Da quando il PCC ha iniziato la campagna per cancellare la cultura mongola sono allo studio nuove misure per vietare il pascolo del bestiame, parte integrante dello stile di vita nomade tradizionale
Di Gu Qi
Dopo che in agosto il governo cinese ha varato una nuova normativa, che permette alle aziende di allevamento di acquisire terre senza bisogno di alcun consenso o autorizzazione, i pastori della Regione autonoma della Mongolia Interna, che gli abitanti del posto preferiscono chiamare con il nome di Mongolia meridionale, sono scesi in piazza per protestare contro la distruzione di una tradizione che è parte integrante della cultura mongola: il pascolo nomade del bestiame. Prendendo a pretesto politiche pseudo-ecologiste chiamate «migrazione ecologica» e «divieto totale di pascolare il bestiame», il PCC dichiara di puntare al «recupero dell’ecosistema delle praterie». Il fine ultimo pare in realtà essere la completa cancellazione dello stile di vita nomade dei mongoli.
I pastori mongoli ritengono che il metodo di pascolo nomade non influisca sull’ambiente e non aumenti il degrado dell’ecosistema. Dopo aver mangiato l’erba di un pascolo, il bestiame si sposta in quello successivo. Il letame che resta sul terreno è utile per la crescita e la salute della prateria.
Anche Liu ShLurun, un professore in pensione dell’Università Normale della Mongolia Interna, sostiene questa tesi. Non crede che il divieto di pascolo del bestiame risolva il problema dell’inaridimento delle praterie. A suo avviso, tenere il bestiame in pascoli fissi è la prima causa effettiva della desertificazione delle praterie. Per quanto riguarda l’allevamento in cattività, il bestiame è tenuto in pascoli recintati e non c’è alcuna “pausa di riposo” per permettere la ricrescita dell’erba nel corso dell’anno. Dunque, gli animali non ricavano una nutrizione completa dall’erba che mangiano.
L’amministrazione della Mongolia Interna continua ad estendere le misure per l’abolizione della pastorizia nomade. Il 31 luglio, il Comitato permanente del Congresso del Popolo regionale si è riunito in un vertice di coordinamento delle politiche antipastorizia e ha presentato la prima bozza della Normativa per l’equilibrio fra la prateria e il bestiame e per il divieto della pastorizia e il riposo dei terreni nella Regione autonoma della Mongolia interna ordinando un’indagine legislativa su quella materia prima di tradurre la bozza in legge regionale. Il Comitato ha concluso che il divieto della pastorizia è una misura efficace per implementare «Le idee del presidente Xi Jinping sulla civilizzazione ecologica».
La nuova legislazione anti-pascolo ha aumentato le preoccupazioni degli abitanti della Mongolia meridionale.
«I divieti sulla pastorizia sono stati ampiamente applicati, ma adesso diventeranno legge», scrive una donna su un forum di circa 400 utenti su WeChat, la principale applicazione di messaggistica in Cina. «Se la violiamo, potremmo essere ritenuti legalmente responsabili. La situazione è seria. Nella tradizione del nostro popolo c’è solo il pascolo. Se ce lo vietano, che differenza c’è dal massacrarci?»
Altri mongoli meridionali condividono la sua angoscia. «Il divieto di pascolo ci soffoca», commenta un mongolo meridionale. «Il pascolo nomade è la nostra tradizione. Se ci viene proibito, cosa resterà delle nostre vite? Molti di noi vivono di pastorizia e per mangiare dipendono da quel che dona il Cielo».
La gente è ancora adirata per l’uso che il governo fa dei regolamenti sulla protezione ambientale per requisire terre e destinarle allo sfruttamento minerario. Dal 2011, da quando l’amministrazione ha iniziato a costituire i sistemi per la protezione ecologica delle praterie nella Mongolia Interna e nello Xinjiang, ufficialmente per la lotta contro la “desertificazione e il degrado delle terre”, i pastori sono stati gradualmente espulsi dai loro pascoli. Una volta cacciati, compagnie minerarie hanno ottenuto il permesso di prendersi le loro terre. I pastori della Mongolia meridionale considerano questa politica come una grande truffa e hanno protestato a lungo contro le compagnie minerarie che stanno danneggiando i loro pascoli.
«È sbagliato vietare il pascolo per motivi ecologici di preservazione delle praterie, dando la colpa a cinque razze animali (mucche, pecore, capre, cavalli e cammelli) e ai mongoli», scrive un mongolo meridionale su un gruppo WeChat. «Se si fermano le miniere, le praterie tornano al loro equilibrio da sole».