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Doppio virus nello Xinjiang: le fake news e il COVID-19

04/03/2020Ruth Ingram |

Il coronavirus si diffonde e il PCC mente, dichiarando che i detenuti sono stati rilasciati e che l’epidemia è sotto controllo. Falso

di Ruth Ingram

uomini uiguri in una caffetteria
Propaganda del PCC in azione: una vecchia immagine di uomini uiguri in una caffetteria viene usata come «prova» che nello Xinjiang tutto va bene

Buone notizie! I detenuti internati nei campi non corrono assolutamente il rischio di contrarre il coronavirus. Perché? Perché si sono tutti «diplomati» e ora sono liberi. Lo ha affermato Elijan Anayit, portavoce del governo dello Xinjiang, durante una conferenza stampa tenutasi nel 22 febbraio nella capitale regionale Urumqi.

Usando tutte le possibili risorse per dissipare i timori della diaspora uigura sul fatto che i cosiddetti «tirocinanti», ovvero gli internati nei campi per la trasformazione attraverso l’educazione, potrebbero essere bersagli ideali del virus letale, l’ultima rivelazione di Pechino può solo essere interpretata come l’ennesimo disperato tentativo per limitare i danni provocati dalla divulgazione della «lista Karakax», un documento che illustra dettagliatamente i perché e i percome dell’internamento nel sud dello Xinjiang di un campione di 311 uiguri.

La diaspora uigura diffida di questa versione ottimistica. Gli uiguri sparsi nel mondo dicono che i loro connazionali sono facili bersagli e che il numero delle persone contagiate dal virus sale quotidianamente. Le rassicurazioni sul fatto che i loro parenti siano sani e salvi non vengono ascoltate da chi è preoccupato per l’incolumità dei propri familiari internati nei campi da cui giungono storie di malnutrizione, sovraffollamento, torture e persino stupri, storie che dipingono un quadro dove si contano centinaia di migliaia di prigionieri ignari in attesa di essere colpiti da un virus specializzato nel prendere di mira i più deboli e vulnerabili.

Nel 2017 sono entrate in vigore le misure draconiane volute da Chen Quanguo, da allora i collegamenti aerei sono bloccati e ogni contatto con la patria interrotto. Non vi è alcuna prova certa che davvero la maggior parte degli internati nelle cosiddette «scuole di formazione professionale» volontarie siano stati rilasciati. Tra quelli abbastanza fortunati da essere liberati, un gran numero sembra semplicemente essersi «diplomato» per passare da un tipo di prigionia a un altro. Ora queste persone lavorano come schiavi nelle fabbriche, stipate nei dormitori dove producono vestiti e telefoni cellulari per i mercati mondiali.

Sferzando i media mainstream che hanno criticato la gestione cinese dell’epidemia, il China Daily ha bollato quanto pubblicato da The New York Times, Foreing Policy e China Uncensored come «spazzatura anti-cinese». Pechino ha contemporaneamente dato inizio a una guerra sporca nei confronti di Adrian Zenz, il ricercatore che ha meticolosamente registrato lo sviluppo dei campi a partire dalla loro inaugurazione nel 2016. L’uomo è stato bollato di essere uno «studioso anti-cinese», mentre i due giornalisti di Grayzone che hanno portato dei colpi bassi alla sua integrità accademica e preso in giro la sua fede religiosa sono stati elogiati.

Il governo dello Xinjiang, preoccupato di arginare il flusso di cattive notizie, ha bloccato i media nell’intera regione segretando tutte le informazioni. Di tanto in tanto vengono pubblicati dei bollettini accuratamente edulcorati e infarciti di banalità.

Le voci secondo cui il numero di persone contagiate dal virus nello Xinjiang è stato sottostimato per evitare ulteriori scandali sui campi sono state risolutamente soffocate da un funzionario della Regione autonoma uigura dello Xinjiang che ha denunciato le accuse e condannato fermamente le notizie «infondate».

Elijan Anayit, portavoce dell’Ufficio informazioni del governo popolare dello Xinjiang, durante una conferenza stampa tenutasi a Urumqi sabato scorso ha condannato la «spaventosa disinformazione» diffusa all’estero dalle forze del «Turkestan orientale».
Il portavoce ha affermato che le ipotesi secondo cui i «centri professionali per l’istruzione e la formazione» dello Xinjiang sono stati i focolai della diffusione del coronavirus o che «il governo cinese potrebbe usare il nuovo coronavirus per spazzare via il milione [in realtà sono di più] di musulmani internati nei campi di concentramento» sono sciocchezze.

Anayit ha detto ai giornalisti: «Sin dallo scoppio dell’epidemia del coronavirus, considerando prioritaria la sicurezza e la salute delle persone di tutti i gruppi etnici, lo Xinjiang ha implementato con fermezza le decisioni e le strutture per la prevenzione e il controllo delle epidemie stabilite dal Comitato Centrale del PCC».

Il portavoce ha poi cercato di rassicurare il mondo affermando che alla mezzanotte di venerdì, nello Xinjiang «c’erano 76 casi confermati di COVID-19 e che i decessi erano due». Ha poi aggiunto: «Finora ventiquattro pazienti sono guariti».

Una fotografia usata per illustrare la concione di Anayit fornisce un piccolo indizio circa il frettoloso e raffazzonato insieme di fake news confezionato da Pechino. Si tratta di un’immagine la cui didascalia recita «Persone sedute insieme a casa nella Regione autonoma uigura dello Xinjiang» e ritrae un gruppo di anziani uiguri seduti felici spensierati a bere il tè.

I lettori profani probabilmente non hanno notato che in realtà quello scatto è stato realizzato all’interno di una famosa casa da tè a Kashgar, dove per oltre un secolo gli anziani erano soliti riunirsi per passere il tempo. La foto non ha alcuna attinenza con la situazione attuale ed è ingannevole.

Il PCC si basa sul fatto che la regione è un’area poco conosciuta e sono pochi coloro che hanno assistito sul campo ai recenti eventi. Dimentica però che alcuni hanno visto le atrocità dispiegarsi davanti ai loro stessi occhi e quelli che hanno sperimentato personalmente l’orrore. Queste persone non dimenticheranno mai.

Le affermazioni del Global Times secondo cui i file di Karakax sarebbero «esagerati» e di Mehmutjan Umarjan, responsabile della contea di Moyu (la contea in questione), secondo cui «le forze del Turkestan orientale hanno falsificato l’elenco per separare lo Xinjiang dal resto del Paese» dimostrano che il PCC è stato messo all’angolo e non ha vie di fuga. Le affermazioni del Global Times secondo cui i campi per la trasformazione attraverso l’educazione fanno parte di una strategia per contrastare il terrorismo e l’estremismo e che tutti gli sforzi contro il terrorismo vengono condotti nel rispetto della legge fanno acqua da tutte le parti rispetto alle crescenti prove che dimostrano il contrario.

Mentre i parenti delle persone scomparse sono in ansia per la loro sorte e aspettano nel dolore, la maggior parte degli osservatori cinesi trova queste affermazioni poco rassicuranti e spera solo che l’epidemia abbia termine.

Contrassegnato con: coronavirus, Fake News, Musulmani Uiguri

Ruth Ingram

Ruth Ingram, ricercatrice, collabora assiduamente a varie testate, fra cui il sito dell’Institute of War and Peace Reporting (la principale pubblicazione su Asia Centrale e Caucaso), Guardian Weekly e The Diplomat.

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