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Rilasciati dai campi dello Xinjiang, condannati al silenzio

26/02/2020Li Benbo |

La moglie di un musulmano hui internato in un campo racconta come il regime metta il bavaglio ai detenuti per nascondere la verità delle persecuzioni

di Li Benbo

Nel 2019, sotto pressione da parte della comunità internazionale, il governo cinese ha acconsentito a invitare alcuni rappresentanti dei media nella Regione autonoma uigura dello Xinjiang per incontrare gli “studenti” di alcune selezionate “scuole professionali”, come le autorità chiamano i temuti campi per la trasformazione attraverso l’educazione, dove le persone vengono trattenute contro la loro volontà. Le farse ben preparate e inscenate nei campi che i giornalisti hanno potuto visitare sono state interpretate sotto lo sguardo vigile del personale del governo. Nei video resi pubblici in seguito si vedono gli uiguri cantare e danzare, e dire ai rappresentanti dei media che è possibile lasciare le strutture liberamente per andare a trovare le famiglie ogniqualvolta lo si desideri.

Il 9 dicembre Shorat Zakir, presidente del governo dello Xinjiang, in conferenza stampa ha affermato che nella regione quasi tutti gli “studenti” sono stati rilasciati. Sembra un ulteriore show del Partito, organizzato per prendere in giro il mondo.

La vicenda del marito di una donna di etnia hui, condivisa su Bitter Winter, è la prova che il regime autoritario sta facendo tutto il possibile per nascondere la portata reale della persecuzione contro il suo stesso popolo. Per proteggere la donna e la sua famiglia, la chiameremo di seguito con lo pseudonimo di Ma Li.

Liberati, ma non sul serio

Il marito di Ma Li è stato “liberato” dal campo in modo inaspettato, dopo quasi due anni. L’uomo ha spiegato alla moglie di essere stato rilasciato perché alcuni giornalisti stranieri erano venuti a indagare quale fosse la situazione nel campo e il governo voleva ridurre il numero dei detenuti. È stato fra le poche decine di persone rilasciate, una goccia nell’Oceano in confronto al numero di quelle ancora imprigionate.

giornalisti dei canali cinesi e stranieri intervistano i detenuti
La propaganda del PCC all’opera: giornalisti dei canali cinesi e stranieri intervistano i detenuti di un campo di rieducazione della contea di Moyu, nello Xinjiang (Fonte: Xinhua News Agency)

Ma Li ricorda bene il giorno in cui suo marito ha ricevuto una telefonata e ha dovuto recarsi immediatamente negli uffici del governo. Mentre lo aspettava al cancello del complesso riservato all’amministrazione, Ma Li ha notato che più di venti uiguri venivano portati via. Vivendo in un regime che non ha bisogno di scuse per arrestare, incarcerare o persino uccidere il suo popolo, Ma Li ha avvertito la sensazione che il marito fosse in pericolo immediato. La donna ha potuto ben presto constatare con i propri occhi che la sua intuizione era corretta: ha visto infatti suo marito ammanettato e spinto in un’auto della polizia. Più tardi ha appreso che era stato mandato in un campo per la trasformazione attraverso l’educazione per aver interpretato il Corano in un gruppo WeChat.

Ma Li era fuori di sé dalla gioia quando il marito è tornato a casa dopo tanto tempo in prigione e voleva condividere questa felicità invitando i parenti per celebrare il rientro in famiglia. Suo marito, però, le ha chiesto prudentemente di non dare risalto alla notizia e le ha detto che si aspettava presto un’ispezione da parte del governo.

Preparati per lo “show”

Pochi giorni dopo il ritorno a casa, il marito di Ma Li e altri musulmani che erano stati rilasciati sono stati mandati a lavorare in una fabbrica, contro la loro volontà. Potevano tornare a casa solo con dei permessi speciali ed erano strettamente sorvegliati.
I funzionari governativi hanno spiegato agli ex detenuti dei campi come dovessero parlare con i media e hanno detto loro di ripetere dichiarazioni come «potrei andare a casa ogni giorno, ma non vale la pena di farlo perché abito molto lontano. Preferisco restare qui, dopo il lavoro. Mi basta andare a casa una volta alla settimana».

Anche le famiglie vengono formate su come rispondere a proposito della detenzione dei loro cari: «Quando è tornato a casa tuo marito?», ha chiesto a Ma Li un funzionario del governo. La donna ha risposto il giorno esatto, ma il funzionario le ha intimato di rispondere a chiunque lo chiedesse che era tornato sei mesi prima e le ha fatto memorizzare la data falsa. La donna ha anche ricevuto l’ordine di dire a chiunque che suo marito era andato in una “scuola professionale” di sua spontanea volontà.

Quando il funzionario ha chiesto a Ma Li di negare che suo marito fosse musulmano, la donna ha capito di non poter continuare e ha smesso di rispondere alle domande. Quindi è stata mandata via, perché «troppo lenta per essere intervistata dai giornalisti».

Uno speaker della Nile TV
Uno speaker della Nile TV durante un’intervista con un abitante di un villaggio appena rilasciato da un campo nello Xinjiang (Fonte: Xinhua News Agency)

Un impiegato di un ufficio della comunità ha detto a Bitter Winter di aver visto molte volte come il Partito sia in grado di manipolare le persone. Infatti, prove simili a quella subita da Ma Li sono un lavoro di routine per gli addetti dell’ufficio della comunità, in vista di numerose ispezioni e delle visite dei giornalisti stranieri. «Talvolta i funzionari fingono di essere persone qualsiasi e quando i visitatori vogliono parlare con qualcuno si fanno avanti per rispondere alle domande», ha affermato l’impiegato. «In vista delle visite dei giornalisti, chi in precedenza ha espresso la propria opinione di solito è invitato a stare a casa, sotto il controllo di addetti incaricati a tale compito. In questo modo non si dice mai la verità a chi viene da fuori».

Costretti al silenzio

Dopo il ritorno a casa del marito, Ma Li gli ha posto molte domande a proposito del campo, ma l’uomo non ha voluto parlarne. Secondo una persona al corrente dei fatti, molti dei detenuti rilasciati sono stati costretti a firmare un accordo di riservatezza che li obbliga al silenzio. Chiunque sia trovato a diffondere informazioni sui campi, soprattutto se ai giornalisti stranieri, va incontro a «serie conseguenze».

Il marito di Ma Li si è lamentato più volte dei forti dolori al busto e alle gambe e ha fatto cenno a qualche altro problema di salute. Quando ha iniziato a mettere insieme i dettagli che il marito ogni tanto forniva, Ma Li ha capito quanto fosse grave la situazione nel campo: le persone erano ammanettate e incatenate, vivevano in spazi ristretti e alcuni detenuti sono addirittura morti.

Da quando è tornato, il marito di Ma Li non è stato in grado di aprirsi con lei. La donna ricorda che nel corso di una breve visita a suo marito al campo la loro conversazione, alla presenza di quattro guardie, era stata registrata, e l’uomo le aveva detto che al campo «viveva felicemente». Tuttavia, a un certo punto ha osato chiederle di tirarlo fuori da lì. Per quanto Ma Li abbia provato a ottenere la liberazione di suo marito, ha capito che non molti dei funzionari governativi ne avevano il potere.

Il marito di Ma Li le ha detto di avere avuto il permesso di lasciare il campo perché aveva tenuto la testa bassa ed era stato prudente. Gli hanno detto che era stato scelto per essere rilasciato perché si era dimostrato «furbo, e aveva fatto un buon lavoro». Altri detenuti non sono stati così “fortunati”.

Contrassegnato con: Campi di concentramento in Cina, Musulmani Hui

Li Benbo

Usa uno pseudonimo per ragioni di sicurezza

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