Testimonianza di Guimei Jiang all’ “evento collaterale” sulla Cina svoltosi il 23 luglio durante il Ministerial to Advance Religious Freedom, organizzato dal Dipartimento di Stato a Washington
Guimei Jiang
Fedele della Chiesa di Dio Onnipotente
Mi chiamo Guimei Jiang (pseudonimo: Zhenqing) e quest’anno ho compiuto 38 anni; dal 1997 faccio parte della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO). A causa della mia fede sono stata arrestata dalla polizia del regime comunista cinese, sottoposta a tortura per un mese e mezzo, e quindi internata in un campo di lavoro per due anni. Dopo essere stata scarcerata nel 2010, il regime ha continuato a indagare su di me e a darmi la caccia. Sono stata in fuga per anni e quella che segue è la mia storia.
Arrestata e torturata a causa della mia fede
Il 31 luglio sono stato arrestata dagli agenti di polizia dell’Ufficio della sicurezza pubblica della città di Jixi, nella provincia cinese dello Heilongjiang, mentre, con altre due sorelle, svolgevo i miei compiti per la Chiesa. Ho saputo dai poliziotti che ero stata monitorata e seguita dalla polizia per un anno e mezzo. Mi hanno detto che fare parte della CDO è contro la legge; per questo ero un obiettivo della repressione del governo nazionale e una persona ricercata.
Quando sono arrivata all’Ufficio della sicurezza pubblica, due agenti maschi hanno cercato di costringermi a rivelare dove si trovavano i fondi della Chiesa, e altri fratelli e sorelle. Poiché ho rifiutato di rispondere si sono infuriati e mi hanno schiaffeggiata. Mi hanno preso a pugni in testa e in faccia, e poi mi hanno afferrata per i capelli e trascinata sul pavimento. I calci mi costringevano a stare piegata su me stessa mentre gli agenti premevano senza pietà il punto di digitopressione tra l’indice e il medio. Mi hanno anche costretta a “fare l’aereo”, il che consiste nello stare con le ginocchia parzialmente piegate e le braccia tese verso l’esterno. Ogni volta che non riuscivo a mantenere la posizione venivo colpita con durezza. Mi hanno torturato in quel modo da mezzogiorno fino alle otto di sera. I pestaggi crudeli mi hanno causato una parestesia alla testa, le labbra gonfie si sono rotte e tutto il mio corpo era tumefatto. Provavo un dolore lancinante. La polizia ha continuato a interrogarmi, ma mi sono rifiutata di rispondere e la mia resistenza ha fatto impazzire di rabbia uno degli agenti, che ha afferrato una scopa percuotendo tutto il mio corpo con il manico di legno. Mi ha colpito alla testa così brutalmente che il manico si è rotto in tre pezzi. Alla fine sono svenuta per il pestaggio e i poliziotti mi hanno gettato addosso dell’acqua gelida per farmi riprendere conoscenza. Successivamente, hanno ripetutamente colpito le mie braccia tumefatte con un manico di scopa. Le percosse sono cessate alle 2 di notte quando gli agenti si sono stancati di picchiarmi. Giacevo prona e incapace di muovere un muscolo. Mi sentivo così vulnerabile. Non avevo idea di quale tipo di tortura disumana avrei affrontato il giorno seguente. Ondate di terrore si insinuavano in me e l’unica cosa che potevo fare era pregare ripetutamente nel mio cuore Dio Onnipotente.
La mattina dopo, volevo andare in bagno, ma non riuscivo proprio a sentire le gambe e a muoverle. Potevo solo camminare tenendo entrambi i palmi delle mani appoggiati al muro per sostenermi. Quando finalmente sono arrivata in bagno, ho toccato la parte superiore della mia testa e ho sentito qualcosa di molto morbido con la mia mano. C’era del liquido accumulato sul mio cranio che colava sulla fronte e sul viso. Potevo vedere che quasi ogni centimetro del mio corpo era viola scuro. I muscoli posteriori della coscia sinistra erano strettamente legati, le braccia e i muscoli della coscia erano diventati duri come pietra e il dolore era così acuto che avevo paura di toccarli. Ho pensato di essere stata gravemente ferita. Nel pomeriggio, un agente di polizia, oltre a colpirmi ripetutamente con calci e pugni, mi ha dato numerose scosse elettriche con un manganello elettrico ad alta tensione.
Ero sdraiata prona sul pavimento, e il dolore era così intenso che non riuscivo a muovermi. Nell’aria si sentiva l’odore dei miei capelli bruciati. Mentre il poliziotto mi prendeva con forza a calci, urlava: «Abbiamo ordini dallo Stato! Picchiare a morte chi crede in Dio Onnipotente non è nulla! Ora noi comunisti siamo al potere e non hai altra via d’uscita se non la morte!» Mi torturarono fino alle prime ore del mattino. A quel tempo, avevo solo una convinzione nel mio cuore: se Dio Onnipotente non avesse voluto la mia morte sarei riuscita a resistere fino all’ultimo respiro.
Il 2 agosto, due agenti mi hanno incappucciata e trascinata in una macchina della polizia. Sono stata portata in un piccolo edificio a due piani nel profondo delle montagne. Là ho visto le altre sorelle che erano state arrestate il mio stesso giorno. Siamo state rinchiuse in stanze separate. Gli agenti di polizia erano in servizio su tre turni quindi eravamo sotto sorveglianza 24 ore al giorno.
La sera del 3 agosto, gli agenti di polizia hanno iniziato a interrogarmi; mi hanno stordita con i manganelli elettrici, e a turno mi hanno presa a calci e pugni. Mi hanno torturata per metà della notte, mentre dalla porta accanto sentivo le grida delle mie sorelle che venivano anch’esse torturate. Le loro urla di dolore sono durate l’intera notte.
«Il mio cuore si è letteralmente spezzato»
Il 4 agosto ho saputo che una delle sorelle era quasi morta: aveva tentato di togliersi la vita tagliandosi un polso perché non riusciva più a sopportare la tortura. Il mio cuore si è letteralmente spezzato quando ho saputo cosa le è successo. Ho pregato Dio Onnipotente, e l’ho implorato di darle sostegno e forza. Quella notte due agenti di polizia si sono alternati picchiandomi per molte ore. Hanno perfino legato le manette in alto a un tubo del riscaldamento usando strisce di tessuto ruvido in modo che il mio corpo fosse quasi sospeso nell’aria. I denti delle manette tagliavano profondamente la mia carne e i vasi sanguigni delle mie mani erano così gonfi che sembravano sul punto di esplodere. Tutto il mio corpo grondava di sudore a causa dei dolori lancinanti. Occasionalmente gli agenti di polizia allentavano un poco le strisce di tessuto per poi stringerle nuovamente. Così facendo, i denti delle manette mi avrebbero tagliato la carne più e più volte. Sono stata tenuta appesa in questa posizione per molte ore. Così mi sono procurata due tagli sanguinanti ai polsi: è stato brutale e disumano. Più tardi mi hanno gettata a terra e uno dei poliziotti mi ha aperto la bocca versandovi una bottiglia di olio di mostarda. Stavo quasi per morire soffocata. Questo tipo di torture inumane è proseguito fino alle 2 del mattino.
Il 5 agosto sono stata portata in un centro di detenzione. Mi era difficile camminare a causa di tutte le lesioni fisiche subite. Sono stata sottoposta a interrogatori della polizia ogni giorno o a giorni alterni; continuavano a picchiarmi, mi pizzicavano le dita con la fibbia di una cintura, mi mettevano le mani attorno al collo stringendo quanto più era possibile. Hanno fatto di tutto per costringermi a rivelare informazioni sulla Chiesa e sui suoi fedeli e per farmi rinunciare alla mia fede. Ogni giorno vivevo in una condizione di incredibile stress e di terrore tremendo. Ogni volta che sentivo il rumore della porta di ferro della mia cella, tutto il mio corpo iniziava a tremare senza controllo. Il mese e 22 giorni nel centro di detenzione è stato molto più difficile da sopportare dei cinque giorni di tortura.
Condannata a trascorrere due anni in un campo di lavoro
Un giorno, a metà settembre, l’Ufficio per la sicurezza pubblica della città di Jixi mi ha comminato, senza regolare processo, una condanna da scontare con due anni in un campo di lavoro. La mia colpa era di aver commesso il reato di «disturbo dell’ordine sociale». La condanna è stata notificata alla mia famiglia solo verbalmente, e solo allora e i miei cari hanno appreso che ero stata arrestata dal regime comunista cinese.
Nel settembre 2008, sono stata portata sotto scorta al campo femminile provinciale di Heilongjiang. I poliziotti hanno detto ai prigionieri che io ero una seguace di Dio Onnipotente e incitavano regolarmente gli altri prigionieri a picchiarmi e maledirmi. Ero costretta ai lavori forzati per oltre dieci ore al giorno a cui si aggiungeva un turno notturno di tre ore. Ogni singolo giorno, è stato una vera lotta per arrivare viva e vegeta alla fine della giornata. Tutto quello che potevo fare era pregare Dio piangendo sotto la mia coperta. Desideravo ardentemente l’amore di Dio Onnipotente, ed è il potere e la forza che ho ricevuto da Lui che mi hanno permesso di sopravvivere a quella prova.
Sono stata rilasciata dal carcere nel maggio 2010, ma mi è stato ordinato di presentarmi regolarmente alla stazione di polizia locale. Se avessero scoperto che ero ancora una seguace della Chiesa di Dio Onnipotente sarei stata arrestata una seconda volta e mi sarebbe stata inflitta una condanna molto dura. Per poter continuare a praticare la mia fede sono fuggita dalla mia casa e mi sono nascosta in diversi posti in Cina.
Fuggita negli Stati Uniti per conservare la mia fede
Nel 2016 sono riuscita a raggiungere gli Stati Uniti d’America grazie all’aiuto miracoloso di Dio Onnipotente. Vivere negli Stati Uniti mi ha liberato dalla preoccupazione di essere arrestata dalla polizia cinese a causa della mia fede in Dio Onnipotente. Posso dire a chiunque di essere una seguace della CDO. La libertà qui negli Stati Uniti mi dà fiducia nel rendere testimonianza delle opere miracolose di Dio Onnipotente. Sono così felice e così grata! È anche mio sincero desiderio che più persone con mente retta e cuore coraggioso prestino grande attenzione al fatto che i cristiani della CDO sono stati perseguitati in passato e lo sono ancora oggi. Spero sinceramente che coloro che sono in grado di farlo possano aiutarli, proteggerli e fornire loro la libertà di credo e di fede religiosa. Grazie!