La politica della «difesa congiunta delle dieci famiglie», che si sta rapidamente diffondendo nello Xinjiang, terrorizza sia le minoranze sia i cinesi di etnia Han.
Recentemente, Bitter Winter ha riferito della politica della “difesa congiunta delle dieci famiglie”, che è stata istituita in diversi territori della regione autonoma dello Xinjiang. Le famiglie cinesi di etnia Han, a gruppi di dieci, sono costrette ad acquistare equipaggiamenti antisommossa per tenere sotto controllo la minoranza uigura.
Ora si hanno anche i dettagli di come i gruppi vengano addestrati, poiché, da maggio, questa politica è stata pienamente attuata nella città di Shihezi, nello Xinjiang, dove la polizia conduce regolarmente “esercitazioni antiterrorismo” e dove persino i titolari dei negozi sono tenuti a partecipare.
Come avvenuto per le famiglie, anche ai negozianti è stato imposto di spendere grosse somme di denaro per acquistare l’attrezzatura necessaria, che comprende estintori, allarmi a pulsante, indumenti protettivi, manganelli e altro. Le autorità di vari dipartimenti si alternano nell’ispezionare i negozi onde verificare che siano tutti dotati dell’attrezzatura richiesta; se manca anche un singolo articolo, il negozio viene chiuso.
Non appena i poliziotti suonano un fischietto, il negoziante e i suoi dipendenti devono presentarsi in un punto designato entro 30 secondi, dotati dell’equipaggiamento completo. Chi non riesce a farlo viene punito così: alla prima violazione segue un richiamo; alla seconda l’attività del titolare viene chiusa per tre giorni; la terza è l’ultima violazione consentita perché le persone vengono internate nei “campi di rieducazione”.
A giugno il proprietario di una lavanderia a secco si è presentato al raduno in ritardo dopo il fischio: il negozio è stato chiuso e il proprietario è stato inviato in un campo, dove è tutt’ora imprigionato.
Questo ha gettato il panico tra negozianti e lavoratori. La cameriera di un ristorante si è lamentata così: «Siamo spaventati e nervosi tutto il giorno. Siamo sempre all’erta, nel terrore di affrontare le gravi conseguenze che ci attendono se non sentiamo il fischio. Il nostro capo ci ha anche molte volte ricordato che dobbiamo prestare la massima attenzione, se non vogliamo che lo mandino in un campo o che il ristorante venga chiuso».
La cameriera racconta di un incidente recente: «Quella volta, mentre ero impegnata al lavoro, una collega ha detto che le sembrava di avere sentito un fischio all’esterno. Senza esitazione, mi sono affrettata a uscire ma, guardandomi intorno, ho visto che non c’era nessuno; il fischio era suonato dieci negozi dietro di noi. Questa cosa si è ripetuta molte volte e questo terrore ci sta facendo impazzire!»
Servizio di Li Zaili