Nella provincia dello Xinjiang madre e figlio sono finiti in prigione a causa della fede che professano dopo avere fatto richiesta del passaporto; a tutt’oggi della loro sorte non si sa nulla.
Recentemente un amico intimo degli arrestati ha raccontato a Bitter Winter dell’arresto e della successiva scomparsa di Ela e Aman (pseudonimi), madre e figlio appartenenti a una famiglia di musulmani osservanti.
All’inizio del 2017 Aman aveva ricevuto un indennizzo per l’esproprio della casa dei suoi avi e, assieme alla madre, aveva fatto richiesta del passaporto per recarsi all’estero.
A metà di marzo 2017, di mattina presto alcuni agenti provenienti dalla città di Aksu e dal distretto secondario Liudaowan della città di Urumqi hanno fatto irruzione nella casa di Aman, chiedendo alla madre se credesse nell’islam e se avesse fatto domanda per un passaporto, domande a cui la donna ha risposto affermativamente. Mentre un poliziotto la interrogava, gli altri hanno perquisito la casa e sequestrato alcuni testi religiosi, tra cui una copia del Corano, e tappeti da preghiera. Gli agenti hanno poi continuato la perquisizione in cantina, sequestrando gli attrezzi da lavoro del padre di Aman tra i quali un’accetta e un martello.
Vedendo che la moglie e il figlio venivano portati via, il padre di Aman ha cercato di intervenire, chiedendo ansiosamente ai poliziotti per quale motivo li stessero arrestando: si è sentito rispondere che, se avesse continuato a gridare, avrebbero portato via anche lui.
Da quando sono stati prelevati quasi un anno e mezzo fa, di Aman e di Ela non si sono avute più notizie.
(Tutti i nomi usati sono pseudonimi.)
Servizio di Li Zaili