Pechino interpreta l’accordo raggiunto con la Santa Sede come l’obbligo di fondersi con l’Associazione Patriottica filogovernativa
Nella città di Fuzhou, nella provincia costiera del Fujian, proprio di fronte a Taiwan, le autorità hanno fatto irruzione e disturbato numerosi luoghi di ritrovo della Chiesa Cattolica clandestina perché «per poter svolgere incontri è necessario aderire all’Associazione Patriottica Cattolica Cinese (CPCA)». I fedeli sono stati fotografati e filmati, e i loro dati personali registrati. La polizia in borghese ha scattato di nascosto fotografie e video dei sacerdoti con indosso i paramenti liturgici.
Alla fine di settembre è stato chiuso un luogo di ritrovo che poteva accogliere oltre mille fedeli. Secondo il gestore dell’edificio, l’accordo tra la Santa Sede e la Cina del 2018 sembra aver reso più audace l’Ufficio per gli affari religiosi. Molti luoghi di ritrovo clandestini sono stati posti sotto sorveglianza e i sacerdoti vengono spesso convocati per essere interrogati dall’Ufficio per la sicurezza nazionale.
Il direttore dell’edificio rimane però ottimista: «Non abbiamo paura di essere interrogati perché non abbiamo fatto nulla di male. Vogliamo la separazione tra Chiesa e Stato, il governo non può controllare il nostro credo».
Ciò conferma ancora una volta il modo in cui il Partito Comunista Cinese (PCC) interpreti l’accordo con la Santa Sede. In virtù dell’accordo, i sacerdoti e le comunità della Chiesa Cattolica clandestina dovrebbero semplicemente aderire alla CPCA.
Più o meno nello stesso periodo, la polizia del distretto di Jin’an della città di Fuzhou ha chiuso un luogo di incontro all’interno di un condominio perché «i credenti devono tenere gli incontri in una chiesa ufficiale», cioè della CPCA. I parrocchiani che frequentavano la cappella sono stati identificati e videoregistrati.
A novembre, la polizia ha limitato a 50 il numero massimo di persone cui è consentito partecipare agli incontri organizzati in una cappella cattolica ubicata in un seminterrato nel distretto residenziale di Wanxiangcheng. Inoltre, prima degli incontri, i fedeli debbono identificarsi e firmare un apposito registro. In caso contrario, la cappella verrà chiusa.
Secondo i fedeli, a Fuzhou almeno quattro cappelle sono state costrette a chiudere. In molti altri luoghi le attività religiose e il numero di fedeli sono stati limitati. I fedeli sono stati dunque costretti a trasferirsi in altre cappelle e a cambiare l’orario degli incontri. Alcune comunità hanno disposto che, durante la Messa, alcune persone montino la guardia nella speranza di scoraggiare i raid della polizia.
Alcuni parrocchiani si sentono indifesi. Uno di loro ha affermato: «Non c’è niente da fare. Possiamo solo provare a cambiare i luoghi di incontro più spesso e forse così sarà più difficile trovarci».
Altri rimangono invece spavaldi e dicono che non si arrenderanno mai alla persecuzione: «Se un luogo di incontro viene chiuso, ne troveremo un altro. Ora siamo impegnati in una sorta di “guerriglia” contro il governo. Per chi cerca la verità, il percorso non è mai facile. La strada per il Regno dei Cieli è stretta. Qualunque cosa accada, non tradiremo Dio. Anche se significasse morire, non lo tradiremo mai».
Un sacerdote cattolico clandestino dell’arcidiocesi di Fuzhou ha fatto eco a questa sfida: «La CPCA è un’aberrazione. In oltre 200 Paesi del mondo, dove esiste un’associazione patriottica così? Il Partito usa la CPCA per controllare la Chiesa. È stato il Partito a creare questa situazione. Apparentemente finge di mantenere rapporti buoni con te, ma il suo vero scopo è controllare e distruggere il cattolicesimo».
Servizio di Lin Yijiang