I monaci dell’antico tempio buddhista Gaoshan della città di Jiujiang sono stati costretti a traslocare dopo la demolizione del luogo sacro da parte dell’amministrazione cinese.
Erano circa 40 anni che l’incenso bruciava briosamente nel tempio Gaoshan, ma ora non lo fa più. Non da quando le autorità della città di Jiujiang, nel nordovest della provincia del Jiangxi, l’hanno avuta vinta, dopo averne più volte intimidito l’abate con la minaccia di distruggere, in un modo o in un altro, quel luogo sacro onde gettare le basi della costruzione di una nuova strada.
Video: La distruzione del tempio Gaoshan
Ora il tempio è un mucchio di macerie.
Questo è successo dopo che, stando alle informazioni raccolte, le autorità comunali hanno incontrato l’abate in aprile, informandolo che era necessario costruire una strada nei pressi del tempio Gaoshan e che quindi l’edificio avrebbe dovuto essere spostato su una montagna vicina. L’abate ha rifiutato. Il governo ha più volte mandato dei rappresentanti per discuterne, ma l’abate è stato irremovibile.
All’inizio di settembre, cinque persone fra dipendenti dell’amministrazione e del comando di polizia locali si sono presentati al tempio pretendendo che l’abate firmasse l’accordo per smantellare e trasferire il tempio. Quando l’abate ha insistito nel rifiutarsi di firmare i documenti della demolizione e l’accordo di valutazione senza prima esaminarli, il capo della polizia è andato su tutte le furie e ha urlato: «Sono un funzionario del governo e non riesco a tenerti testa? Dai, forza: portatelo via». L’abate è stato dunque scorato al comando dai poliziotti che ancora cercavano di convincerlo a firmare le carte, ottenendone però l’ennesimo rifiuto.
Quel giorno, più di 50 fedeli, più la stessa madre dell’abate, si sono recati al comando di polizia per chiederne il rilascio, avvenuto alla fine intorno alla mezzanotte. Alcuni giorni più tardi, però, il capo della stazione di polizia si è incontrato ancora una volta con l’abate e lo ha minacciato dicendo: «Posso affibbiarti qualsiasi etichetta, e così tu non avrai più neppure un centesimo. C’era un padrone di casa in una contea che era sempre restio a scendere a compromessi e a firmare, ma poi il governo ha mandato dei propri funzionari a mettere due pistole e un po’ di polvere bianca nella sua auto. La polizia ha quindi ispezionato il veicolo, ha fermato direttamente due uomini della famiglia di quel tale, li ha multati e li ha incarcerati».
L’intimidazione ha costretto l’abate, oramai del tutto impotente, a firmare l’accordo. E nemmeno allora il governo ha rispettato le promesse: a compensazione della distruzione avrebbe dovuto pagare oltre 40 milioni di renminbi (circa 5.808.000 dollari), ma l’amministrazione locale ha semplicemente dimenticato di presentare il modulo di valutazione della procedura di demolizione. Dopo essersi consultato con i funzionari dell’amministrazione, l’abate e ai suoi seguaci sono riusciti a farsi promettere 15 milioni di renminbi (circa 2.178.000 dollari) a copertura del tempio demolito, ma finora hanno ricevuto solo 5 milioni circa (circa 726mila dollari).
«Se vogliamo costruire un altro tempio, questo denaro non basta affatto», ha detto un monaco. «Tutte le statue di Buddha che stavano nella Sala della Grande Forza sono state praticamente distrutte dal bulldozer. L’edificio ha subito perdite gravi e non era per nulla necessario abbatterlo, visto che l’autostrada adiacente era già stata costruita».
Per questo la gente del posto dice che l’esigenza di costruire un’autostrada era falsa, laddove invece la distruzione del tempio è molto vera.
Servizio di Lin Yijiang