Articolo basato su inchieste condotte in Cina
Dall’inizio dell’anno, le autorità cinesi stanno implementando il cosiddetto programma “casa-soggiorno”nella provincia dello Xinjiang. Più di un milione di quadri del Partito Comunista, funzionari delle istituzioni statali e dipendenti di organizzazioni gestite dal governo sono inviati a vivere con le famiglie della minoranza uigura musulmana per indottrinarle e per cercare segni di estremismo religioso. Bitter Winter ha parlato con persone obbligate a condividere le proprie case con ospiti non invitati e alcuni funzionari in visita.
Questo programma preoccupante e pervasivo, in apparenza avviato «per mantenere la stabilità sociale e conseguire una sicurezza duratura», è un’espansione delle precedenti campagne di repressione condotte dal Partito Comunista Cinese (PCC) nello Xinjiang, quali per esempio l’iniziativa “Diventare una famiglia” avviata nel 2016 quando 100mila funzionari hanno visitato, due volte al mese, le famiglie turcofone musulmane del distretto sud dello Xinjiang. Dopo due anni, il numero di funzionari inviati a vivere nelle famiglie è cresciuto di dieci volte.
Il digiuno del Ramadan costa il “campo di rieducazione”
Remaiti, un giovane musulmano della città di Hami, ha confessato di essersi molto spaventato: se avesse fatto o detto qualcosa che un funzionario che viveva con la sua famiglia avrebbe potuto interpretare come “sbagliato”, lui avrebbe potuto essere inviato a un campo di trasformazione attraverso l’educazione. «Le autorità hanno assegnato quattro funzionari a me e a mia moglie. Ogni settimana una persona diversa viene ad abitare con noi, e quindi ogni singolo giorno abbiamo un estraneo a casa nostra. Quando uno se ne va, arriva il successivo», Remaiti spiega così il sistema del programma “casa-soggiorno”.
«Adesso è il mese di Ramadan e quindi i funzionari si stanno accertando che noi non digiuniamo: ci fanno assumere tre pasti al giorno. Se non mangiamo, i funzionari lo interpretano come un “problema con la nostra ideologia”. Il governo comunista lo sta facendo per assimilare noi uiguri e per bandire la nostra fede. Se non mangio, mi portano in un campo! Non oso esprimere pareri perché non so che cosa considerino sbagliato».
Secondo Remaiti, circa settanta persone sono già state inviate a un campo di rieducazione nel comune di Xigebi. «Alcuni scompaiono e basta! Nessuno ne sa più niente. So che una giovane madre con un figlio di due mesi ha inviato alla madre un SMS contenente alcune informazioni che sono state considerate pericolose e lei è stata mandata in un campo. Non voglio problemi e quindi ho deciso di annullare il mio abbonamento telefonico», afferma Remaiti. «I miei amici e io dobbiamo recarci al comitato di quartiere due volte al giorno, a una certa ora del mattino e una di sera per farci dire che non dobbiamo digiunare durante il Ramadan».
Non è nemmeno facile per gli “ospiti”
Non solo i quadri del Partito e i funzionari delle istituzioni statali sono obbligati a restare con le famiglie musulmane: anche gli insegnanti di scuola sono tra coloro che devono invadere la privacy di case di estranei. Due insegnanti, Li Jing, di Shihezi, e Wang Fang, di Kuitun, descrivono la propria esperienza di partecipazione al programma “Soggiorno a casa”.
Lo Jing: «I funzionari del Partito inviano gli insegnanti della nostra scuola a vivere con le famiglie musulmane, con l’ordine di prestare particolare attenzione ai bambini. Ci è stato detto di riferire immediatamente qualsiasi attività sospetta, per esempio se tre o più persone stanno cucinando qualche autentico cibo musulmano. Potrebbero essere arrestati per questo motivo. Il governo ha intensificato la sorveglianza delle persone che vengono inviate a vivere con le famiglie. Ieri, durante una riunione, ci è stato detto che due capisezione hanno lasciato le case loro assegnate alle tre del mattino, cosa che non dovevano fare, e quindi sono stati sospesi dal loro incarico».
Wang Fang: «Dall’introduzione del programma “Soggiorno a casa”, dopo il 19° congresso nazionale del Partito, ci è stato chiesto di lavorare a scuola durante il giorno e di restare a casa con le famiglie a noi assegnate la sera, passando poi la notte lì. Restiamo in una casa per dieci giorni e poi passiamo a un’altra. Le autorità vogliono assicurarsi che ci siano sempre “ospiti in casa” in ogni famiglia e in ogni momento. Ci viene detto di insegnare ai residenti la sera e di avvisarli di non manifestare nessuno scontento o nessun reclamo relativo al PCC. Dobbiamo sottolineare che non possono avere nessuna fede religiosa o ‘ci saranno pesanti conseguenze’, nel caso vengano sorpresi. I nostri supervisori chiamano le case ogni notte per controllare che tutti siano a casa. Dobbiamo rispondere al telefono di persona. Se non lo facciamo, ci lasciano senza stipendio».
A casa una sera ogni sei mesi
Il comitato della comunità locale ha ordinato a Muqin, musulmano di Shihezi, di “ospitare” funzionari almeno cinque giorni al mese. Il decano e gli insegnanti della scuola delle sue due figlie (di 11 e 8 anni), come Li Jing e Wang Fang, sono stati inviati a vivere con famiglie musulmane. Prima di andare in missione, le autorità locali hanno chiesto agli insegnanti di leggere ad alta voce la dichiarazione: «Credo solo nel Partito Comunista Cinese e lo seguo saldamente. Non sarò mai un ipocrita e non crederò in alcuna religione». Al decano sono state assegnate cinque famiglie, che visita a rotazione; lui può rimanere a casa sua solo un giorno ogni sei mesi.
I sei fratelli e sorelle di Muqin, che avevano lavori in altri luoghi, sono stati obbligati a tornare nel paese natio, ad affittarsi degli alloggi e a vivere con i funzionari loro assegnati. La famiglia di una delle sue sorelle ha sofferto gravi problemi economici a causa del forzato trasloco nel luogo di nascita. A un cognato di Muqin è stato chiesto di tornare nel paese dov’era nato e di andare in un campo di rieducazione per completare il numero richiesto, che non era sufficiente. Gli è stato promesso che sarebbe stato rilasciato non appena si fosse raggiunto il numero richiesto, ma è stato ingannato: non gli è stato permesso di tornare e la famiglia, che ha un figlio di sei anni, ha perso la sua sola fonte di guadagno. La sorella di Muqin si è recata a un ufficio di collocamento per cercare un lavoro, ma la sua domanda è stata rifiutata non appena si è saputo che suo marito era stato inviato in un campo di rieducazione.
Le persone intervistate hanno chiesto di restare anonime; sono stati usati pseudonimi.
Foto: Pixabay