Giunta la scadenza per «sollevare dalla povertà tutte le famiglie indigenti entro il 2020», il PCC inneggia a «grandi risultati». La gente la pensa invece diversamente
di Tang Zhe
Avviata nel 2015, la politica di riduzione della povertà del presidente Xi Jinping è stata pensata per sollevare dalla povertà 70 milioni di famiglie indigenti entro il 2020, con la promessa di «non lasciare indietro nessuno nella marcia verso la prosperità collettiva». Quasi cinque anni dopo, sempre più prossimi alla scadenza stabilita, i media gestiti dallo Stato hanno elogiato «i risultati sorprendenti ottenuti nell’operazione di riduzione della povertà», affermando che «la Cina ha raggiunto risultati notevoli nel ridurre la preoccupazione storica e mondiale della povertà, guadagnandosi l’attenzione internazionale e gli elogi dei media stranieri»
È davvero così?

«Il Partito mente al popolo e solo chi vi è coinvolto conosce la verità», ha detto a Bitter Winter un contadino che è stato «sollevato dalla povertà».
La riduzione della povertà rende i poveri più poveri
Un uomo di quasi cinquant’anni, disabile dall’infanzia, soffre anche di svariate malattie. Per sopravvivere e mantenere i genitori anziani e i figli piccoli, ha avviato una piccola attività online. Tutta la famiglia fa conto sui suoi modesti guadagni e su un sussidio mensile di 250 renminbi (circa 36 dollari statunitensi) da parte dello Stato. Ciò non è sufficiente e l’uomo si sente soffocare per il pesante fardello delle continue difficoltà.
Le prospettive della famiglia si presentano ancora più tetre per il 2020, quando il programma nazionale per la riduzione della povertà giungerà al termine; perché avrebbe raggiunto gli obiettivi, a quanto dicono. La famiglia infatti perderà anche il piccolo aiuto del governo, nonostante non siano divenuti «moderatamente benestanti», come promesso quando tale politica ha avuto inizio nel 2015.
«In base alla linea politica [per la riduzione della povertà], il Paese avrà eliminato l’indigenza entro il 2020 e noi saremo una “contea moderatamente benestante”», ha spiegato loro il 24 ottobre un funzionario del villaggio. «Entro sette mesi la vostra indennità di sussistenza verrà cancellata. È lo stesso in tutto il Paese. Non vi saranno più famiglie povere o famiglie che necessitino del sussidio».
«Quando l’anno prossimo ci avranno tolto l’indennità di sussistenza, di cosa vivremo?», si è lamentato l’uomo. «Il governo vuole godere di una buona reputazione, ma non bada alla vita della gente comune».
I funzionari del villaggio gli hanno mostrato una lista di tutti gli aiuti che la famiglia ha ricevuto dallo Stato: l’indennità annuale di sussistenza, i sussidi per la disabilità e il sostegno finanziario scolastico per i due figli.
Poiché l’ammontare complessivo di tali aiuti supera 3mila e 700 renminbi (circa 527 dollari) per ciascun membro della famiglia, ciò significa che essa è stata sollevata dalla povertà, hanno dichiarato i funzionari, consegnandogli un foglio da firmare per confermare di aver compreso la spiegazione.
Costretti a sovrastimare i guadagni
Come risposta alla richiesta di Xi Jinping, le amministrazioni locali dell’intero Paese sfruttano ogni mezzo possibile per raggiungere l’obiettivo di «Due non preoccupazioni e tre garanzie»: vale a dire, che le famiglie povere abbiano cibo e vestiti sufficienti (le due «non preoccupazioni») e siano dotate delle «tre garanzie», cioè istruzione obbligatoria, assistenza medica di base e un alloggio sicuro. In molti casi, tuttavia, sono state usate bugie ed esagerazioni a proposito dei successi nel campo della riduzione della povertà, come scorciatoie per raggiungere l’obiettivo previsto entro il 2020.
In un villaggio amministrato dalla città di Heze, nella provincia orientale dello Shandong, due coniugi vivono dei magri guadagni provenienti da due mu di terreno coltivato (circa 0,33 acri). Il marito è malato e non è in grado di occuparsi di se stesso. La moglie riceve a oggi un sussidio di 500 renminbi (circa 71 dollari), ma il funzionario assegnato alla gestione del villaggio le ha detto di aumentare il reddito familiare e di dichiarare che guadagnano 10mila renminbi l’anno (circa 1.426 dollari). «Ora non ci sono famiglie povere», le ha spiegato il funzionario. «Non è concesso dichiarare un reddito inferiore a 10mila renminbi».
«Non abbiamo mai avuto tutto questo denaro, ma ci hanno detto che dobbiamo dichiararlo. Somiglia alle “esagerazioni selvagge”», si lamenta la moglie, riferendosi alla campagna del Grande balzo in avanti di Mao Zedong (1958-1960), organizzata per far sì che la Cina «superasse la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America».

La donna ha dovuto fare come le hanno detto, perché «il Partito dà denaro solo a chi è obbediente», ha dichiarato il funzionario. L’uomo l’ha anche minacciata di cancellare la sua indennità di sussistenza, se la donna non avesse collaborato.
La riduzione della povertà provoca sofferenza
Già nel 2017, alcuni esperti hanno iniziato a esprimere preoccupazione a proposito del fatto che il piano per la riduzione della povertà di Xi Jinping si concretizzasse più a parole che non in un cambiamento duraturo per le comunità indigenti.
In tutto il Paese è divenuto abituale che le amministrazioni locali creino l’illusione che la povertà sia stata alleviata , in modo da superare le ispezioni dei superiori. Molto spesso ne risultano maggiore povertà, tragedie umane e vite perdute .
L’11 luglio di quest’anno, nel borgo di Jiulong della contea di Yugan, amministrata dalla città di Shangrao nella provincia sudorientale dello Jiangxi, alcuni funzionari hanno costretto un abitante del villaggio di 72 anni a traslocare. Per quale motivo? Il vecchio apparteneva a una famiglia indigente e viveva in una casa diroccata, considerata «una macchia rispetto ai buoni risultati ottenuti per la riduzione della povertà». L’uomo non voleva andarsene ma i funzionari l’hanno aggredito per tre volte, minacciandolo di rendergli la vita impossibile. Alla fine, il poveretto si è trasferito a vivere da suo figlio.

Una donna anziana che vive nella stessa zona ha raccontato a Bitter Winter che in febbraio la sua casa dal tetto in terracotta è stata prima chiusa e poi demolita, ovviamente contro la sua volontà. I funzionari della municipalità le hanno detto che la demolizione rispondeva ai criteri della riduzione della povertà, affermando che «le famiglie indigenti non possono vivere in case dal tetto in terracotta, ma solo in edifici a più piani».
Secondo quanto afferma la donna, l’amministrazione ha distrutto quattro case nel villaggio. Cinque famiglie sono state spinte a demolire di persona la propria abitazione. Tutto in nome della riduzione della povertà.

Il 19 novembre, nella città di Xiancheng, nell’Henan, un uomo di 72 anni si è impiccato per la disperazione, dopo che il governo ha abbattuto la sua casa.
Un abitante del villaggio ha raccontato che prima di suicidarsi l’anziano gridava angosciato: «Mi demolite la casa, come faccio a vivere? Forse non mi state obbligando a farla finita?»