Le autorità imprigionano nei campi di “rieducazione” anche solo chi parla la lingua uigura.
Bitter Winter ha recentemente intervistato Zhang Hui, residente a Shihezi, che ha visto tutti i propri parenti, compresi i due fratelli, venire arrestati e incarcerati in un “campo di rieducazione”.
Il 20 aprile, due poliziotti si sono recati a casa del fratello minore di Zhang Hui, Zhang Ming, e gli hanno chiesto se parlasse la lingua uigura e se credesse nell’islam. Zhang Ming ha risposto di sapere parlare uiguro, ma di non essere credente. Gli agenti hanno però sentenziato che se parlava uiguro voleva dire che era legato ai musulmani e quindi lo hanno imprigionato in un “campo di rieducazione” per dieci giorni, dove era tenuto a pagare 100 renminbi al giorno per il soggiorno. Ogni giorno doveva recitare il Manifesto del partito comunista: se non lo faceva, gli veniva comminata una punizione fisica. Le guardie del campo hanno minacciato i detenuti: se avessero divulgato informazioni sul campo, sarebbero stati nuovamente arrestati e sottoposti a torture, mentre i loro beni sarebbero stati confiscati.
Dopo avere incarcerato Zhang Ming, la polizia si è messa alla ricerca di Zhang Hui per condurlo al campo, ma Ming ha detto che suo fratello né parlava uiguro né credeva nell’islam. I poliziotti hanno quindi desistito e se ne sono andati.
Zhang Hui ha riferito che il fratello maggiore e 15 musulmani, tra cui un imam, sono stati arrestati a marzo mentre pregavano. A tutt’oggi nessuno sa dove siano detenuti.
Poco dopo quell’arresto, un altro parente di Zhang Hui è stato imprigionato solo perché parlava uiguro e non è ancora stato rilasciato.
Zhang Hui vive nell’ansia e nella paura costanti, privo di ogni sicurezza. E ha detto: «Dopo che mio fratello maggiore è stato portato via, sua moglie era così spaventata che non ha osato parlarne con alcuno. Dopo poco, anche lei è stata arrestata assieme a tutta la famiglia dei suoi genitori. Nemmeno io parlo degli arresti nella mia famiglia perché potrei essere portato via in qualsiasi momento».
L’area della città di Shihezi è popolata da persone di etnia Hans, che sono principalmente di religione musulmana e che parlano la lingua uigura: questo, a quanto pare, costituisce una ragione sufficiente per venire arrestati e imprigionati nei “campi di rieducazione”. Anche amici e parenti vengono coinvolti e arrestati. Non molto tempo fa, 18 persone sono state imprigionate in rapida successione in un villaggio della città di Shihezi: il loro destino rimane ignoto.
I credenti non ritornano quasi mai dai campi. «Se continuano ad arrestare la gente a questo ritmo, nello Xinjiang non rimarrà più nessuno!”, ha detto un uomo del posto.
Tutti i nomi sono pseudonimi.
Servizio di Li Zaili