Il 22 agosto ricorre la Giornata mondiale delle vittime della violenza per motivi di religione o di credo. “Bitter Winter” ha selezionato alcuni articoli sulla persecuzione religiosa perpetrata dal PCC per mostrare la realtà persecutoria nella Cina odierna
di Bitter Winter
Cristianesimo
Fra gennaio e aprile le croci sono state rimosse da almeno 250 sedi della Chiesa delle Tre Autonomie a Lu’an, Ma’anshan, Huaibei e in altre città della provincia orientale dell’Anhui. Un credente che risiede nella zona ha raccontato che in novembre e dicembre dell’anno scorso sono state eliminate le croci da 22 chiese delle Tre Autonomie a Bozhou, Huaibei e in altre due città.
«Tutti i simboli cristiani hanno dovuto essere rimossi come parte della campagna governativa di repressione», ha raccontato a Bitter Winter un impiegato statale della città di Ma’anshan.
Qui il testo dell’inchiesta: Rimosse le croci di più di 250 chiese della provincia dell’Anhui
Il cosiddetto «mercato grigio», che comprende i luoghi di culto né legali né esplicitamente vietati, costituisce la maggioranza delle religioni in Cina ed è continuamente perseguitato dal PCC. L’anno scorso, almeno 162 di questi luoghi di culto sono stati chiusi nel Jilin, una provincia nordorientale confinante con la Corea del Nord.
Secondo diversi documenti dell’amministrazione dello Jilin, nel 2019 la provincia ha applicato con costanza e accuratamente le direttive del Presidente Xi Jinping sul lavoro religioso: accertando le informazioni sui luoghi di culto e chiudendoli. È stato impiegato molto tempo per raccogliere e condividere esperienze da tutto il Paese sulla rettifica delle chiese domestiche. L’amministrazione, l’anno scorso, ha anche emesso diverse ordinanze per intensificare la persecuzione dei gruppi cristiani, in particolare quelle chiese domestiche associate alla Corea del Sud.
Qui il testo dell’inchiesta: Chiuse più di 160 Chiese domestiche, l’anno scorso, nella provincia dello Jilin
Come Bitter Winter ha più volte riferito, i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO), il singolo movimento religioso più perseguitato in Cina, vengono regolarmente torturati e maltrattati a causa della fede che professano. Per indurli ad abiurare o a rivelare informazioni sui propri correligionari e sulla Chiesa spesso si esagera con la forza. Due fedeli della CDO della provincia orientale dell’Anhui hanno deciso di raccontare quel che hanno patito, celandosi sotto pseudonimi.
Anni fa Li Yi, oggi 50enne, è stata arrestata due volte per l’opera missionaria in cui era impegnata. Dopo l’arresto, l’hanno interrogata e torturata per costringerla a rivelare eventuali informazioni in suo possesso. La donna ricorda: «Tre poliziotti mi premevano la faccia a terra, mentre un quarto mi colpiva violentemente sulla schiena e sulle gambe con una specie di mattarello lungo 50 centimetri. Questo supplizio è durato per almeno tre ore fino a quando tutto il mio corpo era ricoperto di lividi. Gli agenti hanno smesso di picchiarmi solo quando si sono stancati e io ho perso conoscenza».
La donna quindi continua: «Mi colpivano in faccia con una scarpa e il mio volto era rosso e tumefatto, il sangue mi usciva dalla bocca. Mi trascinavano per i capelli strappandone molti e poi mi facevano sbattere la testa su una sedia fino a farmi venire le vertigini. Sulla mia testa c’è una zona dove i capelli non crescono più».
Qui il testo dell’inchiesta: Fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente torturati per la loro fede
Cattolicesimo romano
Per un credente essere sepolto con il rito religioso è della massima importanza. In Cina, da quando il regime ha vietato i funerali religiosi, le ultime volontà dei credenti stanno diventando sempre più difficili da soddisfare. Per frenare l’influenza della fede vengono rimossi anche i simboli religiosi dalle lapidi.
Il 16 aprile quattro funzionari governativi si sono recati nella chiesa cattolica Linjiayuan nella contea Cangnan di Wenzhou, una città nella provincia orientale dello Zhejiang. Hanno ordinato al responsabile di rimuovere i caratteri che significano «don» dalla lapide di John Wang Zhongfa, un prete che si era opposto ardentemente alle interferenze del PCC negli affari della Chiesa Cattolica e che dal 2017 è sepolto in un vicino cimitero. I funzionari hanno minacciato di distruggere il monumento funebre se gli ordini non fossero stati eseguiti. Hanno anche ordinato che fosse smontato il tetto e il pavimento di una struttura utilizzata per celebrare la Messa nel cimitero e che l’edificio adiacente utilizzato dai sacerdoti per indossare gli abiti liturgici fosse trasformato in un bagno pubblico. Al responsabile non è rimasta altra scelta che obbedire.
Qui il testo dell’inchiesta: Vietati i funerali religiosi cattolici
Dopo la firma dell’accordo tra la Santa Sede e la Cina del 2018, la situazione dei cattolici obiettori di coscienza che rifiutano di farsi registrare continua a peggiorare: clero e fedeli sono spesso vessati e perseguitati, le chiese vengono chiuse o demolite.
Non vengono lasciate in pace, però, neppure le Chiese Cattoliche guidate dallo Stato.
A giugno l’amministrazione di Linyi, una città con status di prefettura nella provincia orientale dello Shandong, ha dato ordine di demolire una chiesa cattolica a gestione statale affermando che essa «occupasse troppo spazio». I funzionari hanno affermato inoltre che sarebbero stati licenziati se la Chiesa fosse rimasta attiva.
Due mesi più tardi, è stato demolito un edificio di due piani e trenta stanze annesso alla chiesa. In novembre, il responsabile è stato informato che lo stabile in cui si trovava la Chiesa per il momento era stato risparmiato, ma che stava per essere trasformato in un centro servizi per esponenti del PCC.
La commissione del villaggio si è ben presto appropriata della chiesa. Statue religiose e croci sono state rimosse e un’insegna con la scritta “Centro servizi per le masse del Partito” è stata esposta sopra alla porta sul fronte dell’edificio, trasformando la chiesa, costruita con una spesa di 4 milioni di renminbi (circa 560mila dollari statunitensi), fino a renderla irriconoscibile.
Qui il testo dell’inchiesta: Continua la repressione delle chiese cattoliche
Buddhismo Tibetano
Secondo alcune fonti, il tempio Lingyan (traducibile come tempio delle Rocce spirituali), noto anche come tempio Jile (tempio della Felicità suprema), nella città di Shijiazhuang nella provincia dell’Hebei era stato costruito durante la prima dinastia Sui (581-618) e rinnovato durante le dinastie Ming (1369-1644) e Qing (1644-1911). Nel novembre 2002, il governo cinese lo aveva riconosciuto come luogo di culto.
In anni più recenti, nei pressi del tempio, era sorto il palazzo Tushita realizzato secondo i canoni dell’architettura buddhista tibetana. L’edificio si ispirava al palazzo Potala in Tibet, ovvero la residenza invernale dei Dalai Lama dal 1649 al 1959, che dal 1994, fa parte del patrimonio dell’umanità. Per questa ragione il tempio era anche noto come «Piccolo palazzo Potala». Il Palazzo Tushita è stato distrutto nel novembre dell’anno scorso.
Qui il testo dell’inchiesta: Hebei: distrutto un noto palazzo del buddhismo tibetano
Buddhismo
La costruzione originaria del tempio Shengquan, nella contea di Yi ‒ nella giurisdizione di Baoding, una città nella provincia settentrionale dell’Hebei ‒ risale alla dinastia Han occidentale (202 a.C.-8 d.C.). Il luogo di culto era stato ristrutturato nel 2016 con l’autorizzazione dell’amministrazione locale e attraeva sia i fedeli sia i turisti. Ma non per molto tempo e infatti il 20 aprile, impiegando più di 200 persone tra dipendenti dell’amministrazione della contea e agenti dell’Ufficio per la sicurezza pubblica, il luogo di culto è stato demolito in quanto «costruzione illegale». In pochi minuti cinque escavatori hanno ridotto il tempio in un cumulo di macerie.
Qui il testo dell’inchiesta: Centinaia di poliziotti presidiano la demolizione dei templi
Non appena il lockdown per il coronavirus è stato revocato, le amministrazioni locali di tutto il Paese hanno ripreso l’opera di demolizione delle grandi statue religiose all’aperto. A tale scopo, intorno a metà aprile, l’amministrazione della contea di Lin, nella provincia settentrionale dello Shanxi, ha costituito un gruppo speciale composto da rappresentanti del Dipartimento del lavoro del Fronte Unito (DLFU), dell’Ufficio per la sicurezza pubblica e di altre istituzioni governative. Il primo bersaglio dell’operazione è stato una statua della Guanyin a tre facce situata nelle pertinenze del tempio Yiju.
Il 28 aprile una gru ha rimosso la statua alta 14 metri. La demolizione ha richiesto quattro giorni di lavoro e una spesa di 900mila renminbi (circa 130mila dollari statunitensi), quasi la stessa somma che era stata necessaria per costruirla (oltre 1,1 milioni di renminbi).
Qui il testo dell’inchiesta: «Veniamo soffocati con furia silenziosa»
Video: la statua della Guanyin a tre facce viene demolita
Islam
La Grande Moschea Yuehai a Yinchuan, la capitale della regione, è uno degli edifici più iconici del Ningxia. La moschea, rinomata per l’eleganza delle strutture architettoniche e per le sue caratteristiche uniche, è costituita da un edificio principale di colore bianco circondato da quattro minareti alti 68 metri. Un musulmano hui ha riferito che il 28 giugno gli operai incaricati dall’amministrazione locale hanno iniziato i lavori per «sinizzare» l’edificio e che dopo soli due giorni i ponteggi attorno ai quattro minareti destinati alla demolizione erano già pronti. Le autorità hanno ordinato di terminare la rettifica entro due mesi.
Qui il testo dell’inchiesta: Moschee «sinizzate» nel Ningxia, nello Jilin e nell’Henan
Nel luglio dello scorso anno Shorat Zakir, presidente della Regione autonoma uigura dello Xinjiang, ha dichiarato che oltre il 90% degli uiguri detenuti nei campi per la trasformazione attraverso l’educazione erano stati rilasciati e «avevano trovato un’occupazione di proprio gradimento». Tuttavia un numero crescente di fatti dimostra che queste persone non sono affatto libere, giacché soggette ai lavori forzati e al controllo rigoroso di ogni loro azione da parte dello Stato. Si tratta semplicemente di una diversa forma di prigionia, che garantisce benefici anche economici al governo locale.
Un dipendente dell’amministrazione del capoluogo regionale Urumqi ha riferito a Bitter Winter che anche il parco industriale nel distretto Midong impiega lavoratori uiguri provenienti dai campi. Alcuni vengono anche mandati a produrre il pane naan in un parco culturale-industriale di Urumqi. Queste persone lavorano dietro le vetrine affinché i visitatori possano vederle. L’amministrazione del parco sostiene di aver contribuito alla riduzione della povertà perché, all’inizio dello scorso anno, ha trasferito dal sud dello Xinjiang 400 uiguri che erano «lavoratori in eccedenza».
Qui il testo dell’inchiesta: Davvero gli uiguri sono stati liberati dai campi di concentramento?
Taoismo
Un sacerdote taoista con i capelli grigi di Xi’an, una città nella provincia nord-occidentale dello Shaanxi, non porta più la tradizionale crocchia dei maestri taoisti. Tale acconciatura viene scherzosamente chiamata «naso di mucca» a causa della somiglianza con il naso di quell’animale. L’anziano maestro ha detto che i funzionari dell’amministrazione locale hanno iniziato a costringere i sacerdoti taoisti non in possesso dell’autorizzazione statale a tagliarsi le crocchie.
Qui il testo dell’inchiesta: Tutto ciò che sa di religione viene epurato. Torna la Rivoluzione Culturale
Alle 6 del 23 novembre scorso, oltre una decina di funzionari governativi e di operai addetti alle demolizioni di Yanshi, una città nella provincia centrale dell’Henan, hanno raggiunto un piccolo tempio taoista situato su una collina per demolirlo.
La proprietaria del tempio, una donna di 72 anni, dormiva ancora quando i funzionari e quattro giovani hanno sfondato la porta del tempio con un calcio. Senza esibire alcun documento, hanno immobilizzato la donna, le hanno coperto la testa con dei vestiti e l’hanno portata via con la forza. La donna gridava che non riusciva a respirare, ma gli uomini hanno continuato a trascinarla fino a quando ha perso conoscenza. I vicini che assistevano alla scena hanno supplicato i funzionari di avere pietà, ma sono stati rimproverati.
Qui il testo dell’inchiesta: Picchiati e feriti i fedeli che cercano di far valere i propri diritti
Falun Gong
In Cina, nel 2019, documenta un rapporto dettagliato pubblicato dal movimento, 96 praticanti del Falun Gong sono stati perseguitati fino alla morte, portando il numero totale delle vittime del 1999 a 4.363. L’età di questi deceduti era compresa fra i 28 e gli 87 anni, e 53 di loro erano donne. 19 sono morti mentre si trovavano in stato di fermo di polizia, alcuni solo poche ore dopo l’arresto.
Una donna di 41 anni, Li Yanjie, è deceduta il 7 dicembre 2019 mentre insieme al marito tentava di fuggire dalla finestra dal suo appartamento al sesto piano, in cui stava entrando la polizia. I due stavano usando una sorta di corda realizzata legando insieme lenzuola e tende, ma l’appiglio rudimentale si è strappato. Il marito è sopravvissuto alla caduta ed è scappato, ma la donna è morta.
Altre persone che praticavano il Falun Gong sono morte per sfinimento nelle proprie abitazioni, dopo anni di arresti, incarcerazioni, torture e aggressioni.
Qui il testo dell’inchiesta: Falun Gong: 96 persone perseguitate a morte nel 2019
Nel luglio 2020, in quello che sembra essere un remake della campagna di fake news lanciata contro la Chiesa di Dio Onnipotente dopo l’omicidio nel ristorante McDonald’s del 2014, il PCC ha sostenuto che il Falun Gong si sia reso colpevole di due omicidi in Vietnam. In verità, però, i responsabili di quegli assassini appartengono a un gruppo religioso diverso, guidato da tale Phạm Thị Thiên Hà, che è stata condannata a morte, e il cui credo è diverso da quello professato dal Falun Gong, benché sia possibile che in passato la donna si sia interessata al Falun Gong stesso. La Cina ha usato l’incidente per intensificare la repressione contro i praticanti del Falun Gong.
Qui il testo dell’inchiesta: Il caso del «cadavere di cemento» in Vietnam e le fake news contro il Falun Gong
Religione popolare
Le religioni popolari sono profondamente radicate nelle comunità rurali e contribuiscono a preservarne la cultura, i costumi e le tradizioni. Questi luoghi di culto erano già stati duramente perseguitati durante la Rivoluzione Culturale e ora, con la presidenza di Xi Jinping, subiscono una nuova ondata di persecuzioni in tutto il Paese.
A partire da aprile l’amministrazione della provincia settentrionale dell’Hebei ha iniziato a reprimere i templi della religione popolare nelle comunità rurali. Bitter Winter ha già riferito che, proprio a partire da quel mese, sono stati distrutti 85 siti religiosi nella sola prefettura di Handan. Stando alle ultime informazioni raccolte, il numero dei templi distrutti è salito a 104 e 110 luoghi di culto sono stati chiusi o utilizzati per altri scopi.
Qui il testo dell’inchiesta: Distrutti numerosi templi della religione popolare nell’Henan e nell’Hebei