Giusta la linea assunta da Washington, dichiara Lee Cheuk-yan. L’Europa ne seguirà l’esempio?
di Marco Respinti
«È una decisione molto importante. Voglio essere del tutto franco. Non sono trumpiano. Ma questa legge combatte la tirannia antidemocratica e di essa va dato onestamente atto al presidente Trump». La legge è l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act (HKHRDA) che il presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump ha firmato il 27 novembre. Lee Cheuk-yan la giudica una grande vittoria per le forze pan-democratiche di Hong Kong e per i manifestanti nelle strade. Lee è un sopravvissuto al massacro di Tiananmen del 1989 ed è il segretario generale della Confederazione dei sindacati di Hong Kong, l’ex presidente dell’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti democratici patriottici in Cina, consigliere legislativo di Hong Kong dal 1995 al 1995 2016, nonché il co-fondatore del Partito laburista di Hong Kong. In un’intervista concessa al sottoscritto per il quotidiano nazionale italiano Libero ha dichiarato che questa nuova legge statunitense traccia la strada che va seguita a livello internazionale. Sono cioè necessarie sanzioni internazionali per far sì che la polizia di Hong Kong e chi la manovra rispondano della brutalità scatenata verso quanti manifestavano pacificamente.
Lee cita il cosiddetto Global Magnitsky Act, formalmente Russia and Moldova Jackson-Vanik Repeal and Sergei Magnitsky Rule of Law Accountability Act of 2012, ovvero la legge bipartisan, approvata dal Congresso degli Stati Uniti e ratificata dal presidente Barack Obama nel dicembre 2012, che dal 2016 consente al governo americano di sanzionare i funzionari stranieri che siano implicati nella violazione di diritti umani ovunque nel mondo. Idealmente è infatti questo il modello che Lee spera venga seguito anche per Hong Kong.
L’ex uomo politico di Hong Kong spera che anche l’Europa, fin troppo silenziosa sulla crisi di Hong Kong, agisca presto. Per questo esorta all’azione sia le istituzioni europee sia singolarmente i suoi Stati membri, ancorché non vi siano illusioni con Paesi come l’Italia dove uno dei partiti attualmente membro del governo di coalizione con il maggior numero di parlamentari e di senatori, il Movimento Cinque Stelle (di cui il ministro degli Esteri è il leader politico senior) moltiplica le proprie dichiarazioni pro-PCC.
In origine l’HKHRDA è stato introdotto come atto legislativo bicamerale e bipartisan (HR5696) il 13 giugno dal deputato Christopher H. Smith (del Partito Repubblicano, in rappresentanza del New Jersey), già co-presidente della US Congressional-Executive Commission on China e oggi suo secondo ranking member. La Camera lo ha quindi approvato il 15 ottobre per acclamazione verbale. Dopo l’approvazione da parte del Senato di una versione emendata del testo il 19 novembre, la proposta è tornata alla Camera, che l’ha approvata celermente il 20, per poi arrivare nello Studio Ovale il 27.
Ovviamente le reazioni della Cina sono state immediate e isteriche. Ma è un buon segno. Significa che la Cina è vulnerabile e piuttosto sensibile alle azioni intraprese a livello internazionale. La gente di Hong Kong e di tutta la Cina lo sa fin troppo bene. Per questo spera che presto vengano intraprese a livello internazionale ulteriori azioni in favore dell’esigenza di diritti umani e di libertà fondamentali del popolo cinese.