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Bitter Winter

LIBERTÀ RELIGIOSA \n E DIRITTI UMANI \n IN CINA

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Le angosce della Chiesa di Dio Onnipotente – prima parte

18/11/2019Ruth Ingram |

Una ricercatrice britannica s’imbatte in un libro sulla persecuzione di un movimento religioso cristiano cinese (prima parte)

di Ruth Ingram

Coloro che si sono fermati contro la violenza spietata

Un libro inquietante

«Avevo compiuto 17 anni quando, nel 1997, la polizia ha arrestato mio padre perseguitandolo fino a farlo morire solo a causa della sua fede in Dio. Alcuni anni dopo, ancora incapace di sopportare il dolore e la sofferenza per la perdita del figlio, mio nonno si è tolto la vita avvelenandosi. Dopo la morte di mio padre mia madre ha avuto un esaurimento nervoso e recentemente anche lei ha lasciato il nostro mondo».

«I morti non tornano più e in ogni caso non avevamo un luogo dove dirigere le nostre suppliche. Oppressi e perseguitati dal regime ci siamo limitati a inghiottire il dolore per l’ingiustizia subita pensando che la luce al fondo del tunnel fosse irrimediabilmente fuori portata. Il tempo ha continuato la sua corsa incessante, ma il pensiero di mio padre che ha trovato una morte orribile provoca in me un dolore incancellabile che mi accompagnerà per tutta la vita».

L’unico crimine commesso dai genitori di Zhou Tao consisteva nell’appartenere alla Chiesa di Dio Onnipotente, un nuovo movimento religioso cristiano cinese fondato nel 1991. Conosciuto anche come Lampo da Levante ovvero Folgore da Oriente, il movimento conta ormai 4 milioni di fedeli che credono che Gesù Cristo sia tornato sulla Terra incarnandosi in una donna cinese (che adorano come Dio Onnipotente, ma di cui né menzionano né usano il nome), nata nella Cina nordoccidentale. Attualmente la donna dirige la Chiesa dall’estero, dove vive in esilio. Perseguitato e ricercato dal Partito Comunista Cinese (PCC), il responsabile amministrativo del movimento, Zhao Weishan, è stato anch’egli costretto a lasciare la Cina per vivere all’estero.

Il PCC colpisce senza pietà i fedeli del movimento sin dalla fondazione: centinaia di migliaia di credenti sono stati arrestati e i responsabili perseguitati senza posa. La cattura implica quasi sempre la tortura e sono almeno 121 i decessi verificatisi durante gli interrogatori o in seguito ai maltrattamenti inflitti dalla polizia. La persecuzione, che è tuttora in corso, si è intensificata nel 2018, quando hanno avuto luogo diverse operazioni speciali di arresto che hanno portato alla cattura di oltre 11mila fedeli.

Si sono perse le tracce di centinaia di fedeli arrestati e condannati e innumerevoli beni di proprietà della Chiesa e dei singoli fedeli sono stati confiscati. I libri e le apparecchiature elettroniche dei credenti vengono sequestrate e la persecuzione è tale da rendere loro impossibile una vita normale.

Ebbene, una esule protestante nordcoreana in esilio ha da poco pubblicato un libro con The Pen Center International Publishers Association, decisa a raccogliere le testimonianze di «chi resta saldo a fronte di una violenza implacabile». Il libro, che infatti s’intitola Those who stood firm against relentless violence, raccoglie cinque storie particolarmente vivide che raccontano le sofferenze che i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente subiscono per mano del PCC.

Zhou Tao

Quando Zhou Tao ha visto il padre per l’ultima volta l’uomo era adagiato su una barella coperto da un lenzuolo bianco. Sul corpo aveva solo gli indumenti intimi ed era coperto di lividi. La zona sotto il pomo di Adamo e intorno al collo presentava le lesioni tipiche dello strangolamento, la cute era lacerata e coperta di sangue i cui schizzi avevano imbrattato anche la barella.

L’uomo ha così descritto le condizioni di suo padre: «Una ferita lunga circa tre centimetri gli attraversava la parte destra del capo come se fosse stato colpito con un oggetto contundente. In vari punti tra cui il ponte del naso, gli angoli degli occhi, le guance e le labbra erano presenti lesioni bluastre e ciò mi fa pensare che sia stato bastonato. Sulla schiena e attorno alla vita c’erano quattro squarci lunghi circa quattro centimetri e le sue mani erano contratte a pugno. Il volto era gravemente tumefatto, gli occhi sbarrati e la bocca aperta. Già a prima vista era evidente che prima di esalare l’ultimo respiro aveva sofferto una terribile agonia».
Nonostante la famiglia stia perseguendo coraggiosamente gli assassini, un agente di polizia di nome Wang è stato condannato a casaccio a tre anni da scontare nella comunità. Tormentata dai sensi di colpa ed evitata dai vecchi amici del villaggio sua madre era ormai una donna distrutta quando è deceduta.

Le vicende raccontate sono strazianti e in ognuna di esse troviamo un’insensata barbarie rivolta contro un gruppo di persone che chiedono solo di poter praticare la loro fede in pace.
Ogni nuovo capitolo si apre con un fuoco di sbarramento emotivo di crudeltà e violenza insensata contro uomini e donne, giovani e vecchi, mentre la campagna di odio del PCC nei confronti della Chiesa di Dio Onnipotente prendeva piede. I documenti riservati del partito descrivono dettagliatamente i piani a lungo termine per annientare completamente la CDO e spiegano l’ostilità della polizia e i metodi brutali impiegati per costringere i comuni fedeli a denunciare i loro responsabili o almeno a rinunciare alla loro fede.

Lin Lin

Una seguace del movimento di nome Lin Lin, dopo essere riuscita a fuggire nella Corea del Sud, racconta dettagliatamente l’arresto e l’omicidio in carcere di Ma Suoping una dei responsabili della Chiesa che nel 2009 era stata in fuga per diversi mesi. Quando il ministero per la Sicurezza pubblica ha avviato a Zhengzhou la cosiddetta «Operazione Tuono» sono stati arrestati i fedeli appartenenti a un centinaio di famiglie.

Il 17 luglio di quell’anno un piccolo gruppo di fedeli si era appena alzato dopo un pisolino pomeridiano quando improvvisamente una decina di agenti in borghese si sono arrampicati sul muro di recinzione, hanno ucciso i quattro cani di grossa taglia che si trovavano nel cortile e sono entrati. Un agente corpulento, trionfante per aver finalmente catturato una figura chiave del movimento, aveva afferrato per i capelli la responsabile del gruppo Ma Suoping. Erano state impiegate quaranta o cinquanta macchine della polizia per bloccare le strade in ogni direzione e diverse centinaia di poliziotti per catturare questi fedeli. Nel domandare la ragione dell’arresto, Lin Lin aveva detto: «Abbiamo ucciso qualcuno? Abbiamo incendiato qualcosa? O forse abbiamo commesso un furto? Abbiamo rapinato qualcuno? Perché ci arrestate?».

La polizia ha risposto: «Omicidio? Incendio doloso? Quelli non sono un grosso problema. La fede è un crimine molto più grave. Questa operazione è sotto la diretta supervisione del ministero per la Sicurezza pubblica. Negli ultimi sei mesi, abbiamo fatto piazza pulita dei grandi capi della vostra Chiesa in diverse province. E ora abbiamo ottenuto il premio finale, Ma Suoping. Fede in Dio? Non nella Cina! ».

La donna è stata portata via per essere interrogata e siccome si rifiutava di tradire i suoi correligionari è stata brutalmente torturata. Due uomini tenevano Lin Lin sdraiata sul pavimento mentre altri le bloccavano le braccia dietro la schiena e afferratala per i capelli le sbattevano la faccia a terra. Le sue grida di dolore venivano ignorate e a un certo punto gli agenti non sapevano nemmeno se fosse viva o morta. Schernita in diversi modi è stata costretta a stare accovacciata con le braccia protese davanti a sé, ma non potendo resistere a lungo in quella posizione era caduta senza riuscire più a rialzarsi. La donna è stata punzecchiata con stuzzicadenti, colpita sul volto con una ciabatta e minacciata di subire il water boarding con una soluzione al peperoncino o la tortura. Tuttavia il peggiore supplizio era sentire le urla raccapriccianti di un’altra donna che veniva torturata al piano di sopra.

I racconti sono implacabili e parlano della mazza del Partito Comunista che cerca di frantumare come nocciole persone comuni che chiedono solo di vivere la propria vita secondo coscienza.

Wang Xiang e Wang Mei

Wang Xiang, una casalinga di 58 anni, non ha ottenuto giustizia quando nel 2015 sua figlia Song Xiaolan è stata buttata giù dal tetto di un edificio a quattro piani giacché era una responsabile della Chiesa. Al contrario, la polizia ha fabbricato una rete di menzogne riguardanti la sua morte, si è parlato di suicidio, di avvelenamento da pesticidi autoinflitto fino ad accusare la stessa Wang Xiang di essere responsabile della morte di sua figlia.

Wang Mei, 70 anni, racconta che suo marito, 75 anni, è stato arrestato in quanto un fedele della CDO ed è morto in carcere a causa di complicazioni derivanti dal diabete. La donna ricorda vividamente l’ottobre del 2003, quando la persecuzione nei confronti delle chiese familiari era diventata così intensa che i fedeli erano costretti a tenere le loro funzioni in luoghi nascosti nelle profondità della foresta, nelle grotte, nelle cantine e nei campi di grano. Per questo suo marito aveva suggerito di scavare una cantina sotto la cucina da utilizzare per gli incontri. I fedeli pregavano mentre trasportavano la terra, carico dopo carico, con le mani sudate e in dicembre avevano finito di scavare. La donna aggiunge: «Ringraziavo Dio. Con la sua protezione avevamo creato un posto in cui i nostri fratelli e sorelle potevano svolgere le funzioni religiose». Purtroppo però la sua gioia non era destinata a durare e un giorno, dopo un incontro pomeridiano, il suo amato marito è stato arrestato. Le è stato consentito di rivederlo solo due volte prima che l’uomo morisse.

Zou Demei

L’ultima storia è quella di Zou Demei, nota anche come Lu Yao, che nel 2009 era una responsabile della Chiesa di Dio Onnipotente nella provincia dello Jiangxi, divenuta poi la responsabile delle chiese nelle province dello Yunnan, del Guizhou, di Chongqing e del Sichuan. La donna ha raccontato la storia della propria detenzione negli Stati Uniti d’America in attesa del verdetto sulla propria domanda di asilo. Come i lettori di Bitter Winter sanno bene ora la donna è libera e le è permesso rimanere negli Stati Uniti grazie a una campagna internazionale in suo favore. Zou racconta la propria fuga, durata dal 2002 al 2016: in questi 14 anni il ministero per la Sicurezza dello Stato cinese ha avviato un’operazione di arresto congiunto contro la CDO. I responsabili della Chiesa di alto rango erano i bersagli designati di un’operazione che si avvaleva di intercettazioni telefoniche e geolocalizzazione.

Le autorità avevano ristretto la ricerca all’abitazione di sorella Gao, dove Zou Demei e altre due donne venivano ospitate, per sua fortuna Zou Demei era partita da due giorni quando le altre sorelle hanno dovuto subire la prova più crudele.

Alle 3 del mattino 200 agenti di polizia hanno circondato la casa dove le sorelle Li Jie e Xiao Lan dormivano profondamente. Agenti speciali hanno fatto irruzione nella casa attraverso le finestre e prima ancora che le due donne potessero svegliarsi sono state brutalmente percosse. Presto si sono trovate malridotte e insanguinate, gli schizzi del loro sangue ricoprivano i muri e le lenzuola.

Gli agenti hanno usato i manganelli elettrici per costringerle a fornire informazioni sulla loro responsabile e sono state loro inflitte numerose ferite su tutto il corpo. Visto che entrambe si rifiutarono di parlare, gli agenti hanno concentrato le torture sulla terza donna, sorella Gao. La donna è stata privata del cibo e del sonno e costretta a stare a piedi nudi sul cemento completamente bagnata con acqua fredda al di sotto di un condizionatore d’aria. Era gelata fino alle ossa e gli agenti continuavano a tormentarla in vari modi, anche sottoponendola di tanto in tanto ad un calore estremo.

Per quattrodici lunghi anni Zou Demei ha dovuto vivere da fuggitiva. Descrivendo dettagliatamente la propria esistenza nascosta al radar del PCC, ha spiegato: «Facevo piani accurati ogni volta che uscivo. Quando andavo a pregare mettevo qualcuno in guardia fuori e fuggivo se nella zona c’era un estraneo che bighellonava. Anche quando avevo bisogno di qualcosa non andavo nei supermercati e per paura di essere pedinata evitavo le strade principali. Se mi ammalavo non potevo ricevere cure mediche a causa della norma che impone ai pazienti di registrare le loro informazioni personali quando consultano un medico. Non sapendo quando la polizia avrebbe potuto fare irruzione mi vestivo a strati anche quando dormivo, ero perseguitata dagli incubi di essere arrestata e portata via.

Non vedendo il termine della mia vita da fuggitiva ho trascorso ogni giorno in agonia. Per 5.110 giorni ho vissuto costantemente nel terrore, la mia mente e il mio corpo erano esausti per via del continuo movimento. Il mio unico desiderio era di poter vivere liberamente una vita di fede».
Con riluttanza aveva compreso che l’unico modo per sopravvivere consisteva nel chiedere asilo all’estero. Incredibilmente, visto il costante monitoraggio, era riuscita a ottenere un passaporto e a raggiungere gli Stati Uniti. Ma nemmeno l’esilio si sarebbe rivelato facile e solo due anni dopo, dopo oltre 830 giorni di carcere e numerose minacce di rimpatrio, è stata finalmente liberata.

Purtroppo per lei anche la libertà in Occidente sarebbe stata dolce-amara. Dopo uno dei tanti tentativi falliti di rimpatrio da parte delle autorità statunitensi aveva chiamato una consorella cinese analogamente fuggita negli Stati Uniti per comunicarle la buona notizia, ma aveva ricevuto la scioccante notizia che sua madre era deceduta e che suo padre era scomparso. Dopo sedici anni il PCC aveva finalmente raggiunto e arrestato la coppia di anziani il cui solo crimine consisteva nell’appartenere alla Chiesa.

La donna in esilio aveva iniziato a singhiozzare: «Prima che me ne rendessi conto, le lacrime iniziarono a scorrermi lungo il viso, le mani mi tremavano e il mio cuore sembrava spezzarsi. Ho pianto ad alta voce. Per la prima volta dall’inizio della mia vita da fuggiasca nel 2002, mi sono abbandonata al pianto. Mi ero abituata a interiorizzare tutta la tristezza e i piccoli e grandi dolori causati dalla mia vita da fuggitiva. Per fronteggiare le difficoltà nel carcere statunitense mi bastava versare qualche lacrima silenziosa di tanto in tanto, ma quando ho saputo che i miei genitori erano stati catturati e mia madre uccisa non sono più riuscita a contenere l’emozione e ho versato tutte le mie lacrime».

Queste sono cinque tragedie personali, storie di crudeltà, sadismo, coraggio, fede e abusi estremi e gratuiti. Si potrebbero scrivere ancora molti libri perché storie simili a queste si svolgono tuttora, non solo in Cina dove i fedeli di questa Chiesa vivono vite furtive e segrete non sapendo mai cosa potrebbe accadere da un momento all’altro, ma anche tra gli esiliati, strappati ai loro cari e non sempre compresi o accolti con favore dalle nazioni che li ospitano.

Contrassegnato con: Chiesa di Dio Onnipotente, Tortura

Ruth Ingram

Ruth Ingram, ricercatrice, collabora assiduamente a varie testate, fra cui il sito dell’Institute of War and Peace Reporting (la principale pubblicazione su Asia Centrale e Caucaso), Guardian Weekly e The Diplomat.

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