Il ministero cinese degli Esteri indice una conferenza stampa a Pechino per invitare l’Australia a non accogliere gruppi che il PCC dichiara “eretici”
Massimo Introvigne
L’11 aprile, il ministero degli Esteri ha tenuto una conferenza stampa a Pechino con pochi precedenti nella storia della diplomazia cinese. In parole semplici, lo scopo dell’incontro era quello di far sapere all’Australia che, laddove il PCC abbia etichettato un determinato gruppo come “eretico” (xie jiao), i Paesi stranieri sono caldamente invitati a non accogliere e a non collaborare in nessun modo con i suoi seguaci.
La conferenza stampa è stata motivata dalle accuse comparse sui media australiani e rivolte ad alcuni diplomatici cinesi che avrebbero esercitato pressioni sugli organizzatori del Georges River Festival, uno dei più famosi eventi pubblici di Sidney, dicendo loro che avrebbero dovuto escludere dall’elenco degli sponsor il quotidiano Vision China Times per via dei legami con il Falun Gong.
Il quotidiano ha negato tali legami, ma non è questo l’aspetto più importante di quanto è accaduto. Con un incredibile sfoggio di arroganza, dei diplomatici cinesi a Pechino hanno stabilito che alcune realtà australiane non possano collaborare con il Falun Gong perché «il Falun Gong è una setta eretica» e perché «è stato apertamente vietato dal governo cinese […]. Il Consolato generale ha avvertito il Paese coinvolto della natura eretica del Falun Gong, in modo che non sia ingannato o manipolato. Ciò è del tutto legittimo e giustificato e nulla ha a che fare con una “interferenza negli affari interni” altrui».
In realtà, è molto peggio. È noto che il PCC, pur essendo un partito politico ateo, reclami il diritto di dichiarare quali religioni siano ortodosse e quali invece siano eretiche. Quelle etichettate come “eretiche” finiscono nella lista degli xie jiao e sono perseguitate in modo feroce. Ora, il PCC fa un ulteriore passo in avanti. Dichiara che i governi stranieri debbano accettare la decisione del PCC in base alla quale un gruppo sia “eretico” e comportarsi di conseguenza nei propri Paesi.
Mentre il Global Times, un quotidiano nato con il preciso intento di approvare il governo e il PCC sempre e comunque, ha celebrato l’episodio come il momento in cui «la Cina ribatte alle insostenibili accuse dell’Australia a proposito del Falun Gong», i media australiani hanno ridicolizzato le autorità cinesi. E lo hanno fatto giustamente… Il PCC dovrebbe imparare che gli Stati moderni, democratici e laici non applicano discriminazioni contro “gli eretici”. Non li arrestano, non li torturano, non li uccidono, come invece fa la Cina. E certamente gli Stati democratici non chiederebbero alla Cina chi siano gli “eretici”.