I dissidenti e i fedeli dei gruppi religiosi proibiti vengono spesso torturati in carcere. Il racconto di due di loro
di Yang Luguang
Come Bitter Winter ha più volte riferito, i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO), il singolo movimento religioso più perseguitato in Cina, vengono regolarmente torturati e maltrattati a causa della fede che professano. Per indurli ad abiurare o a rivelare informazioni sui propri correligionari e sulla Chiesa spesso si esagera con la forza. Due fedeli della CDO della provincia orientale dell’Anhui hanno deciso di raccontare quel che hanno patito, celandosi sotto pseudonimi.
Anni fa Li Yi, oggi 50enne, è stata arrestata due volte per l’opera missionaria in cui era impegnata. Dopo l’arresto, l’hanno interrogata e torturata per costringerla a rivelare eventuali informazioni in suo possesso. La donna ricorda: «Tre poliziotti mi premevano la faccia a terra, mentre un quarto mi colpiva violentemente sulla schiena e sulle gambe con una specie di mattarello lungo 50 centimetri. Questo supplizio è durato per almeno tre ore fino a quando tutto il mio corpo era ricoperto di lividi. Gli agenti hanno smesso di picchiarmi solo quando si sono stancati e io ho perso conoscenza».
La donna quindi continua: «Mi colpivano in faccia con una scarpa e il mio volto era rosso e tumefatto, il sangue mi usciva dalla bocca. Mi trascinavano per i capelli strappandone molti e poi mi facevano sbattere la testa su una sedia fino a farmi venire le vertigini. Sulla mia testa c’è una zona dove i capelli non crescono più».
Li Yi ha continuato elencando i problemi causati dalle sevizie subite durante la detenzione e che l’affliggono tuttora: «Soffro continuamente di mal di testa e di mal di schiena inoltre nelle giornate umide una gamba mi fa male. Il dolore è così forte che talora riesco a malapena a muovermi».
Un uomo, che chiameremo «Qin Jing», è stato sottoposto a torture ancora più crudeli. L’uomo ricorda l’interrogatorio a cui è stato sottoposto nel 2012 ad Anhui dagli uomini della Brigata investigativa criminale: «Gli agenti mi hanno tolto la maglietta e mi hanno ordinato di togliermi le scarpe e le calze poi mi hanno fatto sedere sulla panca della tigre [un dispositivo di tortura]. Quel giorno c’erano otto gradi sotto zero e loro mi rovesciavano dell’acqua gelida sul corpo mentre io ero incatenato mani e piedi alla panca. Le mie labbra tremavano e il mio corpo rabbrividiva per il freddo».
Per costringerlo a fornire informazioni sui responsabili della CDO, gli agenti gli hanno fatto ingerire dell’olio di senape. Si tratta di un metodo di tortura comunemente usato in Cina perché non lascia segni esteriori visibili, ma provoca un dolore estremo e danneggia l’organismo.
Qin Jing ha raccontato: «Quattro agenti mi hanno versato quattro bottiglie di olio di senape nella bocca e nelle narici. Era terribilmente piccante! Ho provato un dolore fortissimo a bocca, naso, gola e stomaco. Mi sembrava di bruciare mentre lacrime e muco non smettevano di uscire. Le mie labbra si sono gonfiate diventando grosse come le salsicce e per un po’ di tempo non ho più potuto mangiare».
Gli agenti gli percuotevano le dita di mani e piedi con una canna di bambù lunga 70 centimetri. L’uomo ha ricordato: «Ogni colpo provocava un dolore lancinante, le dita delle mani e dei piedi erano coperte di sangue e loro continuavano a colpirmi senza sosta, alla fine mani e piedi erano tumefatti e il dolore era insopportabile».
Qin Jing è stato anche torturato con l’elettricità e le scosse elettriche gli hanno lasciato segni di bruciatura attorno alla vita. Durante la detenzione l’uomo ha sofferto molto a causa delle ferite che gli sono state inflitte e per le quali non ha ricevuto alcuna cura. Qin Jing non era in grado di alzarsi e riusciva solo a strisciare a terra. Gli agenti hanno anche minacciato di picchiarlo ancora se avesse rivelato i dettagli della sua detenzione.
Secondo il rapporto annuale della CDO per il 2019, l’anno scorso 3.824 fedeli della Chiesa hanno subito varie forme di tortura e di indottrinamento mentre 19 sono deceduti a causa delle persecuzioni.
Chang Ping, noto scrittore, giornalista e opinionista cinese che ora vive in Germania, commenta: «Nel vasto territorio cinese la tortura viene praticata continuamente in innumerevoli centri di detenzione, stanze per interrogatori, carceri, fattorie per la riforma tramite il lavoro e “prigioni nere”». A suo avviso «l’attenzione e il sostegno che le vittime hanno ricevuto sono tutt’altro che sufficienti. Il sistema che crea le vittime e gli individui responsabili delle torture non solo non hanno ricevuto la punizione che meritano, ma anzi stanno diffondendo i loro abusi tirannici torturando arbitrariamente anche i cittadini di Hong Kong».
Nel gennaio dello scorso anno Wang Quanzhang, un celebre avvocato che lotta per i diritti umani, è stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione dopo averne trascorsi tre in detenzione. Dopo il rilascio, ha descritto come veniva percosso e preso a calci affinché si dichiarasse colpevole. In carcere l’uomo è stato schiaffeggiato e torturato in vari modi affinché confessasse di «aver tentato di rovesciare il governo grazie a fondi ricevuti dall’estero».