Le autorità del Partito Comunista stanno “deradicalizzando” la Cina attraverso la rimozione dei simboli legati all’islam
In Cina è in corso una epurazione massiccia dei simboli arabi come parte dello sforzo del governo di interrompere la “halalizzazione”: in altre parole, tutto ciò che possa interessare la comunità musulmana.
La legge musulmana prevede che cibo e bevande siano preparate secondo una modalità che le renda adatte al consumo da parte dei fedeli. Nel tentativo di rimanere “laico”, però, il Partito Comunista Cinese (PCC) ha introdotto il concetto di qingzheng fanhua, vagamente traducibile come “generalizzazione dell’halal”, che vieta ogni manifestazione dell’identità islamica.
Bitter Winter ha già raccontato di come, nello Xinjiang, questa politica abbia già rovinato alcune attività. I prodotti certificati “halal” o quelli che, anche lontanamente, evochino motivi islamici vengono sistematicamente eliminati dagli scaffali e i proprietari dei negozi multati per averli messi in vendita.
La campagna di rimozione dei simboli islamici e di proibizione dei prodotti etichettati come halal ha già raggiunto altre zone della Cina, che vedano una numerosa popolazione musulmana, come la provincia del Gansu, che confina con lo Xinjiang.
In ottobre ha avuto luogo una massiccia rimozione dei simboli islamici nella contea autonoma hui del Mengcun, nella giurisdizione della città di Cangzhou, nella provincia settentrionale dell’Hebei. La maggior parte di quei simboli sono stati rimossi dei negozi lungo le strade, per esempio ristoranti e negozi di generi alimentari.
Secondo alcuni testimoni, alla metà di ottobre quattro o cinque agenti di polizia in uniforme si sono presentati all’ingresso di un supermercato e hanno interrogato il proprietario, di etnia hui, chiedendogli: «Hai intenzione di togliere i simboli islamici da solo o dobbiamo usare un escavatore per toglierli noi al tuo posto? Se distruggiamo noi i simboli, una volta che avremo finito con l’escavatore ogni cosa all’interno sarà distrutta e l’intero edificio crollerà».
L’uomo, terrorizzato, ha rimosso di persona i simboli religiosi.
Ancora, sempre in ottobre, alcuni funzionari dell’Ufficio per gli affari religiosi della città di Cangzhou sono entrati nella caffetteria di una scuola per un’ispezione e hanno intimato di togliere la parola “halal” scritta in caratteri arabi che si trovava all’interno.
Gli agenti hanno affermato che l’ordine fosse una indicazione diretta del governo centrale, dicendo inoltre che ogni simbolo arabo contenente la parola “halal” avrebbe dovuto essere eliminato in ogni città e in ogni provincia nel giro di due mesi. Hanno poi ammonito il proprietario, dicendogli che gli agenti avrebbero potuto condurre ispezioni in incognito in qualsiasi momento, scattando foto.
«Se non ha il simbolo halal, non possiamo dire se sia un cibo halal, quindi non osiamo mangiarlo», ha spiegato un residente, di etnia hui.
Un rivenditore di cibo della città di Tangshan, nell’Hebei, ha detto a Bitter Winter che il simbolo halal è stato tolto dalla confezione di un prodotto chiamato, in inglese, “Chang’s Palm Golden Crispy Noodles”, che comprava da una fabbrica della città di Jaozuo, nella provincia centrale dell’Henan. La cosa ha spinto molte persone di etnia hui a telefonare per verificare se vendesse merci contraffatte; se [un cibo] non è etichettato come halal, i musulmani non possono infatti mangiarlo.
In settembre, nel distretto di Changguan della città di Lanzhou, la capitale della provincia del Gansu, è stato ordinato di modificare la propria insegna a più di 80 negozi.
Secondo un dipendente di un supermercato della contea di Zhongning, nella giurisdizione della città di Zhongwei, nella Regione autonoma hui del Ningxia, i funzionari dell’Ente per il cibo e le medicine potrebbero arrivare in qualsiasi momento per verificare se vi siano prodotti alimentari che contengano la parola “halal”, e in caso li trovassero darebbero una multa.
Un dipendente di una compagnia che produce cibo nella città di Yinchuan, nel Ningxia, ha raccontato a Bitter Winter che il governo ha dato ordine che ciascuna grande azienda alimentare in città modifichi le confezioni dei prodotti venduti ai negozianti. Da allora in poi, i prodotti alimentari non devono contenere alcun simbolo halal o arabo.
«Abbiamo impiegato più di un mese, solo per gestire tutti i prodotti che ci sono stati restituiti dai vari supermercati e sostituire le confezioni», ha detto l’impiegato.
Anche un fornitore della città di Shizuishan, Ningxia, ha raccontato che, poiché vi era un’abbondante giacenza di magazzino di prodotti confezionati in scatole che riportavano simboli arabi, non potevano essere lavorati tutti in una volta. Per contenere le perdite, alcuni produttori hanno venduto le proprie merci con uno sconto superiore al 40%. Alcuni negozi sono persino stati costretti a interrompere le vendite, con conseguenti pesanti perdite di profitto, sia per i negozi sia per i dipendenti.
Servizio di Yang Xiangwen