono acquistare carburante per i loro mezzi. Le autorità hanno inoltre implementato sistemi di riconoscimento facciale in grado di segnalare se una persona controllata si allontana di oltre 300 metri dalla sua abitazione o dal posto di lavoro.

Inoltre, dal 2017, i residenti nello Xinjiang sono obbligati a installare un’applet chiamata Jingwangweishi, “Web Cleaning Soldier” che serve alle autorità a monitorare i telefoni cellulari. Tutti i residenti cinesi sono sempre più sorvegliati dallo Stato attraverso una backdoor nella popolare applet social WeChat.

Coordinamento di tipo militare

Considerata la mole di dati raccolti su ogni aspetto e movimento di una persona, è necessaria l’intelligenza artificiale per elaborare le informazioni di centinaia di milioni di cinesi. L’intelligenza artificiale «può tracciare schemi, relazioni tra le mappe e notare le deviazioni». Secondo Dean Cheng, un esperto di Cina della Heritage Foundation, per i responsabili delle Chiese domestiche, ciò rende difficile organizzare, tenere segretamente funzioni religiose o far giungere all’esterno informazioni sulla persecuzione.

Human Rights Watch riferisce che per gestire e analizzare le enormi quantità di informazioni provenienti da così tante fonti, le autorità cinesi stanno implementando una «”piattaforma integrata per operazioni congiunte” di tipo militare per aggregare i dati sulle persone che rileva le deviazioni da ciò che le autorità ritengono normale». Il programma genera elenchi di argomenti che la polizia può utilizzare per le retate e gli interrogatori, così molti vengono arrestati e poi inviati nei campi per la trasformazione attraverso l’educazione.

Le operazioni integrate congiunte sono una nuova dottrina dell’Esercito popolare di liberazione cinese (PLA) che dipende dal “sistema dei sistemi” hi-tech C4ISR (comando, controllo, comunicazioni, computer, intelligence, sorveglianza e ricognizione). L’applicazione di questa dottrina militare e la tecnologia impiegata dalla polizia civile dimostrano fino a che punto la polizia dello Xinjiang sia militarizzata.

Localizzare e reprimere

In definitiva tutta questa sorveglianza e raccolta di dati è stata progettata per uno scopo. Secondo quanto affermato dalle autorità cinesi questa sorveglianza senza precedenti, il tracciamento e il monitoraggio vengono utilizzati per prevenire il crimine, aumentare il benessere o per altri scopi benevoli, in realtà l’obiettivo generale consiste nel controllare e reprimere le persone, specialmente gli uiguri e i gruppi religiosi.

Ciò è stato recentemente evidenziato in modo scioccante quando un esperto informatico olandese ha scoperto online un massiccio database cinese non protetto. Esso dimostra che la Cina sta utilizzando quello che viene definito un “localizzatore di musulmani” per monitorare da vicino oltre 2,5 milioni di persone, principalmente uiguri nella regione dello Xinjiang. L’australiana ABC News ha diffuso la notizia secondo cui Victor Gevers, un ricercatore della GDI.foundation, ha trovato nomi, numeri di documenti d’identità, date di nascita, datori di lavoro e posizioni su un database non protetto gestito da SenseNets, una società cinese ingaggiata dalla polizia.

I rapporti hanno mostrato che il database includeva dettagli di 2.565.724 di persone e 6.7 milioni di coordinate geografiche che mostravano le posizioni di ciascuno di questi cittadini nelle ultime 24 ore. Secondo Gevers, i dati sono stati taggati con descrizioni tipo: moschea, hotel, internet cafe, ristorante, stazione di polizia e altri luoghi in cui spesso sono collocate le telecamere di sorveglianza. Sembra che le posizioni siano state rilevate quando i soggetti sono passati di fronte a telecamere fisse che trasmettono un feed video per il riconoscimento facciale.

Ha scritto su Twitter: «Questa precaria soluzione di riconoscimento facciale/verifica personale è costruita e gestita per un solo obiettivo. Si tratta di un ‘localizzatore di musulmani’ finanziato dalle autorità cinesi nella provincia dello Xinjiang per tenere traccia dei musulmani uiguri». Entro il 2020 la Cina prevede di utilizzare questi sistemi di sorveglianza per monitorare tutti i cinesi. Tuttavia i cinesi non intendono limitare il monitoraggio alla Cina.

Come riportato da Bitter Winter, il recente arresto a Vancouver, in Canada, di Meng Wanzhou, vicepresidente e direttrice finanziaria della maggior azienda privata cinese, la Huawei Technologies Co. Ltd  ha accresciuto la preoccupazione che la Cina intenda diffondere le sue tecniche di sorveglianza a livello globale, ben oltre il Paese attraverso società come la Huawei, potenzialmente anche dirottando la rete mondiale 5G di prossima generazione per questi scopi.

Censura digitale e indottrinamento

In Cina, per completare questo quadro orwelliano, giganti tecnologici occidentali come Apple si rendono complici della repressione censurando i siti web e le applet per i diritti umani e la libertà religiosa. Inoltre, nel gennaio 2019 il PCC ha lanciato una nuova app, disponibile sia su piattaforma Apple sia su Android, chiamata “Xi Study (Xue Xi) Strong Nation” (学习强国), che si può trovare sul sito web xuexi.cn.  Questa app, fornita dal Centro di ricerca sulla propaganda e la pubblica opinione del Dipartimento centrale per la propaganda del PCC, è obbligatoria per tutti i quadri e i membri del partito.

Come segnalato da Bitter Winter, il nome richiede una spiegazione, poiché include un gioco di parole in cinese. “Xi” è il cognome del presidente, ma è anche il secondo carattere della parola cinese xuexi (学习) che significa “studiare”. Come a dire che lo studio dei discorsi del presidente sia il più importante di tutti. Apple, che censura altre applet si è rapidamente adeguata, così come altre piattaforme e ora “Xi Study” è attiva e funzionante alla massima velocità.

La definizione “distopia orwelliana” potrebbe essere fin troppo delicata per descrivere la continua espansione del dispotismo digitale cinese.

Contrassegnato con: Diritti umani, Sorveglianza

Paul Crespo
Paul Crespo

Paul Crespo, statunitense, esperto di politica e di sicurezza internazionali, opinionista e consulente per la comunicazione, con quasi trent’anni di esperienza, ha lavorato sia per il governo degli Stati Uniti sia per aziende e organizzazioni no-profit. Ex ufficiale dei Marines, ha prestato servizio come addetto militare in diverse ambasciate statunitensi del mondo. È stato docente a contratto di Scienze politiche nell’Università di Miami e fa parte della redazione del Miami Herald. Laureatosi nelle università di Georgetown, Londra e Cambridge, è amministratore delegato di SPECTRE Global Risk, una società di consulenza in materia di sicurezza e collabora con Bitter Winter

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