Di male in peggio: una nuova norma consente alla polizia di accedere ai luoghi privati senza mandato, di congelare i beni e di reprimere le critiche online
di Massimo Introvigne
Il 6 luglio il nuovo Comitato per la salvaguardia della sicurezza nazionale della Regione amministrativa speciale di Hong Kong (香港特別行政區 維護 國家 安全 委員會) ha pubblicato le Norme attuative che interpretano l’Articolo 43, una disposizione chiave della nuova Legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong.
Forse non a caso proprio il 6 luglio i media cinesi e di Hong Kong hanno annunciato che il PCC ha istituito una nuova task force contro le «minacce alla sicurezza politica», il cui compito consiste nel «colpire con durezza» «attività sovversive, atti terroristici, secessionismo etnico ed estremismo religioso» (si noti il riferimento al cosiddetto «estremismo religioso») e nella «salvaguardia dell’integrità del sistema politico cinese», ovvero del potere del PCC.
Alcuni giorni prima il PCC aveva nominato Zheng Yanxiong a capo dell’Ufficio per la salvaguardia della sicurezza nazionale (香港特別行政區 維護 國家 安全 公署), la nuova potentissima agenzia istituita per reprimere il dissenso a Hong Kong. Zheng è considerato un falco e nel 2011 è diventato famoso per la brutale repressione di una manifestazione nel villaggio di Wukan nel Guangdong dove gli abitanti erano scesi in piazza per protestare contro la corruzione e contro la confisca di terreni poi venduti a imprenditori edili. Zheng era il segretario del PCC locale e aveva giustificato la repressione accusando i residenti di colludere con «media stranieri corrotti» che a suo avviso intendevano distruggere il socialismo in Cina.
La pubblicazione delle Norme attuative conferma che il PCC intende agire molto rapidamente per consentire alla polizia di adottare misure eccezionali per reprimere il dissenso a Hong Kong. Nel paragrafo 1 delle Norme attuative si afferma che «in situazioni urgenti, un agente di polizia non inferiore al grado di Assistente Commissario può autorizzare gli agenti sotto il suo comando a entrare senza mandato in luogo rilevante al fine di cercare prove».
Il paragrafo 2 consente il sequestro dei passaporti delle persone sospettate di reati contro la sicurezza nazionale «per timore che alcune delle persone coinvolte riescano a fuggire all’estero». Il paragrafo 3 prevede il congelamento, la confisca e la cessione delle proprietà e dei beni di coloro che mettono a repentaglio la sicurezza nazionale. Il paragrafo 6 conferisce invece ampi poteri alla polizia che potrà svolgere operazioni sotto copertura, sorveglianza e intercettazioni nei casi in cui è in gioco la sicurezza nazionale.
Di particolare interesse è il paragrafo 4, dove si afferma che, quando «è possibile che un messaggio pubblicato su una piattaforma web costituisca un reato che mette in pericolo la sicurezza nazionale o che possa causare il verificarsi di un reato che metta in pericolo la sicurezza nazionale», la polizia può chiedere al provider di eliminarlo. La polizia può anche ordinare al provider «di fornire la documentazione che consente l’identificazione o l’assistenza alla decrittazione» per identificare l’utente che ha pubblicato il messaggio offensivo. Al provider che rifiutasse di collaborare verrà inflitta una multa di 100mila dollari di Hong Kong e i suoi manager verranno arrestati ai sensi dei disposti del paragrafo 7.
Nella Cina continentale Facebook, Google e Twitter sono bloccati, ma non a Hong Kong. Il 6 luglio Facebook, Twitter e Google hanno annunciato che non condivideranno le informazioni degli utenti con le autorità. Tuttavia, hanno sottolineato che si tratta di una decisione temporanea «in attesa di ulteriori valutazioni». I social media tentano di evitare le critiche che riceverebbero se dimostrassero di non preoccuparsi dei diritti umani. D’altra parte, Hong Kong è il luogo in cui le società della Cina continentale lavorano con loro e acquistano costose pubblicità per i mercati internazionali. Il tempo dirà se a prevalere sarà la coscienza o il denaro.